II risveglio dell'antica cultura del Sud

II risveglio dell'antica cultura del Sud I giovani si preparano alPincontro^on le nuove forme della civiltà II risveglio dell'antica cultura del Sud I « centri » organizzati dalle menti più aperte incontrano gravi difficoltà per svolgere la loro opera - Tuttavia qualcosa sono riusciti a fare - Uno degli obiettivi: rendere consapevoli i giovani d'un patrimonio archeologico riposto nei relitti delle più antiche civiltà fiorite in Puglia - Biblioteche aperte a tutti (Dal nostro inviato specialei Taranto, febbraio. Rapido sopralluogo nel Sud per cogliere i segni d'un risveglio culturale tra i giovani: a chi s'alimentano, chi li prepara all'incontro to allo scontro) con le nuove forme della civiltà contemporanea? La cultura meridionale e un tesoro di spunti intellettuali validissimi, ma, sventuratamente, lutti riferiti ad un tipo di civiltà che non è quello che oggi incombe sul Sud in via di trasformazione. Le grandi concentrazioni industriali, la speculazione edilizia sono al lavoro, e la cultura? Cinquantanni fa Gaetano Salvemini accusava la piccola borghesia colta del Sud d'essere « nella vita morale quel che la malaria è nella vita fisica d'un Paese ». Malaria, cioè profondi sonni alternati a momenti di concitazione febbrile. Ora la malaria è debellata, ma se rimettiamo il capo in uno dei cento, dei mille « circoli » in cui si articola e si atrofizza la vita d'una intellettualità che dovrebbe essere il motore della società, si chiami il « Circolo dei galantuomini » o il «Circolo Kennedy», lo spettacolo è sempre lo stesso: noia, fumo di sigari e di sigarette, chiacchiere di salotto, gioco alle carte o al biliardo. Ma i partiti, ma i sindacati? L'anofele intellettuale segnalato da Gaetano Salvemini non cessa di flagellare il Sud in tutte le sue nervature, per cui, nei grossi paesi, nelle « città contadine », il partito e il sindacato arrivano come echi spenti, risucchi burocratizzati da un'attività che nasce altrove, e qui non produce che la lenta gestione di attività assistenziali o di organizzazione del potere. La scuola? Tolte poche, lodevoli eccezioni, anche la scuola, che è d'impronta soprattutto umanistica, continua a produrre presidi stanchi e tuttora orfani del latino, professori che si concedono alla loro aula appena il tempo per la lezione e scolari che ripagano aule, banchi e insegnanti del medesimo fastidio. Anni or sono il defunto ministro Pastore, dovendo impostare i piani per la Cassa del Mezzogiorno, ebbe un'intuizione generosa, pur nella sua genericità: disse che non sarebbe bastato scaricare nel Sud le opere di cui aveva bisogno per la sua crescita materiale (ponti, strade, acque- dotti, ecc.): era necessario provvedere al « fattore umano ii, ammoni Pastore. Politica delicata Ma in qual modo? cita Gabriele Pescatore, uno dei « padri fondatori » della Cassa: egli definì la « politica del fattore umano » come la più delicata, la più importante tra le attività da svolgersi nel Sud, « perché, mossa da uomini ansiosi, ad uomini abbisognosi si rivol¬ Si 11111M1111 i 111M111 ^ n l - j o o a , d ¬ ge ». Si sono perduti molti anni a studiare in che modo le « ansietà » dei dirigenti potessero essere placate, e gli uomini « abbisognosi » potessero essere soddisfatti. Ma I solo in questi ultimi tempi s'è arrivati a dare un'organiI ca sistemazione all'impresa. | Prima di tutto: che tipo di I cultura s'intendeva far conoi | scere al Sud? Si disputò molto se la si dovesse confezionare con la C maiuscola, o se bastasse la minuscola: e non era una discussione sul sesso degli angeli, visto che la cultura ha un senso oppure un altro a seconda del modo con cui è trasmessa, dell'utente cui si rivolge, del fì- ne che si propone. Nel 1967 I Uil « Formez », l'ente che s'in-1 tocarica di tradurre in realtà I gela famosa « politica del fat-1 libtore umano », giunse alla so- j geluzione forse più indovina-1 leta: creò nel Sud un'ottantina di « Centri di servizi cultura- | li », che affidò in gestione ai pochi sodalizi che hanno qualche esperienza in materia di formazione dell'uomo e del cittadino: il Movimento di collaborazione civica, la Società umanitaria, l'Ises, l'Unione per la lotta contro I l'analfabetismo, le Acli, il Cif e qualche altro. A tre anni dall'istituzione di questi « centri » (ma a due soltanto dalla loro effettiva apertura) si può dire di loro che hanno rappresentato pei ì la gioventù del Sud un pri-1 mo, timido avvio ad una sua integrazione con la gioventù d'ogni altro luogo in Italia. In che cosa consisteva il « gap », è presto detto, osservando il quadro della vita giovanile in provincia. Il luogo storico dell'incontro è. nel Sud, « lo struscio », cioè il j pubblico marciapiede dove ragazzi e ragazze a frotte in-1 crociano il passo. Molte voi-1 te, preoccupate di salvaguardare questa tradizione locale, | le civiche autorità provvedono a recingere e a vietare il transito agli autoveicoli lungo lo spazio votato