Contrasto tra gli "esperti" per la lotta all'inflazione di Arrigo Levi

Contrasto tra gli "esperti" per la lotta all'inflazione Concluso il convegno internazionale a Bologna Contrasto tra gli "esperti" per la lotta all'inflazione Vivace dibattito sulla politica dei redditi e sui difetti del sistema monetario mondiale Ma non sono emerse soluzioni facili: molti problemi rimangono aperti - Willard Thorp: « Abbiamo dimostrato chiaramente che non siamo d'accordo su come definire l'inflazione e come fare per combatterla» - Gli ultimi interventi di Harrod, Robbins, Mundcll e Ruoli Dat nostro invialo speciale/ Bologna. 19 aprile. Il Congresso degli economisti organizzato a Bologna dall'università americana «Johns Hopkins» si è concluso domenica mattina. Sono emersi tre temi principali: la politica dei redditi; l'uso degli strumenti di politica fiscale e monetaria contro l'inflazione; il rapporto tra il dilagare dell'inflazione nel mondo e i difetti del sistema monetario intemazionale. Partendo da un'analisi che spiega l'Inflazione soprattutto come il frutto di un'esplosione delle aspettative in una « società permissiva » (il tasso d'inflazione indicherebbe esattamente il divario fra ciò che si vorrebbe avere e ciò che è possibile avere). Sir Roy Harrod ha proposto con insistenza la tesi che soltanto una politica pianificata dei redditi può arrestare il fenomeno inflazionistico. In pratica, 1 grandi valori aggregati del bilancio economico dovrebbero essere concordati consensualmente, senza per questo impedire un libero meccanismo di contrattazioni sindacali e senza arrivare a rigidi controlli dei profitti e dei prezzi; si dovrebbero solo contenere entro certi limiti le oscillazioni Inevitabili in un'economia di mercato. A Harrod ha risposto, principalmente, l'altro grande e conomista inglese della generazione keyneslana presente u Bologna, Lionel Robbins. Egli riconosce la validità teorica di quest'impostazione e concorda nell'analisi che fa derivare l'esplosione dei prezzi l'incessante allargamenti i 'aWi. massa salariale (ci si trova, ben inteso, all'interno di un circolo vistoso). Robbins però non crede alla possibilità di successo di una politica dei redditi nei tempi lunghi. Egli ammette che in alcuni momenti critici si possa instaurare — per un armo o due — un blocco dei salari e dei prezzi, per rompere una spirale inflazionistica. Non ritiene però possibile istituzionalizzare per tempo indeterminato una vera e propria programmazione di salari, dividendi e prezzi; anche se in alcuni casi (Scarte! ina via, Nuova Zelanda. Olanda) questa politici, economica programmata potè durare un certo numero di anni. Harrod replica a sua volta che quanto non è stato possibile fare sinora rimane tuttavia da [arsi, e che alcuni successi parziali ci sono stati: bisogna dunque insistere su questa linea. Il secondo tema può defluirsi come la lotta contro la « stagflation », ossia lo stato di un'economia stagnante dove l'inflazione non si arresta: è il caso degli Stati Uniti e di molti altri Paesi nel momento attuale (non esclusa l'Italia). Il dibattito ha ruotato attorno alle tesi, molto stimolanti, di Robert Mundell, della scuola di Chicago. Mundcll ha sostenuto che l'inflazione dilagante, non meno della deflazione, porta alla sotto-utilizzazione delle risorse economiche, e quindi alla disoccupazione e al ristagno Contro una tale situazione, Mundcll propone il tradizionale strumento keynesiano: espandere la spesa pubblica e ridurre le imposte. Il rimedio keynesiano, inventato per "le crisi degli Anni Trenta provocate da una caduta della domanda aggregata, rimarrebbe dunque valido anche per le crisi degli Anni Settanta, provocate dal l'inflazione. Non è vero, dice Mundell, che una politica fiscale espansionistica aggravi l'inflazione; al contrarto, portando all'utilizzo di risorse prima oziose (uomini, macchinario, materiali), dilata l'offerta e frena