L'americano in Germania di Tito Sansa

L'americano in Germania ANALISI L'americano in Germania (Sono circa 225 mila Gli Usa spendono 1300 miliardi dì lire per le truppe nel Continente) Bnnn, 14 maggio. L'antiamericanismo è da un po' di tempo di moda in Germania. Lo si nota un po' dappertutto. Non soltanto gli studenti di sinistra protestano contro la guerra nel Vietnam e assaltano sedi americane al grido « Ami go home ». Anche dai giornali moderati, tendenzialmente antisovietici, trapela una certa insofferenza nei confronti degli Stati Uniti. Negli ultimi giorni questo anliamericanismo latente si è accentuato; alla debolezza del dollaro (non all'inflazione interna) è stata attribuita la tempesta monetaria che ila indotto il governo a rendere fluttuante il marco. « Fuori i dollari, è la parola d'ordine», ha scritto un giornale. E' bastato che il senatore democratico americano Mike Mansfield chiedesse al governo di Washington di dimezzare (da 300 mila a 150 mila) il contingente delle truppe Usa in Europa, perché l'ondata si smorzasse. Al svio posto, come già altre volte, quando i « neoisolazionisti » proponevano di rendere simbolico l'impegno degli Stati Uniti in Europa, è subentrato il timore. Tacciono i critici, riprendono la parola 1 commentatori che insistono da anni sulla « ìtzsostituibilità » della presenza americana. Quanti siano i soldati americani di stanza nella Repubblica Federale non è noto. Si parla di 200-225 mila uomini (si sa soltanto che vi sono 25 mila soldati negri, i quali si sentono « più discriminati che negli Stati del Sud » e vorrebbero essere trasferiti in un altro Paese). Vivono intorno alle caserme, con le famiglie, in ghetti di -lusso. Per il loro mantenimento, gli Stati Uniti spendono 7,5 miliardi di marchi, circa 1300 miliardi di lire, con l'intesa che il governo di Bonn risarcirà gran parte di questa somma, dal momento che le truppe americane sono « garanzia per la Repubblica Federale ». Finora, con i governi democristiani di Adenauer, Erhard e Kiesinger, in tempi di « guerra fredda », di costruzione del « muro » e di rivalità Est-Ovest, i tedeschi hanno sempre pagato: in parte acquistando materiale militare americano (dagli aerei « Starfighter », ai carri armati, alle munizioni), in parte concedendo crediti agli Stati Uniti. Con l'avvento al governo del socialdemocratico Willy Brandt, l'apertura della «Ostpolitik », e soprattutto con la firma del trattato tedesco-sovietico dello scorso agosto, le cose sono notevolmente mutate, sia a Bonn che a Washington. Da parte tedesca è avvenuto un allentamento della vigilanza verso l'Europa comunista, (è stato perfino proposto di ridurre il numero delle divisioni tedesche); da parte americana è subentrata una certa diffidenza verso la nuova politica tedesca. Insomma una diminuzione di impegno e di volontà da ambo le parti. In quest'atmosfera si è inserita la proposta di Mike Mansfield, e tanto per Washington quanto per Bonn è suonata la sveglia. A Bonn si constata oggi che senza la presenza militare americana non solo non vi sarebbe una libera Germania e Berlino Ovest sarebbe stata da tempo fagocitata dalla Germania comunista, ma anche la Jugoslavia non avrebbe potuto trovare la propria via e Israele sarebbe stato schiacciato dalla macchina bellica arabo-sovietica. I politici di Bonn hanno pertanto accolto oggi con sollievo la decisione del presidente Nixon di opporsi (se necessario con il veto) alle proposte di Mansfield. Si dà per sicuro nella capitale federale che i prossimi negoziati tedesco-americani sul cosiddetto « conguaglio » per le truppe Usa in Germania andranno in porto. Dopo avere aiutato il dollaro con la liuti nazione del marco, Bonn aiuterà Nixon ancora una volta, pagando quei 5 miliardi di marchi (circa 850 miliardi di lire; 1*80 per cento delle spese) che gli Stati Uniti richiedono. Ci si augura a Bonn che Nixon la spunti sul capo della maggioranza democratica al Senato, che l'indeboliment o della « Nato » in Europa indebolirebbe la posizione di Willy Brandt e metterebbe in pericolo la sua .«Ostpolitik ». Lo constata perfino il quotidiano « Die Welt » (non certo favorevole a Brandt), il quale scrive: «Soltanto una vittoria del molto denigrato presidente americano sull'isolazionismo può salvare dal naufragio la pericolante ''Ostpolitik" del governo ». Tito Sansa baisldnmFsifiSZsmèdlf