Ebbri di scienza di Carlo Carena

Ebbri di scienza Ebbri di scienza Come il pensiero si districò dalle fantasie dei visionari Le radici del pensiero scientifico, a cura di Ph. P. Wiener e. A. Noland, Ed. Feltrinelli, pag. 743, lire 6000. Il pensiero umano si è mosso per secoli Inglobando in ogni suo acquisto una visione generale dalle cose, continuamente sorretto o insidiato dalla mitologia, dalla religione, dalla metafisica, sfondi sublimi nei quali tutto s'inseriva e che su tutto Incombevano. Era la grande armonia, e la ferrea struttura, del pensiero classico. Del cammino disagiato, ma esaltante, della scienza europea, dal tempi più remoti ai nostri giorni, sono chiarite con l'Intervento di numerosi specialisti le tappe fondamentali in un recente volume di Feltrinelli. Tutte le scienze vi sono rappresentata, in prospettiva o a distanza ravvicinata, ma col predominio delle più classiche, delle più complesse, di quelle che coinvolsero o coinvolgono per loro natura la mente umana in modo più generale e più puro: la matematica, la fisica, l'astronomia. L'astronomia soprattutto fu il vero oanco di prova o il terreno di scontro più vivace tra le varie ideologie, e le conquiste della «verità» astronomica apparvero come la liberazione da ogni altro pregiudizio, da ogni remora allo slancio del pensieri, j della prassi scientifica. Proprio nella libertà r*i c ti godettero gli scienziati antichi Ludwig Edelsteln individua la vera radice del loro agile pensiero. Contro le test di altri studiosi, passate in rassegna con grande equilibrio ed acume, egli afferma l'estrema debolezza di ogni condizionamento sociale e politico degli scienziati antichi, anche durante l'Impero romano. Ma, paradossalmente, proprio questo dlsinteres se quasi assoluto, la mancan- za di organizzazione, d'istru-zione sistematica, di scambi era per altro verso un elemento frenante, che li avviava in vicoli ciechi o su piste I ta^rVdutttve, risibili agli | stessi contemporanei che po¬ ! ré rivendica, nel suo lucidissi : mo articolo, piuttosto Tinse 1 rimento nella tradizione del co distante, in un'altra scuola altrettanto ristretta, per loro conto elaboravano dottrine non meno strane, o non meno geniali. Il progresso scientifico (un concetto, per altro, estraneo alla mentalità degl' antichi), fu cosi opera di si rzi individuali a comportò un numero incredibile di errori, entro 1 quali va ricercato quanto rimane valido e riesce quindi tanto più ammirevole. La scienza era allora una «sobria ebbrezza», che ospitava le fantasie del visionario accanto a una sapienza che a volt? ci appare divina: come | diceva Tolomeo, ssappiamo > kfi essere mortali ed effimeri. ' ma nell'indagare le sfere celesti non sono pia su questa terra, bensì in piedi accanto a Giove, che mi cibo di ambrosia». Cosi la. teoria e la prassi procedettero per secoli divaricate su binari diversi, e la prima molto più avanti della seconda. Ancora per Galileo e per Cartesio, Alexandre Koy- pensiero classico, che in un'impegnata prassi scientifica, in una concezione moderna della scienza quale strumento di dominio della natura. Se la scienza galileiana e cartesiana è stata, naturalmente, assai importante per l'ingegnere e per il tecnico, e ha finito per provocare una rivoluzione tecnica, tuttavia non fu creata né da 'ingegneri né da tecnici, bensì da teorici e da filosofi. Si potrebbe addirittura as- dsSmIanbcsmtldqtcpQctsscserire che la fisica di Aristo r • _■ _ I ^* kimS^ comune d quella di Galileo e di Cartesio Galileo discorre | con la Natura, la interroga lattravers. un linguaggio che, e a a ri i - è quello e" tante della matematica. del',e curve, del cerchi, dei triangoli; e i suol riferimenti a Platone non sono un puro ornamento letterario né uno strumento per cattivarsi la simpatia del lettore disgustato dall'aridità dell'aristotelismo scolastico, ma lina riscoperta e una riprova sperimentale della verità platonica. Il fervore della scienza secentesca, la magia arcana dei filosofi del passato messi di fronte all'urgere del nuovo in quel secolo scientificissimo e letteratlssimo. ricompaiono in un successivo capitolo, con cui vogliamo concludere questi assaggi di un volume ben più vario e ricco. E citarlo anche per la sua pateticità umana. E' di Marjorie Nlcolson e riguarda un'operetta di Keplero eh» fin dal titolo ci rinvia a Cicerone. Gli stupori, le paure, gli entusiasmi (anche Keplero parlava dell'aebbro piacere» delle sue scoperte) e gli artifici del Seicento si presentano insieme alla biografia dell'autore In questo Sogno astronomico a incastro, dove lo scienziato narra di aver sognato un libro, in cui lesse la storia d'un certo Duracoto, giovane islandese. figlio di un pastore morto a 150 anni di età mentre egli era ancora un fanciullo: cosi almeno dice la madre. Fiolxilda. una strega, qual era in realtà la tormentata madre di Keplero. Il fanciullo viene venduto a un capitano e cosi può studiare. Quando torna a casa dopo alcuni anni, grazie alle arti materne riesce a salire sulla Luna. Il viaggio fantascientifico si risolve in una descrizione scientifica, per il suo tempo, della superficie e della mostruosa vita lunare. E se è facile trovare all'indietro gli ascendentl di queste immaginazioni, è ancora più interessante seguire con l'autrice 1 riferimenti alla clamorosa operetta nelle satire di John Donne, o scoprire il suo grande influsso sulla serie di viaggi cosmici che deliziarono l'Inghilterra nel Sei e Settecento (ma ci vengono ricordati anche Wells e Verna), in Henry More per Ylnsomnium phiiosophteum, in Samuel Butler per L'elefante nella Luna, e nel Paradiso perduto di Milton. Lo scherzo tragico di Keplero lega uno scienziato, come già Plutarco, a una tradizione che più frivolamente b partita da Luciano e non mostra ancora segni di stanchezza: e. primo dei viaggi moderni sulla Luna, è uno degli ultimi esempi del I uiiw vavfata ni cimi vjviiii«i vai** ^ connubio tra scienza e lettee t cul „ devono ^meno e | d „ autenticl capolavori leta e, Carlo Carena èmcfunvdrinstcffqlicqc

Luoghi citati: Inghilterra, Sei