A che servirebbe rivalutare l'oro? di Renato Cantoni
A che servirebbe rivalutare l'oro? l'europa, il dollaro e i pagamenti A che servirebbe rivalutare l'oro? Alla riunione dei ministri lìnanziari della Cee, tenuta noi giorni scorsi ad Amburgo, è stato ampiamente esaminato e discusso il problema del dollaro. Mentre il rappresentante tedesco Schiller è tornato sulla tesi 1sctdlidadi un allargamento dei mar-1 dgini di fluttuazione fra la moneta Usa e quelle degli altri Paesi, il ministro francese delle Finanze Valéry Giscard d'Estaìng ha riproposto l'aumento del prezzo uRìciaie dell'oro, il che corrisponde ad una svalutazione del dollaro. Il colpo è giunto inatteso, perché lo scopo principale della riuniot.e era la prosecuzione dei lavori per | l'unificazione monetaria europea. Riprendere la politica, cara a De Gaulle, di un ritomo più o meno mascherato al gold exchange (o parità aurea) significa rimettere in discussione l'intero sistema monetario esistente e porre fuori causa i a diritti speciali di prelievo » (o Sdr1 che sono stati adottati a partire dal 1970 e che dovrebbero risolvere nel tempo la strutturale carenza d'oro di nuova estrazione. Occorre tenere presente che, mentre il metallo «nuovo » aumenta del 3 per cento circa in un anno, la liquidità indispensabile per mantenere gli scambi internazionali all'attuale livello è circa il doppio. Il «tallone oro » perciò provocherebbe una limitazione intollerabile dell'economia con gravi riflessi congiunturali, sociali, peritici. Giscard d'Estaìng, probabilmente, come del resto Jacques Ruoli", il grande consigliere di De Gaulle, non intende realmente sostituire il sistema monetario esistente con l'antico gold .standard, ma soltanto prendere posizione in vista di una modifica del sistema monetario stesso. Negli ultimi due anni la Francia non aveva voce ir. campo monetario. Nel 1968 la « crisi di maggio » aveva assottigliato le riserve francesi e Ano all'agosto 1969 l'emorragia di oro era continuata, obbligando il governo transalpino a svalutare il Ireneo. Successivamente le riserve s'erano ricostituite, ma assai lentamente perché gli alti tassi d'interesse pagati dagli Stati Uniti avevano latto affluire negli Usa imponenti « capitali vaganti » a detrimento delle riserve delle altre banche centrali. A partire dalla seconda metà del 1970 però la situazione s'era invertita. L'allentamento della stretta creditizia in America, per la maggiore liquidità immessa nel sistema, aveva latto precipitare i tassi e molli capitali erano ritornati in Europa. Anche la Francia aveva cosi visto crescere le sue riserve Ytuutarie, trovandosi in una posizione di forza. Ora Pompidou potrebbe scatenare una nuova grande crisi monetaria internazionale chiedendo l'immediata conversione di alcuni miliardi di dollari in oro. In questo caso vi sareDbe una corsa alla conversione anche da parte di altri Paesi e gli Stali Uniti si vedrebbero co stretti a mettere in pratica quanto già hanno più o meno velatamente minacciato, e cioè demonetizzare l'oro e sdoppiare il mercato mo netarto: da una parte il dollaro attuale, che servirebbe ai movimenti inerenti le partite correnti, e dall'altra il « dollaro finanziario », dcpaclscnqLalmmpcmsmsmrgPsfluttuerebbe secondo la legge della domanda e dell'offerta per i movimenti di ca pitali. Forse i francesi non desiderano arrivare agli estremi; forse cercheranno in alternativa di costringere quei Paesi che a suo tempo avevano ricevuto pagamenti in oro a restituirlo contro dollari. In ogni caso gli avvenimenti di questi giorni hanno messo nncora una volta in primo piano la questione dei pagamenti internazionali. Gli Stati Uniti non si irti che vano nella condizione dellaGran Bretagna, che nel 1967 dovette svalutare la sterlina per rendere le merci britanniche più competitive in confronto a quelle degli altri Paesi industriali. La bilancia commerciale degli Stati Un*ti è tuttora attiva e la svalutazione del dollaro o la rivalutazione delle altre monete nel suoi confronti porterebbe come primo risultato a un forte aumento di questo surplus, con negativi riflessi per l'economia degli altri Paesi industriali. Lo squilibrio è dunque di carattere finanziario. Escono dagli Usa più capitali di quanti ne entrino. I motivi? La guerra del Vietnam, le militari esterne, gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo, gli immensi investimenti in ogni parte del mondo, soprattutto in campo petrolifero. Non è perciò una questione di costi, ma di distribuzione delle ri- stione è tanto intricata e i molti piani proposti per risolverla non sono praticamente accettabili. Rivalutare l'oro significherebbe innanzitutto fare un grande regalo ai maggiori Paesi produttori, Sud Africa sorse. Ecco perché la que-1 e Unione Sovietica. Inoltre l'aumento dovrebbe essere cospicuo, perché altrimenti non servirebbe a nulla. Gli effetti positivi sarebbero comunque di breve durata, perché non risolverebbero i problemi di fondo e gli scambi internazionali diverrebbero molto più diffìcili e costosi per l'inevitabile crisi di credibilità che seguirebbe alle tosature delle monete. Come si vede, é purtroppo assai difficile far quadrare il circolo; l'unico modo per avvicinarsi a una buona soluzione sarebbe quello di operare una successione dì piccoli aggiustamenti, che comporterebbero corrispondenti piccoli sacrilici e compromessi. E' per questo che, mentre la questione del dollaro rìmrjio insoluta, i Paesi del Mec stanno cercando di presentare un fronte monetario compat- to. La riduzione dei margini di oscillazione fra le mo nete del Mercato Comune da» attuale 1,50 per cento airi.'Jii a Dartire dal 15 gi gno prossimo dovrebbe essere il primo passo concreto, Francia permettendo. Renato Cantoni
Persone citate: De Gaulle, Giscard D'estaìng, Jacques Ruoli, Pompidou, Schiller
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