Moravia risponde di Natalia Ginzburg

Moravia risponde Moravia risponde (Una lettera a Natalia Ginzburg) Abbiamo pubblicato domenica scorta, In tana pagina, un articolo In cui Natalia Clnsburg esprimeva il suo giudizio sull'ultimo romanzo di Alberto Moravia, lo e lui. e sulla personalità dello scrittore. Moravia risponde alla nostra collaboratrice con questa lettera aperta. Cara Natalia. Lei mi ha dedicato un articolo che ini ha mesto in imbarazzo. Da una parte mi fa elei, diciamo così, complimenti oltremodo lusinghieri che temo di non meritare; dall'altra mi muove appunti che sinceramente non posso sottoscrivere. Comunque La ringrazio per l'affetto sincero che tralucc nell'articolo, questo sì mi ha fatto davvero piacer»:. Ma nell'articolo vi sono alcuni punti che si prestano a riflessioni che possono interessare i lettori di un giornale. Eccomi dunque a 1:sponavic il) questi punti. Comincio da quella che Lei chiama la mia « immagine pubblica ». Non sapevo di averne una. Sono uno scrittore e oggi gli scrittori non hanno di solito una < immagine pub blica »; e molto se arrivano ad avere ut. Immagine letteraria. Comunque, a quanto pare, quest'immagine c';: c sarebbe quella di un uomo altezzoso, plinsuplmstrcarococopiMchsainnopadeefinI;.mrimvrevdsumnpplanautoritario, sprezzante e com- j ,piaciuto. Benissimo. Lo ;«a per che dico: benissimo? Perche sarebbe grave per me se la mia < immagine pubblica > fosse € simpatica >. Mi spiego. Chi sono coloro :hc godono di unV immagine pubblica» « simpatica*} di cui tutti sanno che sono teneri padri, mariti esemplari, tìgli devoti? a cui tutti vogliono bene? di cui tutti dicono bene? Ci pensi Natalia e vedrà che questa fama < simpatica > che va soprattutto ai cosiddetti «big» della musica fcggcra, della televisione, dei « complessi », non conviene agli scrittori. Anche a tacere il fatto che la perfezione «assoluta» di questi personaggi sta a indicare un'« assoluta » imperfezione, è certo che non si riesce « simpatici » pubblicamente, senza una buona dose di demagogia. Ora perché mai un artista dovrebbe essere dema. gogico? La < simpatia » fa vendere i dischi ma non i libri. Veniamo ora ad una parti colare critica che Lei rivolge a certi miei libri <!.» Lei deli niti non belli e sbagliati. Lei dice che questi libri io li avrei scritti con la testa la quale, per giunta, è piena di congegni piccoli, contorti e rudimentali. Invece i miei libri belli e non sbagliati li avrei scritti con un'intelligenza che, però, non è situata nella testa ma altrove, in qualche, zona segre, ta del mio essere. Cito le Sue parole perché sono rivelatrici. In sostanza Lei dice questo: i libri non si scrivono « pensandoci su »; ma per intuizione, sola intelligenza che convenga alla poesia. E sia. E* un'opinione rispettabilissima che si può benissimo difendere anzi che è stata difesa da tutta una corrente critica del nostro più recente passato. Senza dubbio molta poesia decadente è stata scritta con quel genere di intclligcn za. Tuttavia ci sono molti li bri classici e non classici che sono stati scritti « pensandoci su ». Specialmente i romanzi sono scritti di solito in quest'ultimo modo e si capisce anche perché. Nel romanzo più della superfìcie stilistica conta quello che oggi viene chiamata la struttura. In realtà non c'è alcun motivo di raccontare in quattrocento pagine qualche cosa che potrebbe essere sbri gato in quaranta o anche quattro, salvo nel caso che vi sia la struttura. Il racconto, la novella sono brevi perché non hanno bisogno di struttura; e non hanno bisogno di struttura perché sono scritti, appunto, con quel genere di intelligenza che non sia nella testa. Sono più vicini, insomma, alla