Turisti nella solitudine

Turisti nella solitudine UN VIAGGIO NEL DELTA PADANO Turisti nella solitudine Continuano a svuotarsi i radi paesi tra pioppi e canali, più per il basso reddito che per la paura delle acque - I piani di sviluppo prevedono la creazione di fabbriche e porti, ma le migliori speranze sono legate al turismo: potrebbe vincere la povertà senza distruggere il paesaggio • Proprio il mondo vuoto, silenzioso e antico delle acque è la grande attrattiva iDul nostro inviato speciale) Rovigo, aprile. Pioveva a raffiche, con staffilate di vento che facevan sibilar* le canne secche dell'autunno rimaste sugli argi ni. Poteva sembrare la giornata meno adatta per vagabondare lungo le strette stra de asfaltate del Delta del Po. Pensavo che tutta la gen- te del Basso Polesine, poca \ in verità, fosse tutta rinchiu sa entro i « cason di valle ». attorno al fuoco acceso nel vasto camino centrale, oppure raggruppata intorno ai tavoli dei bar per le interminabili partile a scopa dei giorni di pioggia in campagna. Invece me li vedevo balzare davanti come fantasmi, chiusi negli impermeabili al- curti, altri protetti dagli ombrelli che. spesso, il ven- \ I ; ';1|to forte dell'Adriatico risucchiava trasformandoli in grotteschi calici neri. Case nella nebbia Sulla punta estrema di Pila, tre case annegate nella foschia, c'erano due uomini già anziani che discorrevano della caccia finita, della pesca sempre più scarsa nelle « valli ». Discorsi malinconici sulle distanze immense per andare in comune a sbrigare una pratica, più ài trenta chilometri per arrivare a Porto Tolte, il capoluogo municipale: sei chilometri per4irrlvare al più vicino ufficio postale, anche di più iaiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiitis >ii»i«ittii,»iiittiiiitiiaii prima di trovare un medico, la levatrice, la farmacia. Sono i problemi insolubili del Delta: le distante da superare per mettere in comunicazione gli sparsi casali disseminati lungo gli argini, ai margini d'Ite golene e delle « vaili ». affacciati alle grandi « sacche » aperte sul mare, o nelle campagne che le bonifiche dell'Ente Delta hanno recuperato prosciu gando le terre allagate. Mentre conversavo con gli uomini di Pila ted erano le stesse parole che già avevo sentito a Cà Venier, a Con tarino, a Scardovari. e che più tardi avrei sentito a Bonelli, a Gnocchetta, a Santa Giulia), seguivo i loro sguardi centrati sul braccio piU importante del gran fiume, \ U Po di Venezia. Pioveva da tempo, l'acqua correva paurosamente compatta per il gran limo che portava, gorgogliando in mulinelli lungo l'argine. C'è peI ricolo che il Po rompa an; coro? « Il pericolo c'è sem' pre, ma non è questo che ci ; ta paura: siamo abituati al 1 fiume che straripa, al mare | che ci aggredisce. E' che qui, nonostante quanto è stato fatto, slamo più poveri che in Sicilia, ed è per questo che i giovani se ne vanno in Piemonte a cercare lavoro ». Crono all'incirca le parole che all'Ufficio studi della Provincia a Rovigo mi aveva detto Renzo Barbujani. gio i ! iiiii >niiti«i,i<itii<itii>iii»iti intiitt ii vane tecnocrate che ha scritto tre volumi di gran mole folti dt statistiche, dati, osservazioni, commenti sul i Delfo. « Ci hanno etichettati — dice — come atluvic- 1 ! nati perenni, ed è un'etichet- { ta che noi respingiamo ». Le alluvioni «Le posso dimostrare, cifre I alla mano, che il grande osodo dal Delta non ha coinciso [ con la grande alluvione del 1951; in quell'anno, gli emigranti furono dodicimila: nel 1960. ci fu una piccolissima inondazione, e gli emigranti furono 28 mila. Non è il pericolo dell'alluvione, grande o piccola che sia, o delle mareggiate a far partire i poleaani verso U Piemonte: è il basso reddito. Se trovassero qui condizioni uguali, o anche di poco inferiori a quelle che trovano in Piemonte e in Lombardia, stia certo che ritornerebbero ». A Porto Tolte mi dicono esattamente il contrario: ormai i polesant si sono ambientati dove si trovano, parlano un torinese con accento perfetto, i loro figli vanno a scuola con ragazzi piemontesi. Nulla, quindi, farebbe ripopolare le ormai quasi deserte zone del Delta? « Un grande complesso industriale a Porto Levante, una zona che potrebbe diventare una seconda Marginerà — mi dice il dott. Be- iiuittitia»iiii)iiiiriiitiiii«iiii>iiiiciiiiiiii iitiiis I [ dendo. sempre alla sede del- ] la Provìncia —. Il porto di Genova non ha più spazio per ampliarsi, Trieste ha un retroterra quasi inesistente, il porto del futuro sarà quello di Venezia Sud. cioè quello di Porto Levante ». /•: un ristorante di Cà Dalfin. discuto con il proprietario ed alcuni avventori la faccenda dell'industrializzazione a sud di Porto Levante. Non mi sembrano molto persuasi, anche se ai tavoli sono seduti alcuni tecnici dell'Enel che curano la costruzione della grande centrale