Ma le case chi ce le dà? di Arturo Barone

Ma le case chi ce le dà? 1 nostri soldi Ma le case chi ce le dà? che alle A più di una settimana dalla riunioni.' ilei Consiglio dei ministri dedicata alla politica della caia, ancora non si conosce ufficialmente il testo del provvedimento in preparazione. In pratica, il governo ha approvato una serie di principi, generali, affidando ad un gruppo ristretto di ministri e di esperti l'incarico di mettere a pittilo il provvedimento dovrà essere presentato Camere. 11 poco che e stato reso di pubblico dominio susciln interrogativi a non finire. Al piano straordinario d'investimenti per l'edilizia pubblica sono destinati, nel triennio 1971-73, circa 2500 miliardi; con questa somma, per i due terzi fornita dalla Gcscal, si conta di costruire un milione e mezzo di vani: in media — si è detto — mezzo milione di vani all'anno. Ci si chiede come ciò possa avvenire se la stessa Gescal dichiara di poter appaltare, nel primo anno, lavori per 160 miliardi, che potrebbero aumentare di 76 miliardi solo se verranno approvate sollecitamente le norme per l'acceleramento delle procedure. Nel 1972, mobilitando anche le aziende specializzate a parlecipazione statale, il volume di appalti Gescal dovrebbe salire a 400 miliardi, cifra che appare difficilmente superabile ove si tenga conio delle inevitabili lungaggini burocratiche per acquisire le aree. Attesa impaziente E' quindi del tutto inverosimile che la Gescal possa spendere entro il 1973 gli oltre 1000 miliardi di cui ancora disporrebbe: sarà molto se ci riuscirà, anziché in tre, in cinque o sei anni. Non sembra proprio il caso di alimentare, con previsioni infondale, l'attesa impaziente dei lavoratori. L'altro terzo dei fondi del piano straordinario per la casa dovrà essere reperita sul mercato finanziario sotto lo stimolo dei contributi sugli interessi stanziati sul bilancio dei lavori pubblici per un letale, nel triennio, di 52 miliardi. Metà dei contributi sarebbe destinata alla costruzione di case per le famiglie che attualmente vivono in abitazioni improprie (baracche, grotte, cantine, eee). All'assegnazione delle case dovrebbe seguire, immediatamente, la distruzione delle baracche, così da evitare che altre famiglie, occupandole, se ne servano a loro volta come titolo giuridico per l'assegnazione di una vera casa a totale carico della collettività. Ma è dubbio, dala la crisi della finanza locale, che i Comuni si valgano in pieno della facoltà loro offerta di fruire dei contributi statali a questo scopo: è più probabile che cedano le aree disponibili a privati o a cooperative per la costruzione di case da dare esclusivamente in affitto. In questi giorni ci sarebbe però 'sialo un ripensamento: sarebbe siala ammessa anche la cessione in proprietà, ma non prima di dieci anni dall'en naia in possesso dell'alloggio. Né quesiti è la sola modifica importante introdotta nel testo originario: altri emendamenti sostanziali sono stati apportati in latto d'indennizzo per gli espropri e di riserva delle aree all'edilizia pubblica. Poiché la materia è ancora tutta in discussione, non vale la pena di addentrarsi in particolari tecnici. Interrogativo di fondo L'interrogativo di fondo riguarda l'apporto effettivo dell'intervento straordinario. Esso viene stimato in non più di 250 mila alloggi, cifra modesta anche nel caso che la loro costruzione poiesse essere ultimala nello spazio di un triennio, ma addirittura modestissima se per completarli dovessero occorrere cinque anni. Si pensi che il fabbi-ogno ottimale annuo ammonta a 450 mila alloggi e che la media, insoddisfacente, dell'ultimo quinquennio si aggira sui 290 mila appartamenti. L'obiettivo del 23 per cento, attribuito all'edilizia pubblica, sarebbe raggiunto quest'anno solo nell'ipotesi che l'edilizia privala registrasse la flessione del 30 per cento prevista dai costruttori. Ma una tale flessione sarebbe un disastro per l'economia nel suo complesso c in particolare per l'occupazione non solo nell'edilizia ma in limi i settori collegati (materiali da costruzione; tondino: cemento; mezzi da trasporto; materiale elettrico, idraulico, cee; ascensori, mobilio; ecc.). Si andrebbe ben oltre i 200 mila disoccupali temuti per maggio dal ministro Donat-Cattin, Il maggior appunto che si può muovere al « pacchetto » governativo sembra quello di aver tenuto conto solo delle esigenze di rilancio dell'edilizia pubblica, che indubbiamente esislono, senza troppo curarsi della recessione ormai in atto nel settore dell'edilizia privata. Nel 1967. nel tentativo di mettere ordine nella legislazione urbanistica, si fece ricorso alla legge-ponte, provocando un piccolo artificiosissimo « boom » che si è tradotto in aumenti di prezzo — nel triennio — di circa il 35 per cento. Oggi, alla vigilia del secondo piano quinquennale, era lecito attendersi dai pubblici poteri un orientamento abbastanza preciso circa la politica edilizia per il prossimo avvenire, con l'indicazione del volume di risorse complessive da destinare alle abitazioni, con l'apprestamento degli strumenti necessari per bloccare la formazione della rendita fondiaria e per razionalizzare l'uso del territorio, con la creazione di nuove forme di risparmio edilizio che aP'eslero hanno dato buonissima prova, sia nei paesi anglosassoni sia in quelli di lingua tedesca. Si era molto parlato di edilizia convenzionata, specie negli ultimissimi tempi. Pareva questo il sistema più adatto per conciliare l'esigenza di redditività delle imprese private con quella di ridurre al minimo i canoni d'affìtto degli inquilini, ma il relativo progetto sembra sia stato alla fine dimenticato. Oltre tutto, solo una politica edilizia a largo ^respiro, in grado di poter lavorare secondo i « tempi lunghi » propri del settore, può invogliare le aziende a quella ricerca sistematica di nuove tecniche organizzative e di nuovi materiali da cui derivano — al tempo nesso — minori costi e migliori prestazioni. « Se un'automobile — disse anni or sono un esperto — fosse costruita con i criteri artigianali delle case, costerebbe almeno cinque volte tanto ». Arturo Barone

Persone citate: Donat-cattin