lirica che al romanzo. Ma cose poi questa struttura che giustifica la lunghezza di romanzi come / Promessi Sposi, Don Chisciotte. I fratelli Karamasov. il rosso e il nero e così via? E' semplicemente una proiezione della mente o, come direbbe Lei, della testa. Perché le strutture dei romanzi sono complicate; mentre le novelle e i racconti danno l'impressione della semplicità? Perché la mente è com- qddnztAvdnta«pcesvdnusrt plicata, è un congegno; mentre invece il sentimento ha una sua ingannevole, fulminea semplicità. Ma, infine, perché i romanzi debbono avere una strutturar Kispondo tautologicamente che, se non l'avessero, non sarebbero romanzi. lstpcordo che Lei ha iletinito i congegni della mia lesta come piccoli, contorti c rudimentali. Ma noi abbiamo già accertato che Lei di congegni non vuol saperne affatto; che preferisce in tutti i casi l'intelligenza che non su nella testa. Così, ho paura che qualsiasi congegno della testa Le farà sempre un effetto di approssimazione, di insufficienza e di piccolezza. I;. forse Lei ha ragione. La mente non ha la sicurezza, la ricchezza, la vastità del sentimento. Però, per sarivere un vero romanzo bisogna ricorrervi per forza. Infine, ultima osservazione, vorrei notare che, a proposito di lo e lui, Lei dice: « Della sublimazione e della desuNtmatione, di cui si parla tanto nel libro e dei problemi che il protagonista discute col proprio sesso, a me. se devo dire la verità, non me ne importa nulla », Questo, mi scusi Naj ,a|ja) non c „„ giudizio o per meno non pare esserlo, li' \ questo punto, però, io ri- j M. e i i , e i , a , e . i e, a tia e e a a n i e ci zi enù a an re he i qua:che cosa di più e di meno di un giudizio. Di più, perché uolc affermare che il tcnr.a del libro Le è addirittura estraneo; di meno perché un giudizio si giustifica con dcllr motivazioni e qui non ce ne sono. A questo punto bisognerebbe vedere perché a Lei del tema del mio libro « non importa nulla >; mentre esso « importa » a me e, come credo, anche a tanti altri. Già perché dire « a me di questa cosa non importa nulla » è » • j tic.i mei incoine dire: « Quc-a co>.< non esiste ». Ma è proprio vero, insomma, che non esiste? Ricordo, durante un mio viaggio a Tahiti, di aver veduto un praticello recintato nel mezzo del quale sorgeva un cartello sul quale stava scritto: « Tabou ». La famigerata parola, come è noto, è tahitiana e vuol dire semplicemente « vietato ». Ma, ridestando in me lontani echi culturali europei, mi fece sbarrare gli occhi su quel campiccllo proibito. Non c'era niente, solunto dell'erba, qualche arbusto, qualche palma. O meglio c'erano dell'erba, degli arbusti, delle palme. Ma io, suggestionato da quella parola quasi quasi vedevo quell'erba, quegli arbusti, quelle palme come qualche cosa di prezioso e di peccaminoso. Cosi mi pare che avvenga ■con il tema del mio libro, modesto prato recintato nel qua le crescono piante e alberi molto comuni. Lei ci mette ne! bel mezzo un cartello con sopra scritto: < Non m'importa-». E di colpo quelle piante e quegli alberi per Lei « non esistono più » ossia, paradossalmente, acquistano un'esistenza negativa e proibita. Già perché negare l'esistenza di ciò che esiste equivale ad affermarla due volte. Cara Natalia, in fondo io vorrei che Lei si chinasse sul mio libro con la stessa simpatia paziente ed oggettiva «he Le ha permesso di distinguere l'« immagine pubblica » dal vero esser mio. Lei forse obbictterà: « Ma perché dovrei fare una simile fatica? ». E io I-e risponderei: «Se l'ha fatta per la persona, perché non farla per il libro? ». Alberto Moravia dSttmddptsgls

Persone citate: Alberto Moravia, Don Chisciotte, Moravia, Natalia Clnsburg