l'inflazione. La tesi di Mundell ha poi un secondo risvolto impor tante. Fino ad oggi si è dato per certo che la politica fi scale e la politica moneta ria. espansionistiche o restrit tive. siano sostanzialmente interscambiabili e abbiano effetti analoghi. Mundell che sia cosi. Come abbiamo detto, a suo parere una politica fiscale espansionistica ha effetti antinllazionistici. in condizione di « stagflation » Viceversa la politica moneta ria restrittiva non provoca depressione: serve invece per frenare l'inflazione. Contro la «stagflation» Mundell consiglia dunque una poliiica « divaricai* »: espan Mistica in campo fiscale (o della spesa statale), deflazionistica in campo monetario i attraverso l'adozione di alti tassi d'interesse). L'inflazione, egli dice, nasce sopra! tutto dall'esplosione delle a -pettative: una politica monetaria rigorosa frena queste aspettative e « disinnesca » la bomba inflazionistica. Su questa tesi ai è svolto uèngmftevradaddpncsntMctgrelicmla((0bnfdlfcnplss un dibattito molto vivace, che è rimasto aperto Ano alla fine. La disparità e non omogeneità fra politica fiscale e monetarla ( il cosiddetto « effetto Mundell »> è stata contestata oppure riconosciuta valida nelle condizioni americane, ma non in quelle di altri Paesi. Lord Robbins fcs detto di essere disposto ad accettare la tesi nìundelìlìna della riduzione delle tassi t dell'espansione della spesa pubblica a Ani « ant inflazionistici », purché, però, si faccia una politica «qualificata»: si provochi cioè un'espansione degli Investimenti produttivi. Ha concluso dicendo a Mundell: « Se Lei riesce a convincere Nixon a sperimentare la sua politica, tutti guarderemo con molto interesse al riluttati di Questo esperimento ». E' evidente l'interesse di tale dibattito ine ho indicato solo i temi centrali), anche per l'econo-mia europea di oggi e perla crisi italiana. Affrontando U terzo tema (rapporto tra il sistema mo- Melario internazionale e l'inflazione), si è riconosciuto che l'esploslon» disordinata di liquidità provocata dal ricorrente deficit della bilancia dei pagamenti americana è un fattore dell'inflazione, o. almeno, è una condizione che rende possibile lo scoppio inflazionistico. Bisogna dunque riformare il sistema monetario internazionale. Jacques Rueff ha auto una diagnosi drammatica della situazione attuale. Visto l'ac cumularsi di riserve in dollari, a livelli astronomici, da parte delle banche centrali dei Paesi europei, non servi- rebbe più — ha detto — ciòch'egli proponeva qualche an no fa. ossia raddoppiare il prezzo dell'oro. SecondoRueff. il sistema monetarlofinirà per esplodere: ma nonc sembra eh egli abbia rime■di sicuri da offrire. Per tutti gli altri esperti, bisogna andare avanti versorei lutii riti «ni i i capelli.i bisogna andare avanti verso, la creazione di un statela», monetario « regolato ». che| continui a permettere la1 gronda espansione degli scimi ' bi internazionali e si avvici■' ni passo passo alla creazione ' d'un vera e propria moneta mondiale. A nostro parere, i tuttavia, non sono state sugI gerite soluzioni facili né si è ' spiegato come si possa ripor1 tare in equilibrio la bilancia . dei pagamenti americana. In un certo senso il convegno è ' stato deludente proprio su | quello che doveva esserne il I tema principale. Ma la scienza economica si muove lentamente in avanti, fra grandi lacune e incer1 tezze. Il moderatore della I riunione. Willard Thorp. ha potuto dire scherzosamente [ alla fine: « Abbiamo dimo strato chiaramente che non j siamo d'accordo su come de finire il problema dell'inda j none 0 su come risolverlo. ! Abbiamo comunque crealo un notevole xtato ai confuslo- ,. Bisogna sperare che dal- 1 »n rnnfutilnnzi nr\mn Hai nurte j ' H^»^« . f* primigfmo' emerK" success vamente u" P|u <=*"»"> ordì I ne ,0t*° delle ^se. Arrigo Levi

Luoghi citati: Bologna, Chicago, Harrod, Italia, Nuova Zelanda, Olanda, Stati Uniti