Le favole inquisite

Le favole inquisite Le favole inquisite Nel Cinquecento i testi esopici divennero pretesto di controversia religiosa e suscitarono la diffidenza del nascente Sant'Uffizio (.ahriclc tarmo: « Favole t 1 scelte », nota di F. Barbe ri, trad. di R. Gnoli. Ed. dell'Elefante, lire 20.000. Dal mio primo ricamo a j punto iti croce emersero un I cervo e una volpe in rosso e '.La ' ima poesia che un i parai u memoria era lu «fa| folcir via cigale ayant chante i toni l'ite». Sul fondo d'un ! piatto dal bordo «tallii, unico ! rimasto d'un vecchio se. vizio. I un mugnaio e il fluito s*. avvi; rendano sulla groppa dell'asi ; no. per evitare le crìtiche dei I, santi, su gli altri undici, i probabilmente. Otturavano la I volpe e l'uva, il lupo e la«nel I lo, il nibbio e le colombe: be I stie, piante, cose inanimate, alle quali uno schiavo di Sa¬ | mo, Esopo, fece formulare massime morali e consigli di prudenza nelle favo'.j, i:he. forse, aveva upprese In India, o in Egitto. Da sette secoli prima di Crìsto, questi apologhi im piatiscono mòniti d'una sag gezza che nrn è quella altera dei forti, né quella pensosa dei sapienti, ma è piuttosto cauta, accomodante, come si addice ai vulnerabili, ni me diocrl: quasi una contro Ilia de che. da! fondo della Grecia, ci comunica il succo d'un'esperienza popolare, e ha fornito all'umanità prò otipi altrettanto perspicui e du.-ntiirl sul piano d'un favoloso dimestico di quelli j che Omoro ha lasciato sul piano del sublime. Eroi e animali parlanti hanno stimolato in pari misura la fantasia degli scolari per più di due millenni: sui Minuetti di Esopo fecero i compiti Socrate e Orazio; ne scelse alcuni uno schiavo vissuto sotto Tiberio, Fedro, e ne ricavò poeslole argute, con le quali ribadì alla povera gente e ai fanciulli una murale che insegna a farsi pieghevole come la canna, anziché sfidare l'uragano come la quercia, per non schiantarli!. Vicende secolari Tra gli Bulichi e noi si sten- j dono secoli, durante i Quali ti j genere ha subito eclissi o ha avuto improvvise fioriture: nel XVI secolo tornarono in auge le favole e qualche auto re germanico, forse ispirato da Lutero, che apprezzava molto Esopo, le armò di strali anti-cattolici. Nel clima di competizione culturale che accompagnava tn sordina le assise del Concilio di Trento va collocata l'opera di Gabriele Faerno. bibliotecario vaticano, curatore di testi un tieni le Favole, pubblicate postume nel 1563 ila sua morte è del 15011. Erano gli anni in cui la Chiesa ambiva u rìconqu'stare la supremazia nel campo dell'erudizione, e prnmoveva la ristampa del classici e. soprattutto, della patristica, screditata dal protestanti, co- i si ne. nell'arte, esaltava la Vergine e i santi, che quelli avevano radiato dagli altari, ed esponeva piaghe di martiri, spelonche di anacoreti, per contrapporre le opere alla predestinazione: l'orrido dell'arte post tridentina scaturisce da questo intento polemico. Se le Favole «cette del Faerno ebbero ,.onore d-un.e. dizione di lusso - frontespi stslFt(cnctgc . J™"» «sanMl vanvitelliani dell Ar, «elica ed ha riprodotta tal <»uale' 80,0 ammodernata dal zio arricciolato, incisioni d'un manierismo opulento —, seguita, poi, da una quarantina di ristampe (il che sorprende tanto più se si considera che ne! 1596 fu ritrovato Fedro) fu forse perché il Papa. Pio IV. volle divulgare la versane di Esopo legittimata ? un'imprimatur, in contrasto jon auelle are'le»:;.' Oppure, avrà voluto offrire un riconoscimento all i memoria del fi loiogo. che avr -.-a protetto sin uà quando era cardinale? L'edizione — che un rabdomante dell'editoria italiana, ha scovata negli Gnoli — usci certamente dalla Stamperia Romana di Paolo Manuzio, figlio di Aldo: il Papa l'aveva chiamalo a Roma nel 1561, per affidargli un'ambiziosa impresa editoriale, intesa a rintuzzare l'offensiva protestante. Possiamo ipotizzare che avesse appreso dui Faerno le misere condizioni dell'editoria romana: per aure alle stampe il suo Cicerone, questi aveva dovuto procurare i caratteri di piombo a stampatori che descrive «tutti et spilorzi et poveri et servono male». Tardiva rivincita Le traversie d'un intellettuale al tempo della Controriforma trapelano da un documento straordinario, medianicamente captato in questi giorni a Parigi sul mercato \ ™U<*™r}<>da un bibliofilo eru d-«°-Andre Jammes: una lette1 ra nellu t«uale 11 Faemo l:onfl da a un amico le sue angustie di studioso povero: «Ctie non sofo l'homo non guadagna dalla sua fatica, ma anche vi perde». Uno sdegno amaro trapela poi dal piglio irriverente con il quale allude ai censo- j ri iel Sant'Uffizio. l'Indice | usciva quell'anno: «A" poi sopragionta la prohibltione delti libri, fatta da questi dell'In quisitione. per la quale mi bisogna buttar sottosopra tutti I u miei librt' tagliarli incoiarli •e «lordarli di foglio in foglio cne * tantt> «ran travaglio I <-'h'l(> '"«" "e dispero... ». ' Vorrei che le vittime delle ! Inquisizioni odierne non do 1 vesserò aspettare quattrocen ! tanni la loro rivincita. I Lidia Storoni

Luoghi citati: Egitto, Grecia, India, Parigi, Roma, Trento