Nei fantasmi della sua follia vedeva la moglie fra le braccia di un uomo

Nei fantasmi della sua follia vedeva la moglie fra le braccia di un uomo L'operaio che ha ucciso la sposina e si èsparato a Carmagnola Nei fantasmi della sua follia vedeva la moglie fra le braccia di un uomo Peppino Puggioni, sin da ragazzo, andava soggetto a cupe crisi di malinconia - Era anche stato ricoverato in manicomio - Il padre della sposa sapeva, ma aveva ugualmente acconsentito alle nozze perché gli avevano detto che il giovane era guarito - Invece le ombre della pazzia hanno continuato a tormentarlo - Quando ha saputo che la moglie attendeva un bimbo ha subito pensato che lo avesse tradito Prima di uccidere la moglie e uccidersi. Peppino Puggioni ha scritto una lettera d'addio. L'ha ritrovata il maresciallo dei carabinieri Bovino. Poche parole: « Non 1 seppelliteci insieme. Portatemi accanto a mia madre, in Sardegna ». E' difficile capire come in poco più di un anno di matrimonio l'amore si sia trasformato in quest'odio che va oltre la ttomba. Si dice: « 1 fantasmi di una gelosia morbosa ». e non si è detto nulla. Non c'è scandaglio capace di sondare l'abisso di una mente ottenebrata dalla follia: alla superficie affiorano solo brandelli di frasi, di episodi. Chi li conosce, non ha saputo capirli e ora ne parla con reticenza. Dice Serafino Miscali. amico fraterno di Peppino: « Lo conoscevo fin da ragazzo. Anche allora era strano ». Crisi sempre più cupe di melanconia: allora sfugge tutti, si isola come un animale selvaggio, con i suoi fantasmi. Torti immaginari, timori irragionevoli, una spirale d'angoscia. Poi, all'improvviso, ritorna normale. Fino alla prossima crisi. « Uho fatto venire a Torino — dice ancora Miscali — perché pensavo che un lavoro regolare, la sicurezza economica, il nuovo ambiente l'avrebbero guarito ». Ma i fantasmi non sono radicati nel piccolo paese della Sardegna, dove si stenta la vita e le ore d'ozio forzato alimentano il mugugno. Peppino se li porta dietro e pochi mesi dopo il suo arrivo a Carmagnola una nuova crisi lo sprofonda nell'angoscia. Questa volta, c'è qualcuno che da un nome alla sua tristezza mortale: ed è un nome che porta il giovane in una clinica per malattie mentali. Quando esce, sembra migliorato. Ora ha un lavoro alle ferriere della Fiat, ma lo immalinconisce la solitudine della vita di pensione, le cene consumate in fretta, le serate vuote. Miscali, l'unico con cui si confida, gli dice: « Quel che ti occorre è una casa, una donna. Poi starai bene ». La donna c'è: Angela Contartese, che ha conosciuto nella trattoria dove consuma i suoi pasti solitari. Angela Contartese ha 24 anni, due sorelle più giovani ed è di Vibo Valentia, in Calabria. Ha già raggiunto l'età in cui, nel Meridione, si è guardate con un po' di commiserazione e capita di co gliere, sussurrata, la parola zitella. Dicono le amiche: « Passeggiava la sera sotto i portici del centro. Cercava marito ». Ora Miscali tentenna il capo e sentenzia: « Non so se fu un matrimonio d'amore ». Forse l'amore non ci fu nemmeno all'inizio: da una parte soltanto una struggente nostalgia d'affetto in un cervello oscurato, dall'altra l'ossequio a formule tarlate di convenienza sociale. Molti matrimoni hanno retto su questa base, ma non quando uno degli sposi entra nella casa accompagnato dai fantasmi della follia. Hanno chiesto a Michelangelo Contartese, il padre di Angela: « Sapeva che Peppino era stato in una clinica? ». Ha annuito: « C'è tornato anche durante il fidanzamento. Da agosto a ottobre ». Un mese dopo, a novembre, le nozze. Chiedono: « Non ha esitato, a dare la figlia a un uomo che era stato ammalato? ». China il capo: « Ci avevano detto che era guarito. Sembrava un ragazzo tranquillo, solo di carattere un ■po' triste. Pensavamo tutti che il matrimonio gli avrebbe fatto bene ». Non gli hanno l'atto bene le cure, né il lavoro e non lo guarisce nemmeno il matrimonio, che nella tradizione popolare è il toccasana di tanti mali. Le ombre che hanno accompagnato lo vqfcssposo nell'alloggio di via Gardezza-na sembrano anzi prendere corpo: diventano allucinazioni. « L'ho vista abbracciata con un altro uomo qui, in questa stanza », ha lasciato scritto Peppino Puggioni. I vicini sono concordi: «Nell'alloggio, non abbiamo mai visto entrare nessuno. Soltanto loro due, gli sposini ». Sposini senza luna di miele. « Erano felici? », chiedono al padre di lei. Risponde: « Forse, i primi tempi ». Poi crolla il capo, si infila le mani in tasca con un gesto rabbioso e volta le spalle. In via Gardezzana, in via Valobra, nelle vecchie case del centro di Carmagnola dove gli immigrati si mescolano alla popolazione piemontese, tutti seguono la vicenda di questi sposini. Ma quello che è un dramma della follia viene decifrato nella chiave stereotipata di un fai- so ottimismo: «E' la crisi di adattamento alla vita in due. Tutti l'abbiamo avuta. Pas- sera ». Invece di passare, diventa i sempre peggio. Peppino non l torna a cena, vaga come un cane randagio per le strade o corre a cercare conforto dall'amico Miscali: « Mi tradisce, capisci? ». Angela lavora otto ore in corsia all'ospedale, poi frequenta i corsi serali per il diploma di infermiera, ha altro per il capo che grilli, ma Peppino è sempre più stravolto: « Ora aspetta un bimbo. Non è mio ». Ne parla con un rancore cieco, che spaventa. Ci vorrebbe il medico, invece sono gli amici a interporsi, pacieri in questi dispetti di sposini freschi. Si prepara la rappacificazione: Angela viene indotta a chiedere un permesso all'ospedale, Peppino alla fabbrica. Per mercoledì. Verso sera, li vedono passare a braccetto per via Gardezzana e sorridono inteneriti: «Erano nuvole passeggere. Ora sono di nuovo in luna di miele ». Dodici ore dopo, all'alba, Peppino si sveglia nella casa popolata di fantasmi. Si veste, su una sedia è pronta dalla sera prima la borsa con il « barachin ». Ma non va al lavoro. Prende la pistola, ap poggia la canna a una tempia di Angela che dorme e preme i! grilletto. La giovane ha solo un lieve sussulto, una gamba scivola oltre il bordo del letto. Freddo, il giovane scrive: « Non seppelliteci insieme, portatemi da mia madre in Sardegna ». Poi sull'attenti accanto al letto, davanti al cadavere della moglie, alza la pistola al capo. g. m. Peppino Puggioni e Angela Contartele Maria Concetta e Michelangelo Contartese, genitori della sposa uccisa (Foto Moisio) miiiiimiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiim

Luoghi citati: Calabria, Carmagnola, Sardegna, Torino, Vibo Valentia