Per gli aiuti agli olivicoltori la Cee vuole vederci chiaro di Vittorio Zucconi

Per gli aiuti agli olivicoltori la Cee vuole vederci chiaro Chiesto all'Italia un rendiconto sui fondi Per gli aiuti agli olivicoltori la Cee vuole vederci chiaro La Comunità paga 125 miliardi di lire l'anno ai produttori italiani - Ma pare che vi siano irregolarità nelle denunce di produzione - Perché importiamo 120 mila tonn. di olio l'anno, se è vero che abbiamo 200 mila tonnellate di scorte? (Dal nostro corrispondente> Bruxelles, 30 gennaio. Il nostro Paese è il paradiso dell'olio d'oliva. Le statistiche ufficiali del governo italiano presentano cifre impressionanti: da soli, produciamo quasi come il resto di tutto il mondo insieme. Dà soli consumiamo la metà di tutto l'olio prodotto sulla terra. Ancora da soli, importiamo oltre la metà di tutto il volume commerciale. E, naturalmente sempre da soli, abbiamo la metà di tutte le scorte di olio esistenti al mondo. Leggendo queste cifre si ha l'impressione che il nostro Paese rischi veramente di affogare nell'olio d'oliva. Ma si ha, purtroppo, anche la chiara sensazione che qualche cosa non funzioni. Non occorre essere grandi _ economisti per comprendere che esistono contraddizioni clamorose in queste cifre. A Madrid, durante il « Consiglio oleicolo internazionale » svoltosi a dicembre, i rappresentanti italiani hanno presentato questo bilancio: scorte giacenti 200 mila tonnellate nel '69; produzione 445 mila tonnellate; importazioni 119 mila tonnellate; disponibilità totale 764 mila tonnellate; consumo 521 mila tonnellate; esportazione 15 mila. Nuove scorte '70: 228 mila tonnellate. Ma allora un Paese che ha scorte per 200 mila tonnellate deve importarne 119 mila? Forse i prezzi al consumo sono crollati? Oppure esistono gravi irregolarità (per non dar loro un nome peggiore) all'atto della denuncia delle produzioni? A Madrid, riferiva un funzionario della Comunità, gli altri Paesi presenti non hanno neppure voluto commentare queste cifre. La commissione esecutiva della Cee, da quattro anni « non è in grado dì fornire dati precisi sul consumo dell'olio in Italia» (sono parole del rapporto generale sull'agricoltura). Il Parlamento europeo ha chiesto al nostro Paese di presentare entro il giugno prossimo « il rendiconto dei foìidi concessi dalla Comunità all'Italia nel settore dell'olio d'oliva », dopo quattro anni di versamenti. In caso contrario, una commissione di inchiesta verrà a indagare sulle cause di questa mancanza. E' una situazione molto ingarbugliata, nella quale, inutile nasconderlo, non facciamo una bella figura di fronte ai nostri partners comunitari. Un «brutto pasticcio» Come si è arrivati a questo «pasticcio dell'olio d'oliva?». Nel 1966, la Comunità europea, dopo avere studiato la situazione dei grassi vegetali, decise di adottare, attraverso il Fondo agricolo, un sistema di aiuti e sovvenzioni per i produttori italiani di olio d'oliva. Era una conquista tutta nostra, poiché l'Italia è praticamente l'unico produttore della Cee (la Francia non raggiunge le 2000 tonnellate annue). La Commissione stabiliva qual era il prezzo medio dell'anno sul mercato mondiale, in genere più basso di quello italiano, perché l'olio proviene da Paesi in via di sviluppo, o da altre nazioni, come la Russia, che praticano prezzi non di mercato, e fissava una cifra integrativa per compensare i mancati guadagni dei produttori di casa nostra. Nel 1966-67 (la stagione va da novembre a marzo) al ministero dell'Agricoltura arrivarono 900 mila richieste di aiuto, denuncianti una produzione di 319 mila tonnellate. Nel 1967-68, quando la direttiva comunitaria si diffuse, piovvero 1.717.000 di richieste (produzione dichiarata 590 mila tonnellate, accertata 560 mila). Nel '68-69 le richieste sono state 1.100.000 (produzione 473 mila) e durante l'ultima stagione sono rimaste stabili sulla stessa cifra. Secondo la prassi, le autorità italiane devono controllare « tutte » le richieste e trasmettere quelle « sincere » alla Comunità per il prezzo integrativo. Basterà un solo esempio: nella Provincia di Bari, le domande hanno sfiorato il numero di 80 mila e i tns2msilSvplsqcmp i funzionari addetti ai controlli sono, secondo la Comunità, « una quindicina. ». Intanto, la Comunità ha sborsato una media di circa 200 milioni di dollari (125 miliardi di lire) l'anno per sovvenzionare i produttori italiani e sta ora liquidando le pratiche relative al 1969. Sono soldi che i Sei paesi versano all'Italia soltanto, perché, ripetiamo, siamo i soli produttori nella Cee. Quest'anno e l'anno scorso, la quota di sovvenzione è stata circa di 43 dollari (quasi 30 mila lire) al quintale, ma i I prezzi hanno continuato a sa-1 lire (al consumo) e gli stock di scorta a crescere. Anche le statistiche sul consumo lasciano molti dubbi: l'ultima cifra accertata ufficialmente dalla Comunità è del '66 e parla di 430 mila tonnellate. Secondo le autorità italiane, nel '69 è stata di 521 mila tonnellate, con un aumento del 25 per cento. Acrobazie contabili Di fronte a questa valutazione, la commissione non ha voluto produrre le statistiche, per comprensibili ra¬ gioni: sembra che dal '66 ab bla registrato addirittura una flessione nel consumo, e solo recentemente l'Italia sia tornata ai livelli precedenti. Ma sono soltanto voci. La verità è che esistono frodi all'atto delle denunce di produzione: il governo fa il possibile per vagliare ed accertare la verità, ma in attesa di riuscire a fronteggiare la marea delle richieste (alcune stimolate anche da motivi elettorali) esso deve ricorrere ad acrobazie contabili per giustificare contraddizioni insanabili tra boom della produzione, delle importazioni e delle scorte. Vittorio Zucconi