Il "toro,, a Wall Street

Il "toro,, a Wall Street Nel folklore economico è simbolo di rialzo Il "toro,, a Wall Street In nove mesi l'indice è salito del 40 per cento, la più rapida ascesa del dopoguerra - Il volume degli affari negli ultimi giorni ha travolto ogni primato - Con il Dow Jones a quota 885, in Borsa dicono: quest'anno varcheremo le «colonne d'Ercole» dei mille punti L'economista John Kenneth Galbraith, di Levine (Copyright N. V. Revue ol' Hook*. Opera Mundi e per l'Italia « La Stampa i gato l'agente — era logico che alcuni investitori si facessero esitanti, dall'altro il mercato aveva bisogno d'assestarsi: dopo il weekend ricomincerà a espandersi ». E' un'opinione confermata dal favorevole andamento dell'indice Dow Jones degli industriali: esso ha raggiunto ieri gli 885,34 punti, il massimo livello dal 3 luglio del '69. In una memorabile seduta del febbraio del '66, l'indice Dow Jones — basato su 30 venerati titoli campione — toccò per qualche minuto quota 1000, stabilizzandosi a quota 995,15 alla chiusura. Erano le colonne d'Ercole della finanza. Già sulle ali del « superboom » industriale, gli Stati Uniti si lasciarono travolgere dall'entusiasmo. Il Wall Street Journal, di solito controllato e scettico, descrisse l'avvento di una nuova era. Ma l'indice scese progressivamente, fino alla crisi del maggio scorso: 631 punti. Galbraith vide nel « crollo » paralleli con la recessione del 1929, Friedman accusò gli investitori di « fragilità psicologica ». Oggi, tra i due, Friedman sembra più vicino al vero. Nella City è tornato l'ottimismo. Ha dichiarato il presidente della « Equity Research Associates »: « Non credo alla profezia: mille e non più mille. Forse varcheremo questa frontiera entro il '71, se tutto andrà bene ». E' l'ora dei privati L'ascesa dell'indice Dow Jones in nove mesi è stata così forte — oltre il 40 per cento — che per la fine di febbraio, l'inizio di marzo i « brokers » attendono un temporaneo ristagno. « Proporzionalmente,' nel dopoguerra, esso non è mai salito così in fretta » ha osservato il vicepresidente della Hutton Company, Newton Zinder. Robert Callahan, un analizzatore del mercato, ritiene possibile anche un calo di 40 punti, seguito da un nuovo « salto » a primavera. Ma la tendenza a lungo termine verso quota 1000 non è messa in dubbio da nessuno. « Finora » spiega Myron Helman della Shields and Company « hanno agito sul mercato soprattutto le società di assicurazioni, i fondi comuni, le casse dì risparmio. E' tempo che intervengano anche i privati e gli stranieri, con un'altra spinta ». Su che cosa si basa l'ottimismo? Sia fu fatti che su impressioni. Prima i fatti. Sono in rialzo i titoli delle industrie-pilota: quella estrattiva del petrolio, dei macchinari, automobilistica, immobiliare, dei trasporti. Hanno registrato aumenti General Motors e IBM, General Electric e White Consolidated. Capita inoltre che i guadagni « ruotino » da un gruppo di azioni a un altro, equamente. «Nevrotica» per bene Le impressioni. I « veterani » di Wall Street sono concordi nell'individuare i settori che dovrebbero distinguersi quest'anno: le banche, perché v'è ricerca di capitali; i servizi, perché v'è una ripresa dei consumi; le tecnologie avanzate, perché il Paese si sta orientando verso la lotta contro l'inquinamento; l'assistenza sanitaria eccetera. «Soprattutto — conclude l'agente — è l'atmosfera generale di laboriosità e di fiducia della Borsa che concilia l'ottimismo. Wall Street è una nevrotica per bene ». Tutto ciò non impedisce una certa cautela: « Molto dipenderà dal comportamento dell'economia ». Questo comportamento è abbastanza incerto, ma i timori, almeno per adesso, e per quel che riguarda la City, sono soffocati dagli avvenimenti positivi. « Money is not tight », il denaro non è più stretto: dallo scorso maggio a oggi, la « prime rate », il tasso per i migliori clienti delle grandi banche, è scesa dall'8,50 al 6 per cento. La Riserva federale è impegnata ad aumentare la liquidità fino al 9 per cento per appoggiare il bilancio espansionistico di Nixon. Lo sforzo dell'industria privata di ridurre i costi sta sfociando in un aumento della produttività, quindi, si pensa, anche dei profitti. Le vendite al minuto sono cresciute a gennaio dell'I per cento. Il che non avveniva da oltre un anno. La disoccupazione è sempre alta, il 6 per cento; il tasso di inflazione deve ancora scendere dal 5,3 per cento, ma ciò non crea troppe tensioni in Borsa, come non le crea il Laos, non ancora. Ennio Caretto (Dal nostro corrispondente) New York, 12 febbraio. Il ristorante americano che questa settimana ha fatto pi\t affari è l'Exchange (Il cambio) di Washington, ma non per la bontà della sua cucina. Più che per gustare i piatti di James Kimsey, gli avventori sono accorsi per leggere la «lavagna;) elettronica del bar. La « lavagna » è collegata a Wall Street, nella foresta di cemento di Manhattan, e con pochi minuti di ritardo ne registra il volume degli scambi, le quotazioni dei titoli, le percentuali di rialzi e di ribassi. Due volte, lunedì e martedì, essa ha segnalato un fatto straordinario nei 179 anni di storia della Borsa newyorke se: 25.590.000 azioni trattate prima, 28.250.000 poi. Fino a domenica, il primato degli scambi era 25.188.228, segnato il 23 settembre del '66. In una giornata normale, a Wall Street si trattano 14-15 milioni di titoli. Sopra la « lavagna » dell'Exchange di Washington, campeggia oggi la fotografiti di un toro. E' il folclore lì nanziario americano: « bull market » indica il mercato al rialzo, « bear market », l'orso, al ribasso. Per un anno e mezzo, fino all'anno scorso, l'orso ha spadroneggiato nella City, seminando il panico. Ma negli ultimi mesi, è stato il toro a tener banco, con beneficio di tutti. Nella primavera del '70, i giornali pubblicavano vignette di un penitente che diceva: « La fine dell'investitore è vicina ». Ora, ne pubblicano altre di una corrida in cui la parte del « matador » è affidata al « bull », tra gli applausi del la folla. Galbraith e Friedman La ripresa della Borsa si è concretata nel vertiginoso aumento del volume degli scambi tra il 28 gennaio e il 10 febbraio. Non un solo giorno esso è- sceso sotto i venti milioni di azioni. Il totale dell'ultima settimana di gennaio è stato di oltre 100 milioni, della prima di febbraio di oltre 105, e questa settimana sarà di oltre 110. Sia mercoledì che ieri, « appena » diciannove milioni di titoli, diciannove e mezzo hanno cambiato mano. Ma la pausa è stata ben accetta. « Da un lato — mi ha spie-

Luoghi citati: Italia, Laos, Manhattan, New York, Stati Uniti, Washington