"Enrico VIII,, fra le minigonne

"Enrico VIII,, fra le minigonne L'ultima opera di Shakespeare in scena al Gobetti "Enrico VIII,, fra le minigonne L'allestimento della compagnia dei Rozzi, diretta da Giuliano Merlo • Il testo originale, mai al* lestito in Italia, ridotto di due atti, è reso liberamente, con azioni mimiche e intonazioni ironiche Un fondale di carta da imballaggio, una cassa, due lunghi bastoni e, appesi in mezzo alla scena, sontuosi costumi che gli attori, invece di indossare, scaraventano all'inizio in platea con un gesto vistosamente simbolico per recitare ir. blue jeans maglioni e minigonne La famosa storia della vita dì re Enrico ' VII!. Non tutta, pero: all'ul timo dramma di Shakespeare probabilmente è del 1013, dui- anni dopo La tempesta — Ettore Capriolo ha tolto un paio d'atti, lo ha alleggerito di altre scene e battute t compensandolo con varie aggiunte, Ira le quali alcuni bra- ni delle Cronache di Holin shed che del testo scespinano sono la fonte principale), e ha portato la strage fra una quarantina di personaggi, con centrando i superstiti in otto attori soltanto. Perché questa drastica riduzione di un dramma che. oltre .. tutto, da noi non è mai stato messo in scena e del quale lo spettatore italiano può avere avuto non più di un vago sentore attraverso un vecchio e orribile film con Charles Laughton? Capriolo, onestamente, non si trincera dietro una tradizione critica che considera Enrico Vili opera spuria, di scarso valore artistico (e non è vero), trionfalistica nel suo omaggio al padre della grande Elisabetta, e via demolendo: poiché a lui interessavano solo la descrizione di una lotta per il potere e la singolare metamorfosi di un giovanotto che matura e diventa un vero sovrano per i begli occhi di Anna Bolena, su questi due temi egli ha imposta to il suo adattamento. E' naturale che da siffatte premesse non potesse nasce re una rappresentazione tra- duionale, né tanto meno filo logicamente precisa o scenograficamente paludata. I « Rozzi » — come per antifras:. non diversamente dui loro antenati clnquecente scili di Siena, si clUama que-sto gruppo d'avanguardia tut- t'altro che grossolano — pre- sentano al Gobetti uno spet- tacolo con intenzioni e into- nazioni ironiche che tuttavia non escludono il rispetto del testo e de! dibattiti che esso contiene. Cosi una contesa per il potere, indolita in un « chronicle play » perché fa a meno di tradimenti, congiure e assassini, è visivamente tradotta con una violenta e ! stravolta gestualità che in al tri momenti appare più gratuita o. semplicemente, incomprensibile. £' vero che. a mano a mano che l'azione procede, il regista Giuliano Merlo ollecita o cjneede agli attori di contenere il gesto a favore della parola, e quindi del testo. Ma, specialmente nel primo tempo, spesseggiano le azioni mìmiche superflue o Irritanti, quando non tradiscono la ma- niera, e gli oggetti sono usati ancora in modo approssimativo (o di riporto da altre esperienze: si veda il gioco della palla in contromano alla recitazione). Ciò non toglie che lo spettacolo corra via svelto e sorprendente anche perché gli interpreti sono, per fortuna, tutti di buon livello profes sionistico. Non parlo di Della Bertolucci che merita un elogio meno ambiguo per l'intensità che dà sempre ai suol personaggi (è possibile che nessuno Stabile si accorga di lei. o è tei che non vuole mi¬ brigliarsi in uno Stabile?), ma di Pino Micol. ad esempio, o di Giorgio Biavati. o anche di Ruggero Dondi e Renata Rainieri se non altro perché, nelle loro emblematiche pre senze di « clowru, » polivalen ti. raccolgono un gran nume ro di figure minori, a. bl.

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