Droga per un "museo degli orrori" di Ennio Caretto

Droga per un "museo degli orrori" SI APRE A NEW YORK UNA SCONVOLGENTE RASSEGNA Droga per un "museo degli orrori" Nella metropoli americana ogni giorno ne muoiono tre persone, dieci studenti diventano tossicomani (Dal nostro corrispondente) New York, 23 febbraio. Ogni giorno, in questa città, tre persone muoiono per abuso di droghe, e due bambini nascono intossicati, il sangue avvelenato dalla madre. Ogni giorno, dieci studenti diventano schiavi dell'eroina. Gli stupefacenti uccidono più giovani fra i 15 e i 33 anni di qualsiasi malattia. « New York è la capitale della droga », dice Joseph Veach Noble. « Oggi la minaccia più grave per la salute, la sicurezza e il benessere della città è la tossicomania ». Mi trovo al museo comunale, all'angolo tra la Quinta Avenue e la Centotreesima Strada, dove domani si apre la prima mostra antidroga del mondo. Noble è il direttore, un uomo elegante, stempiato, che lotta appassionatamente per la soluzione dei problemi più gravi. La mostra è costata 40 milioni di lire, durerà tre mesi, forse più. Il suo scopo è « educare i genitori e ammonire i figli ». « La mia speranza », dice Noble, « è che avvìi qualche drogato sulla strada della cura ». Entrare nel museo è come vivere un incubo. L'enorme fotografìa di un ragazzo che con una siringa s'inietta eroina nelle vene. Tre bare, una bianca da bambino, una di bronzo da ricchi, una da poveri. Oltre le scale, cinque stanze, ciascuna dedicata a un particolare tema: la legge, le droghe, le cause del loro abuso; gli effetti biologici e sociali; la psicoterapia e la terapia chimica; il commercio, la polizia, la magistratura; l'assistenza. In quest'ultima sala, una scrivania con un telefono rosso. Ritorno tra i vivi Mi accompagna da una sezione all'altra un giovane di 24 anni. Ha all'occhiello un distintivo con su scritto « Ask me », chiedi. E' uno studente che diventò tossicomane nel '58. « Ho abbando nato la droga un anno fa », racconta. « Mi curano col methadone. E' anch'esso uno stupefacente, ma innocuo. Lo prendo tutti i giorni, andando in clinica ». Non ha sostituito un vizio con un altro? « Oh, no. Voi non sapete che inferno è la droga vera. Col methadone, conduco una vita regolare. Finirò gli studi, lavorerò, mi sposerò ». La mostra comprende so¬ prattutto fotografie di drogati in grandezza naturale. Dagli altoparlanti, escono voci in inglese e spagnolo: ragazzi in preda ad allucinazioni, o al terrore per la mancanza di stupefacenti, spacciatori, medici, ritmi musicali psichedelici. Dice lo studente: « Per chi vuol smettere, non è facile ottenere aiuto, a volte bisogna aspettare un anno che si liberi un posto in ospedale ». Al museo ci sono altre guide come lui, ex tossicomani, e il telefono rosso è collegato ad una clinica: « E' la linea calda con la salvezza », dice il direttore Noble. La mostra s'intitola Drug j scene, la cultura, il panorama delle droghe. Se ne esce con un'idea esatta degli aspetti clinici ed umani del problema. « Se è agghiacciante », osserva Noble, « risveglierà molte coscienze. Il male va combattuto alle radici: l'alienazione, il materialismo, la discriminazione, le pressioni sociali, la povertà sono tutte cause della tossicomania, e possono essere abolite. Anche la mistica della marijuana è pericolosa: spesso essa rappresenta il primo passo verso il baratro ». Sulla marijuana, fumata ormai, dice qualcuno, dal 3040 per cento della gioventù americana, è citato al museo comunale il rapporto Dunne per lo Stato di New York. « Essa non è uno stupefacente, e la legge dovrebbe tenerne conto », è scritto nel rapporto. « Ma dosi forti possono causare paranoia, depressione e panico. Il suo uso regolare, inoltre, può danneggiare il cervello, le vie respiratorie, il fegato, e provocare difetti genetici ». Tra le droghe, è quella di più semplice smercio e maggiore diffusione. Capacità di contagio Interi gruppi sociali e famiglie sono vittime delle droghe a New York. Tra i neg"-! degli slums, sottoccupati, con scarsissima istruzione, si potrebbe parlare quasi di contagio. Il dottor Robert Baird cita il caso di Dave, diciannovenne, che spìnse agli stupefacenti i suoi quattro fratelli; e Mike, di 18, che ne «contagiò» sei. Da undici anni Baird dirige la clinica Haven di East Harlem: Haven significa rifugio, ma viene dalle iniziali help addiets volitatarily end narcotics, aiutate i drogati a finirla volontariamente coi narcotici. « New York, dice Baird, è sìmbolo della tragedia del Paese. Lo scorso maggio, quando quattro studenti perirono all'università del Kent in uno scontro con la polizia, qui, quello stesso giorno, 25 tossicomani furono assassinati dalla droga. Circa 40 mila persone troveranno quest'anno la morte negli Stati Uniti per abuso di stupefacenti. Troppi? No. qua?ido si pensa che in questa sola città più di 100 mila sì dedicano all'eroina. Ciascuno di costoro spende per la droga 8 milioni di lire all'anno circa, per lo più rubati ». Per il dottor Baird, iniziative come la Drug scene al museo comunale sono encomiabili, ma rare. « Dovremmo chiedere al presidente Nixon di proclamare la prima settimana di aprile. Settimana della lotta contro i narcotici. Bisogna mobilitare la nazione ». Egli giudica la tossicomania il pericolo più grave per gli americani, più grave anche dell'inquinamento. Domani, dicono molti medici a New York, potrebbe essere troppo tardi. Ennio Caretto

Luoghi citati: New York, Stati Uniti