Un cuore chiamato "magic,,

Un cuore chiamato "magic,, Un cuore chiamato "magic,, Parla l'uomo che in pochi anni ha cambiato tre volte l'informatica della Chase Manhattan Bank (e che si appresta a farlo per la quarta) - Secondo lui i dirigenti devono saper maneggiare il computer come il telefono (Dal nostro corrispondente) New York, febbraio. In America, nessuna industria usa più computers delle banche. Il livello di automatizzazione bancaria è altissimo: quasi il 100 per cento negli istituti con depositi al di sopra dei 100 milioni di dollari (62 miliardi e mezzo di lire). L'ottanta per cento circa in quelli con depositi al di sopra dei 10 milioni. E nelle banche minori, il 33 per cento. (Le statistiche sono dell'« Istituto per l'amministrazione bancaria»). Il mercato « esplode » « Il fenomeno è abbastanza recente » mi dice C. P. Peterson Jr., un alto funzionario dell'Ibm, la prima produttrice di computers al mondo, responsabile delle vendite internazionali nel settore. « Le banche furono tra gli j ultimi ad accettare gii eia- ! boratori. Essi si diffusero prima nelle industrie manifat- | turiere, nelle assicurazioni, nel governo. Il mercato bancario "esplose" solo nel '59- ì '60, quando si scoprì che il | computer era l'unica risposta possibile alla marea degli assegni ». « All'inizio » continua Peterson « le banche affidarono agli elaboratori lavori in un certo senso impiegatizi, un tempo eseguiti dalle calcolatrici meccaniche: contabilità, posta e così via. Naturalmente, gli elaboratori portarono vantaggi immediati. Per esempio, resero possibile l'accettazione di conti correnti di 100 dollari e anche di meno, che prima le banche rifiutavano perché sarebbero costati loro di più di quanto avrebbero guadagnato. E regolarono il traffico di assegni, che è di 22 miliardi di assegni all'anno, e raddoppierà in un decennio. Come avrebbe fatto, senza computers, la Società dei Telegrafi e Telefoni che ha due milioni di azionisti, a ciascuno dei quali deve inviare un assegno al trimestre? ». C. P. Peterson Jr. è un uomo sui 45 anni, alto, massiccio, che dall'ultimo piano del suo ufficio di Manhattan dirige un gruppo di tecnici distribuiti in tutto il mondo. Ha incominciato 15 anni fa come « salesman » e a poco a poco s'è specializzato in automatizzazione bancaria. «La vera svolta » osserva « le ban- | che l'hanno compiuta nel '07'68, quando si sono accorte che gli elaborai ori potevano rivoluzionare, proficuamente, la loro attività ». « Direi che esse tendono oggi a usare i loro equipaggiumenti elettronici in tre di- j verse direzioni. Innanzitutto I per creare un sistema informativo che, raccogliendo il massimo numero di dati, I consenta loro di prendere decisioni esatte e tempestive in qualsiasi momento, e di sapere qual è la precisa situa- I zione dei vari settori, dei vari conti correnti, ecc. In secondo luogo per eliminare la carta che soffoca, e passare alla documentazione magnetica, cioè su nastro. Per ultimo, per estendere la loro attività: le nostre banche stanno interessandosi al pa gamento delle tasse dei clienti, all'affitto della loro casa; su scala più vasta si affiancano ai rami più avanzati dell'industria ». Come funziona l'automazione bancaria in America? Quali sono le previsioni? Prima di vedere che cosa significano i computers per una grande banca (la Chase Manhattan, dove ho incontrato alcuni funzionari) è opportuno precisare le differenze esistenti tra il Banks system Usa e quello europeo. Qualche dato in breve. Le banche americane sono circa 13.700, tutte private, assai meno legate allo Stato delle nostre, anche se esiste una banca centrale, la Federai Reserve Bank, detta familiarmente Feri. Quasi tutte sono locali, hanno cioè il permesso di operare solo in una contea o in imo Stato, e la proibizione di creare una rete nazionale. Le banconote continuano a perdere importanza, « nove dollari su dieci » si dice comunemente « sono pagati in assegni »: ma le « doppie girate » praticamente non esistono. Aumentano invece i servizi, le operazioni contabili. La Chase Manhattan Bank è essenzialmente newyorkese. Nata nel 1955 dalla fusione della Bank of Manhattan Company e della Chase Natio¬ nal Bank, ha assorbito di recente la Commonwealth Bank di Detroit, creandosi cosi una seconda base negli Stati Uni ti. E' il secondo o terzo isti- I tuto di credito del mondo, con 100 mila azionisti circa, j presidente David Rockefeller. | Il paragone con una nostra j banca è impossibile. La forza | della Manhattan non sta nelle sue poche succursali, ma nei suoi uffici — metropoli tano, nazionale, internazionale, immobiliare, prestiti, finanziario, tecnico... — ciascuno dei quali è un « colosso » di enorme potenza eco nomica. Si potrebbe dire che quando la Banca d'America e la Chase prendono freddo, l'economia si mette a letto con il raffreddore. Il nostro problema — mi dice «l'uomo dei computers», Robert Riley, direttore dell'automatizzazione alla Chase Manhattan Bank — era a