Mec del vino: il primo bilancio è favorevole di Vittorio Zucconi

Mec del vino: il primo bilancio è favorevole Mec del vino: il primo bilancio è favorevole Nei primi dieci mesi dell'anno scorso abbiamo esportato tre milioni e 864 mila ettolitri di vino, mentre nello stesso periodo del 1969 ne avevamo venduti all'estero solo un milione e 895 mila ettolitri - Ma non mancano le ombre: del milione e 800 mila ettolitri mandati in Francia, la maggior parte era vino da taglio, che non si può più smerciare in Italia dopo la legge sulla denominazione d'origine controllata - Il primo Barolo «Doc» - Preoccupazioni nel Meridione Le accuse francesi (Dal nostro corrispondente) Bruxelles. 13 lebbraio. Nel 19G9 i francesi calarono in Italia alla ricerca tli vini da taglio per i loro prodotti: avevano letto le denunce di produzione, che parlavano di « annata eccezionale », ed erano certi di poter fare un buon bottino a prezzi modesti. Non trovarono che pochi barili da portarsi via. Le proteste e. le accuse furono fortissime. Oggi, nel 1971, gli stessi produttori francesi stanno ancora protestando e accusando, ma per la ragione contraria: troppo vino italiano entra nelle cantine di casa loro. Che cosa ha rovesciato completamente la situazione? I fattori naturali, la « fortuna », che ha dato una mano ai viticoltori portando un raccolto ed una produzione eccezionale. Ma, soprattutto, è arrivata la legge sulla denominazione d'origine controllata, e milioni di ettolitri di vino, gabellato fino a ieri come prodotto di qualità, sono stati cacciati dalle tavole ed hanno dovuto cercar fortuna come vini da taglio: un milione e 800 mila ettolitri sono già entrati in Francia, contro una nostra importazione di 63 mila ettolitri. L'agricoltura italiana non gode sempre di buona fama tra i Paesi del Mec: da un lato, essa è la più debole, e quindi la più bisognosa; ma dall'altro, spesso non è troppo al sicuro da critiche e da accuse. Nel caso del vino, una volta tanto, abbiamo sentito parlar bene dell'agricoltura italiana. « Sono sulla strada giusta, ha detto un funzionario francese, ma devono ancora camminare molto ». La strada giusta è quella dei controlli severi che stroncano le frodi, della legge sull'origine dei vini, in una parola, della qualità. Le tappe da raggiungere sono però ancora molte. Primo: creare un catasto (finora inesistente) completo, preciso, dei vini e delle vigne, per vincere la diffidenza dei clienti stranieri, non sempre ingiustificata. Secondo: intraprendere un'azione promozionale efficace e profonda (« Che cosa conosce lo straniero dei vini italiani — affermava lo stesso funzionario —: il Chianti, magari confuso con gli spaghetti e con Venezia, il Barolo, se è un buon conoscitore, il Frascati e il Valpolicella, se è già quasi un esperto »). Terzo: ridurre e specializzare le colture e sfruttare onestamente le possibilità di ottenere fondi dal Feoga, il salvadanaio agricolo comunitario, per migliorare la resa delle vigne. Il nostro Paese ha la maggiore superficie a vite, un milione e 497 mila ettari, contro un milione e 232 mila ettari della Francia e 70 mila della Germania. Ma questa classifica si inverte, se guardiamo al rendimento: 89 ettolitri per ettaro in Germania, 53,3 in Francia, e soltanto 43 in Italia. I tedeschi, che hanno una superficie viticola venti volte inferiore alla nostra, producono solo dieci volte meno di noi (6 milioni e 700 mila ettolitri nel '69 contro 67 milioni in Italia) e soltanto vini di qualità, quindi con un reddito ben più alto per i produttori. La Francia, con 200 mila ettari in meno, ha circa la nostra produzione media (66 milioni 788 mila nel '69), ma anche in questo caso la proporzione di vini costosi è più alta, con beneficio per il produttore e per la bilancia commerciale del Paese grazie alle esportazioni. La strada della denominazione d'origine controllata è dunque quella giusta, ma non sempre facile da percorrere. Alcuni produttori preferiscono restare attaccati all'utile modesto derivato dal vino da consumo e da taglio, piuttosto che affrontare il rischio (teorico) di cambiare la propria produzione per riqualificarla. Ma che le prospettive siano buone è certo, e la migliore conferma viene proprio dai nostri concorrenti francesi. Il caso dei vini sardi è esemplare: i produttori transalpini hanno fatto incetta (salvo poi lamentarsi) dei «bianchi» di Sardegna, per taglia- I1renddcIp1trtIsdnvc(nrmsm re i loro famosi « blancs ». Purtroppo, se lo stimolo non verrà, come si spera, dal mercato europeo, sarà difficile attenderlo dal mercato interno: il consumo in Italia è il più alto d'Europa, e raggiunge la cifra di 116 litri l'anno a testa, contro i 112 della Francia, ed il reddito italiano « prò capite » è il più basso d'Europa. Il risultato dell'equazione è semplice: molto vino si, ma da poco prezzo. Da quest'anno, però, chi vorrà vendere vino scadente dovrà fare i conti senza la Comunità eu¬ ropea. Innanzitutto, la piena liberalizzazione del mercato interno alla Cee e gli accordi con i Paesi mediterranei produttori di buone qualità, cacceranno i vini non concorrenziali. Aiuti e finanziamenti saranno concessi solo per viticoltori che assicurino prodotti di valore, e negati, comunque, ad impianti nuovi. Sarà poi fissata la quantità massima che ciascun ettaro di coltura viticola potrà fornire senza perdere il diritto alla denominazione d'origine. Vittorio Zucconi VERMUT ACQUAVITI EtlQUORI Importazioni ed esportazioni italiane di vino nei primi 10 mesi del '70 confrontale con lo stesso periodo del '69