termoelettrica sull'isola di Polesine Camerini. Pensano che l'agricoltura sia ancora il rimedio più adatto per risolvere i problemi del Delta. Gli domando se hanno mai sentito parlare di un certo signor Manshalt. Mi rispondono che non sanno nemmeno chi sia. Replico che secondo questo signore, la manodopera in agricoltura dovrà diminuire ulteriormente, che la meccanizzazione dovrà aumentare e che molte unità lavorative contadine rimarranno disponibili per altri impieghi. «C'è il turismo — mi rispondono —. Perché non creano scuole alberghiere anziché istituti professionali che preparano i giovani aiemigrazione? Qui, di industrie non ne sorgeranno mai; quella del complesso a Porto Levante è una fantasia ». Se siano soltanto fantasie non saprei, ma è certo che il Delta sta per cambiare fisionomia, naturalmente in peggio. La grande centrale termoelettrica produrrà energia da trasportare chi sa dove, ma non darà lavoro alla genie del Delta. Il turismo, quindi, rimane la carta importante. Ci sono spiagge anI cora vergini, deve il silenI zio domina fra mare e pine! fe irt(aIte. specialmente sul| la spiaggia di Rosa Pineta. I poco distante da Rosolina, e I sull'isola di Albarello, dove \ una società finanziaria svizzera sta costruendo quella | c.'ie i cartelloni già dissemi \ nati lungo le strade defini| scono: « La residenza per 1 managers d'Europa». E I un'isola privata, un luogo i a i i n i a j esclusivo, cui sì accede sola | tanto con un permesso speè dale. a meno che si sia pròa ■ petetori di uno dei villini in i ; costruzione, oppure ospiti e- j del grande albergo già cori i strutto e i Ma la grande attrattiva è | turistica rimane pur sempre U Delta nella sua attuale configurazione: un'estensione sterminata di cieli e di acque, di argini su cui scatta l'elegante verticalità di pioppi. di canali su cui è bello navigare anche quando pio- za tui a a a a-1 ve. Andare in automobile, o nuo. zi¬ tili battelli dai nomi classici, il «Tiepolo» ed il « Ro dry», che risalgono le tortuose deviazioni in cui il gran fiume si suddivide pri- >.t ma di gettarsi in mare, al- traversano canati. « valli ». sfiorano argini e barene folte d'erba palustre, è un'emozione unica e violenta. La gente che s'incontra, benché abituata alla solita dine da sempre, non rifiuta la conversazione, anche se rivela una totale indifferenza per il forestiero. Quest'indifferenza, che è anche rispetto della libertà altrui, un «fatti i fatti tuoi che io mi faccio i miei ». non impe- disce però dt penetrare nel- ie usanze particolari dei polesani- forse grandi peccatori come mi dice un sacerdote, ma senza malizia: gente che ; ive secondo regole naturali in altri luoghi condannate, ma onesta fino allo scrupolo, e che lavora duro sulla poca terra strappata al mare e piuttosto avara di prodotti. Quel che cambia Rivisitavo il Delta dopo molti anni, e quasi non lo riconoscevo: ancora cinque anni addietro le trattorie erano scarsissime persino nei centri più popolosi: ora ne sorgono un po' ovunque, anche nei luoghi tn cut non molto tempo fa c'era più miseria che polenta. Una trattoria a Bonelli, ad esempio, proprio non me l'aspettavo, e nemmeno a Cà Dolfin. a Barricata, a Cà Zuliun. dove le poche case, in estate, erano sepolte tra gli alti canneti, e si raggiungevano per¬ correndo stretti sentierini segnati dai pescatori che scendevano per raggiungere i barchlni con cui scorrazzavano nelle « valli » e nelle golene a pescare anguille, or; le. cefali. Antico traghetto Ora tutto è più facile, anche se il paesaggio, in gran parte, rimane immutato. Forse non è più quello offertoci da Mario Soldati con il film La donna del fiume, che però era ambientato nel Delta ferrarese: e questo è un mondo già aiff'rer.ts da quello palesano benché siano separati soltanto da uno stretto braccio di fiume. U Po di Goro, che si attraversa con un traghetto che riporta indietro di millenni, un traghetto identico a quello che si usa per attraversare il Po di Gnocco a Santa Giulia. Anche queste sono ei -lozioni che bisogna provare subito, col sole o con la pioggia, perché con quest'ansia di rinnovare tutto, di rammodernare. di industrializzare o bonificare, anche i traghetti saranno presto sostituiti da larghi ponti su cui. magari, transiteranno poi dieci automobili al giorno. C'è da augurarsi che così non avvenga perché il Delta, da Goro alla foce dell'Adige, non si trasformi in una Babele di cemento armato come e accaduto nella zona ferrarese, i cui centri balneari irti di grattacieli e le pinete divorate dal calcestruzzo, in estate fanno pensare a Rimini e Alessio come ad oasi di pace. Francesco Roseo ♦ , I - ! c Rovigo. Il grande fiume sta per congiungersi al mare, in un paesaggio di grandi disianze e piatte solitudini (Foto Zanca)

Persone citate: Albarello, Foto Zanca, Mario Soldati, Renzo Barbujani, Tiepolo