a queste deambulazioni. Naturalmente, quando i « Centri » planarono nel territorio loro assegnato ebbero l'impressione d'aver posto il piede su una polvere lunare che impediva loro qualsiasi passo in qualsiasi direzione. Le riserve del conte « Venni quindi ricevuto i dal presidente della Bìblioteca civica», mi racconta Mau- i rizio Bellotti, animatore culturale del "Centro" di Altamura. « Era, ed è tuttora, un \ anziano gentiluomo che mi fece accogliere alla porta dal maggiordomo in polpe. Mi ascoltò con molto interesse, j Si trattava di organizzare conferenze? Ma sicuro, ne aveva pronta una, bellissima, j sul passaggio di Napoleone per Altamura nell'anno 1791) o giù di li. Avremmo potuto stimolare i giovani al dibattito? Ma certo, a patto pero che ogni intervento fosse sottoposto per iscritto, preven- i Vivamente, alla sua approvazione. Si parlava di proiettare qualche film? Il signor conte era d'accordo, ma con qualche riserva: niente film di sinistra, questo era chili ro. Nemmeno di destra, va bene, e circospezione anche con le cinematografie del Centro Sinistra. Insomma, non sì salvavano che poche pellicole di quelle già di competenza dei circuiti commerciali ». Il giovane Bellotti, va da sé, decise di fare di testa propria. E' difficile dare una idea di che cosa siano, di come funzionano questi « Cen tri ». Meglio riesce definirli per quel che « non » sono, per quel che « non » vogliono essere: nulla in comune con i ricreatori, con le associazioni scoutistiche, con il dopolavoro. E nulla nemmeno in comune con le biblioteche pubbliche, pur essendo il libro il fulcro intorno a cui ruota la loro attività. Ma è un libro « diverso »: voglio dire che è tolto dalle severe scaffalature entro cui era tenuto in re verenziale deposito da trasmettersi, possibilmente intonso, ai posteri. « I libri — mi dice Giuliana Ermacora, direttrice del "Centro" di setvizi culturali di Taranto — sono un bene di consumo, quindi ci guardiamo bene dall'in- Umidire i suoi possibili let tori con divieti di qualsiasi j genere. L'importante è che il ' libro scoppi nella testa della gente e che faccia il suo ef- i letto ». In un primo tempo, mi di- ' ce un altro «operatore cui-1 turale », i giovani apparivano intimiditi nel metter piede in queste sale di lettura, dove j il libro è esposto in scaffali ! di metallo, aperti, a cui il lettore può ricorrere anche per via diretta, senza l'ausi- lio di cataloghi o di assisten- ti. Appena capito il meccani-; smo, visto che il libro lo si i poteva leggere, sfogliare, ed ; eventualmente portare a casa senza troppe formalità, la , clientela ha cominciato ad affluire copiosa. Nel Sud esi- siana appena 335 biblioteche pubbliche, le quali, però, affidate generalmente a impiegati municipali o ad insegnanti in pensione, gareggiano nell'inventare difficoltà di ogni tipo, d'orario e di procedura, al fine di limitare il prestito a casa. Biblioteca rumorosa Cosi, abbiamo un primo elemento di riscontro: tutt'insieme il Sud bibliotecario non - . riesce a prestare più di 102 U!j impreparata del tutto a for' nire la più piccola spinta a chi s'avventura per la prima i volta nei meandri dello sci bile. ' A Canosa di Puglia, mi rac- libri il mese, in media, mentre le ottanta biblioteche dei « Centri » sono arrivate a prestarne ottocento. Condizione ;essenziale di questo succes- ' so è l'atmosfera che regna nelle sale di lettura: nulla .del raccoglimento cenobitico. ma, invece, una fervida ecci- tazione, un clima di ricerca ;in équipe, quasi un'esplora- zione collegiale nelle sfere1inesplose del sapere. La famiglia del Sud, impareggiabile nelle funzioni di protezione e di reciproco ausilio sul terreno delle difficoltà della vita, quanto ad assistenza culturale è all'anno zero, conta l'animatore di quel « Centro di servizi culturali », Marrese, il problema era di far consapevoli i giovani di un patrimonio archeologico riposto negli ipogei, nei ca stelli semidiroccati della ci viltà normanno-sveva e nei relitti di più antiche civiltà, fiorite in quest'angolo di Pu glia. Mi dice Adriano Prandi, professore di archeologia cri stiana e di storia dell'arte medievale e moderna a Bari: « E' stata un'opera santa, per che senza la collaborazione dei cittadini è impossibile pensare di salvare dalla dispersione e dalla distruzione queste ricchezze. Se non si muove il sentimento popolare a proteggere questi tesori, essi finiranno in mano agli speculatori o nel chiuso dei piccoli musei privati, di cui quasi tutte le famiglie patrizie del Sud sono fiere ». Anche quest'iniziativa, dunque, è un contributo alla sconfitta . di quell'anofele intellettuale U cui parlava Salvemini. Ma non è che un aspetto dell'impresa. Altri ne prenderemo ! in esame in un prossimo ar- Gigi Ghirotti ; ticolo. ' Latina. La biblioteca per ragazzi in un Centro di servizi culturali della Cassa per il Mezzogiorno (Telefoto Team)

Luoghi citati: Altamura, Bari, Canosa Di Puglia, Italia, Latina, Puglia, Taranto