L'inedito premiato di Natalia Ginzburg

L'inedito premiato IL GIUOCO SUL PONTE L'inedito premiato Sergio Ferrerò ha scritto due romanzi: Giorni e II giuoco sul ponte. L'uno e l'altro sono stampati ila Mondadori. Gloria è uscito nel '66. Non è stato recensito ila anima viva. Il giuoco sul ponte, quando era inedito, Ita vinto il premio «L'Inedito». \i' uscito circa un mese fa. Di Gloria trovo ingiusto che nessuno abbia mai detto nulla. Nel '66, quando uscì, vidi una o due volto l'autore. Conservai nella memoria, di lui, la statura altissima, c un viso roseo che arrossiva spesso. Mi sembrò una persona schiva e tini iilu, però non silenziosa, anzi ansiosa di parlare come è ansioso di parlare chi c stato a lungo solo, in provincia o all'estero; e mi sembrò clic ricordasse una pannocchia di granoturco, o un girasole. Mi sembrò che avesse, delle pannocchie di granoturco e dei girasoli, l'aspetto chiaro, domestico, robusto e campestre; ma nello stesso tempo, trovavo che c'era in lui qualcosa di misterioso. Lessi allora Gloria, romanzo che non mi sembrò affatto misterioso. Di Gloria conservai nella memoria i luoghi, e l'epoca in cui si svolgeva: l'epoca era il primo dopoguerra; i luoghi, la campagna piemontese, un casale abitato da sfollati, una legnaia. Gloria era una ragazza con un cappotto troppo lungo, di cui si vergognava. L'atmosfera era quella del dopoguerra, fitta di amicizie fervide ma evanescenti e presto disperse e deluse. Credo d'aver pensato allora che questo scrittore sapeva inventare le atmosfere e i luoghi, ma nel disegnare le persone gli mancava la mano: era come se le disegnasse con una matita troppo pallida. Dopo, il romanzo si sciupava, quando quel gruppo di gente lasciava la legnaia; la vicenda prendeva a fluttuare ora a Roma ora all'estero; trovavo che tutto diventava confuso, disordinato e ancora più pallido; non si riusciva a vedere più niente. Passarono gli anni, io non rilessi mai Gloria e non incontrai più Sergio Ferrerò sulla mia strada. Nello scorso autunno, una sera, presi in mano un dattiloscritto. Lo presi in mano con un'indifferenza che rasentava la repulsione. Ero quella sera di umore tetro. L'ultima cosa da fare, in un simile stato d'animo, era leggere un dattiloscritto d'un romanzo; sentivo un'assoluta sfiducia nell'imprevisto, nell'ignoto e nella vita. Così.decisi che non a\ rei letto nulla. Posai gli occhi sul frontespizio. 11 titolo era II giuoco sul ponte. Non mi importava niente di quel ponte. 11 cognome era Ferrerò. Quel cognome non mi evocò né Gloria ne la persona altissima e timida che rassomigliava a un girasole. Mi fece venire in mente Torino, la mia infanzia, una mia compagna di scuola che si chiamava Ferrerò Maria Celeste e che non ho mai più riveduto; e come sempre ci accade nelle ore in cui siamo vili e spenti, il rimpianto e la cara immagine della città dove ho passato l'infanzia non lu desiderio e strazio, fu un brivido di repulsione. * * Fosai gli occhi sulle prime righe. Fra descritto un paese. Fsso era descritto con estremo desiderio di esattezza, e tuttavia ogni cosa appariva velata da una leggera, leggerissima imprecisione. C'era un ponte, un torrente e un pergolato. La. immagine di quei luoghi appariva insieme chiara e sfuggente, visibilissima e imprecisa, e dava un senso di ansia, di attesa e di mistero. Perché all'improvviso diventasse tanto importante per me sapere come era fatto quel paese, e in qual modo nella mia vitrea tetraggine si fossero insediati un ponte, un'osteria e un pergolato, non sapevo spiegarmelo e lo trovavo strano, ma ne fui felice e consolata come se mi fosse stato restituito qualcosa che avevo perso. Lessi lino alla fine, quella sera. Il giuoco sul pente. Appresi dopo qualche tempo, che qromtointe« taa beine cosudptruasecpfrortebdaMuddcpssmasgslnilebtctplc