Il fratello di Singer di Giorgio Manacorda

Il fratello di Singer Ancora una saga del mondo jiddish Il fratello di Singer I. J. Singer: « I fratelli Ashkenazi », Ed. Longanesi, pag. 767, lire 4000. « Sabbia. Tutto quel che abbiamo costruito, l'abbiamo costruito sulla sabbia », mormoravano coprendosi gli occhi al funerale di Max Ashkenazi, che ormai era tornato « la polvere che era e tutto in lui è polvere ». Sembra che un nulla assoluto si chiuda sulla storia, che col crepuscolo della borghesia finisca il mondo. Il protagonista di questo romanzo di Israel Joschua Singer (fratello del più noto Isaac Bashevis) è il prototipo dell'indomita energia borghese-imprenditoriale in tutta la sua grandezza e in tutta la sua miseria, come ha notato Claudio Magris, sottolineando come nel romanzo ricorra « il gran tema dell'ascesa e della decadenza borghese ». Il tono epico dei Fratelli Ashkenazi, la tensione drammatica e -la catastrofe finale in cui il sistema si sfascia sotto la spinta della rivoluzione, sono contenuti all'interno di un ironico ed integrale storicismo che sembra nascere per antitesi da quell'assoluta tensione religiosa (ebraica) verso un assoluto che, nel momento in cui trascende il tempo-storia, permette il distacco e il sorriso sull'eterno e futile divenire umano: non solo Max Ashkenazi, ma anche il rivoluzionario Nissan è rapidamente bruciato dalla storia. L'ambiguità dell'atteggiamento di Singer nei confronti della « simbiosi ebraico borghese », che è il vero nocciolo del romanzo, si spiega solo cosi. Singer sembra avere affrontato l'impresa di scrivere questo « romanzo storico » per chiarire i (o per chiarirsi) il ruolo del ÌQ u m recente j storia deu'umamtà. Ma di | frQnte aUa compiessita dene t contraddizioni connesse al di- venire storico, la prospettiva ebraica, lungi dall'offrire una possibilità di analisi, ribalta Singer nella superiore difesa dell'ironia, che tutto coinvolge, sia la rivoluzione, sia, ma ben più drammaticamente, l'ebraismo. E' il dramma dei Singer che, emigrati negli Stati Uniti, hanno dovuto abbandonare una civiltà, quella dei ghetti ebraici polacchi, organizzata in un solido sistema di valori. Singer non sembra avere un atteggiamento nostalgico verso un mondo che riconosce inevitabilmente compromesso dalla storia, ma tenta di perpetuare la cultura del suo popolo senza cedimenti e palesando una capacità di emettere giudizi assolutamente impietosi anche nei confronti del proprio popolo. I fratelli Ashkenazi è una delle ultime opere della- civiltà ebraica ottocentesca e mitteleuropea scritte in jiddish: lingua che entro l'involucro di un alfabeto ebraico contiene un vocabolario tedesco e, ma solo in piccola parte, polacco ed ebraico. Per concludere, un libro importante di una cultura poco nota al grande pubblico, oggi praticamente inesistente in quanto tale, ma estremamente feconda nei suoi innesti sul tronco della cultura americana. Alcuni dei maggiori narratori contemporanei degli Stati Uniti derivano da questo connubio: Mailer, per esempio, e Bellow. Giorgio Manacorda

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