due facce, come le medaglie. « Da un lato, dovevamo sveltire il lavoro quotidiano, dall'altro, centralizzare la nostra struttura ». L'automatizzazione, per le banche europee, consiste soprattutto nel collegare elettronicamente le succursa li alla sede centrale. Per quelle americane, invece, consiste nel coordinare le diverse sezioni, abituate a una grande indipendenza. E' significativo che soltanto coi computers sia stato introdotto negli Stati. Uniti il concetto di « unicità del codice cliente », che è uno dei pilastri del sistema bancario europeo: prima o era sconosciuto o evitato come un'invasione dell'intimità personale altrui. Ditendersi dalla carta Come ha sveltito il lavoro la Chase Manhattan? Sostituendo gli elaboratori alle macchine calcolatrici, e applicandoli ai depositi, ai prestiti, ai mutui, alla contabilità interna (secondo l'« Istituto per l'amministrazione bancaria » la prima applicazione è la più diffusa in America, il 92 per cento). Qualche dato. Un assegno viene ora a co stare al cliente 5-10 centesimi, cioè 30-60 lire: senza computers, sarebbe costato tra 35 e 40 centesimi, 210-240 lire. « In generale » afferma Riley « il lavoro della banca è ora sei volte superiore, ma i co- I sti non sono cresciuti che leg- | germentp ». Come molti altri, istituti americani, «per sottrarsi al l'invasione di carta», la Cha-' se ha chiesto alle corrispondenti europee, specialmente I italiane, di fare pagamenti ] inferiori ai 250(1 dollari non più col classico « ordine », ma j tramite assegni internazio- i nali. « Tuttavia » continua Robert Riley « il nostro ideale ò | la chequeless society. Ci avviamo verso di essa su due \ fronti: quella dei clienti e quella dei rapporti interban- j cari, sull'esempio dei giapponesi, che sono già al trasferìmento elettronico dei crediti. Clienti: ogni loro operazione, ogni dare e avere potrebbe essere registrato automaticamente dai computers, basterebbe, che so, avere dei terminali in aree strategiche, vicino ai shopping centers, i negozi e i grandi magazzini, manovrati da studenti o massaie ». La Banca del Delaware, una delle più avanzate in questo settore nonostante le sue modeste dimensioni, realizza già qualcosa del genere con una speciale carta di credito magnetica, i cui dati possono essere trasmessi agli elaboratori coi pulsanti elettrici dei nuovi telefoni. « Rapporti interbancari » osserva Riley. « Abbiamo calcolato che se i 500 maggiori Istituti americani fossero collegati tra di loro da un sistema di computers il flusso di assegni sarebbe dimezzato. Ma per ora esiste soltanto il Chips o Clearing Houses International Payment System — un collegamento cioè tra le prime 9 banche americane per i pagamenti internazionali — non quelli interni ». La Federai Reserve Bank, però, si sta adoperando perché si uniscano al Chips tutti gli Istituti coinvolti in transazioni internazionali, una novantina circa. E' nato anche Scope, o Special Committee on Payments and Entries, che studia la questione dal punto di vista esclusivamente nazionale. Il sogno non confessato dei banchieri americani è un libro contabile Usa, con registrazione elettronica su j elaboratori di ogni operazione, di ogni debito e credito: una fittissima rete che toc- 1 citerebbe la massima punta d'efficienza. Di media statura, piuttosto corpulento, Robert Riley è, i sotto l'apparenza del freddo funzionario, un rivoluzionario convinto. In pochi anni, ha cambialo tre volte sistema di automatizzazione alla Chase Manhattan Bank e ne : sta preparando un quarto. Il suo orgoglio è l'applicazione della cibernetica al management, l'arte dell'amministrazione. Riley ha costruito un « archivio centrale d'informazione » senza il quale la banca non andrebbe più avanti. Ne ha battezzato il cuore Ma-, gic, da Management Analysis of General Information and Credit. il maggior contributo « E' un gioco di parole -— mi dice —, ma è uno strumento decisionale utilissimo per i nostri prestiti, investimenti, eccetera. Grazie ad esso, noi possiamo costruire ipotesi razionali su quanto renderà una certa operazione ». Oltre che ai computers, la banca ricorre ai suoi esperti di questioni tecniche in tali frangenti. In ciò, le banche americane non sono diverse da qualsiasi altra industria: « Possiamo però considerarci all'avanguardia —- conclude Riley —, perché negli altri settori poche Società hanno fondamenta buone come le nostre ». E' il maggiore contributo della storia economica americana alla rivoluzione manageriale. Come molti altri, Riley è convinto che i futuri direttori d'azienda debbano imparare a maneggiare i computers come le automobili, o il telefono. Per i banchieri, la conoscenza sarà indispensabile. La funzione tradizionale degli Istituti di credito sta passando in secondo piano, essi sono oggi, innanzitutto, operatori finanziari. E in un mondo in cui anche i secondi costano miliardi, l'uomo da solo può troppo poco. Ennio Cavetto

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