n o a e e a e a e ù i o e à n n e e. o ta a e, a. pgia, hé o on ea ti rema me to la phe quel Ferrerò era l'autore del romanzo Glorili, era il girasolemisterioso che avevo conosciuto anni prima. Il giuoco sul ponte è scritto in terza persona. Istintivamente noi ci affidiamo a questa « terza persona », cioè al protagonista ignoto che approda a un paese ignoto, ('i sentiamo ben sicuri che lo sguardo che interroga il ponte, il torrente e il pergolato, è il suo e sarà così anche il nostro. Con i suoi e i nostri occhi cerchiamo di capire sia il paese, sia le persone che via via si incontrano: un oste, un bambino, una donna, tre signore. Ciascuna di queste persone, al protagonista, ragazzo che sembra indifeso e fragile, e che giudichiamo una vittima predestinata, sembra voler offrire una possibilità di scelta: oscurità o chiarezza, viltà o rettitudine, fuga o fedeltà. Pateticamente e senza alcun dubbio possibile, il bambino chiede amore e protezione. Chiede al ragazzo di essergli padre. Ma il ragazzo non sa essere un padre. A un certo punto del resto ci accorgiamo che di quella « terza persona », cioè di quel ragazzo, non sappiamo niente: ha un volto nascosto, e sembra avere alle sue spalle vallate d'ombra; abbiamo mescolato il nostro sguardo al suo, ma il suo era uno sguardo indecifrabile. Le strane lettere che il ragazzo scrive a un ignoto destinatario, sono scritte in un linguaggio servile e cerimonioso che a un tratto ci suona ignobile; e quando il ragazzo lascia il paese avendo offeso e tradito la donna e il bambino, noi già avevamo staccato il nostro sguardo dal suo con una sensazione '!: gelo; e tornando il ragazzo alla sua primitiva esistenza, di cui nulla o quasi nulla ci viene appreso, la luce nel romanzo cambia, la solare chiarezza del giorno diventa un grigiore crepuscolare e piovoso, c ci assale il sospetto che ciò che ci viene «ascosto non siano contrade di tenebra ma qualche sordido scantinato o cortile. Quando infine il ragazzo ili nuovo torna al paese, non c'è più il bambino, non c'è lorse più nemmeno la donna, e il ponte, il torrente e il ingoiato non offrono più promesse, sono là deserti e limpidi a testimoniare silenzio e rovina. A me questo romanzo piace in una maniera strana. Non mi c per niente congeniale, lo sento molto lontano da me; non saprei e non vorrei scrivere un romanzo simile; non (slsvDcttdsdgatticstsDcctsafamo t romanzi con t ntrighi misteriosi. Inoltre mi danno un gran fastidio le tre signore. Mi sembrano, nel romanzo, una zona morta. Le cose che j mi piacciono sono: il paese;1 l'oste; il bambino; la donna: il mistero. Ho detto adesso che non amo i romanzi con intrighi misteriosi. Ma qui il vero mistero non è negli intrighj. misteriosi. Il vero mistero è nel ponte, nel torrente, nel pergolato, nella luce diffusa e vivida, nelle lunghe ombre che costeggiano i pensieri e i destini degli uomini. Avendo rivisto l'autore, pensai che era riuscito a scrivere un romanzo che gli assomigliava. Il giuoco sul ponte è un romanzo dove la realta appare insieme solare, campestre, solida e imprecisa, visibile e indecifrabile E se anche io certo non scriverei mai un romanzo misterioso, pure questo romanzo misterioso sono contenta che sia stato scritto e mi dà voglia di scrivere. Forse è destinato a non avere molta fortuna. Forse nessuno gli darà attenzione. Una così profonda diffidenza accoglie oggi i romanzi che escono. Quelli dei romanzieri noti, diffidenza o non diffidenza, la gente li legge. Ma quelli degli ignoti c'è caso che non li legga nessuno. Riguardo a questo romanzo, molti cadranno nel solito errore: diranno che e scritto « alla vecchia maniera » e lo butteranno via. Peccato. Natalia Ginzburg

Persone citate: Di Gloria, Sergio Ferrerò

Luoghi citati: Roma, Torino