Un artista estroso e provocante alle sfilate di Parigi | La decisione sui teatri di posa della Via Pontina

Un artista estroso e provocante alle sfilate di Parigi | La decisione sui teatri di posa della Via Pontina Un artista estroso e provocante alle sfilate di Parigi | La decisione sui teatri di posa della Via Pontina De Laurentiis non chiude Dinocittà spera nell'intervento del governo St-Laurent, in amore e jn guerra Il sarto ha riproposto con impudenza un'epoca dolorosa della storia, ritrovando le donne del 1945, che, secondo lui, erano bellissime - Si è riscattato con una serie di abiti erotici, su disegni greci (Dal nostro inviato speciale) Parigi, 29 gennaio. Di solito Yves Saint-Laurent non ha paura. Osa. Questa volta ha osato molto. Si è messo a giocare con la guerra. Prima della sfilata, oggi pomeriggio, ha detto questa frase: « Non ho mai visto le donne così belle come nel 1945 ». Sapeva di dire qualcosa di provo" liorio. in certo modo proibito, di bruciante. Nessuna donna ricorda se fu bella, nel 1945. Ricorda di aver pianto, in un anno spaccato a metà e in un mondo stravolto. Quella primavera con le suole dei sandali alte che abbiamo ritrovato in una copia esatta poche ore fa sulla pedana del suo atelier, era stata piena di sangue. Quell'estate la si passò con le gonne striminzite e se. sotto alla giacchetta talvolta ricavata dall'abito rivoltato dell'uomo di casa, forse ancora prigioniero chissà dove, non c'era nulla, come è piaciuto a lui farci rivedere, non è perché si fosse sfrontate, ma perché si era povere. Accostarsi all'epoca delle « Am-lire » e degli alleati, del Tombolo, degli ultimi maquis, del passo dei tedeschi in ritirata che ancora risuona negli orecchi, e farlo con uno chemisier cortissimo, a pieghe o con la stellina di Strass applicata un po' dappertutto, proprio come richiamo alle stellette dei soldati, è avvicinarsi alla dinamite. Saint-Laurent è andato ancora più oltre, ha ricostruito il periodo dal '40 al '45, e di questa prova, sul filo da acrobata, dev'essere stato talmente preoccupato che ha sentito il bisogno di addolcire il finale. Con una vera capriola da saltimbanco, eseguita al solito da campione, ha « chiuso » con la suite erotica: le tuniche alla greca, stampate con le immagini dei vasi, delle anfore, dei fregi e la femmina ed anche il maschio nudi e nel primo approccio amoroso, tutti rosati su sfondi azzurri, rossi o marrone. Così era anche la sua sposa, con lo sposo disegnato sul petto e la testa grondante di candidi mughetti: in. bilico fra l'innocenza e l'erotismo più sfacciato. Non è stato tuttavia questo colpo « a sorpresa » a sgelare l'iniziale silenzio greve delle due sale di rue Spontini, ad attenuare il senso di sofferenza quasi fisica che hanno provocato le prime apparizioni delle tante Eva Braun e delle tante Claretta Petaccì, con tutti i loro fantasmi ed anche il loro dolore. E' stata l'abilità, diciamo pure la magia di questo ragazzo tinto di biondo che, con i suoi occhiali da professorino ed una camicia ricamata a fiori di prato, occhieggiava di continuo da dietro una porta, assaporandosi via via lo stupore, la ribellione, l'incantamento dei suoi occhi. Infatti a poco a poco è accaduto che le armi, la mise- ì ria, le macerie sfumassero dietro alle sue donnine con la testa aH'henné tutta ondulata e schiacciata entro cappelline di cotone, con l'ala rialzata davanti, la cui aria era sempre più distesa e contenta. Alcune erano figure da boulevard parigino, quelle che, a quei tempi, filando in bicicletta con le coscie nude e le scarpe ortopediche strizzavano l'occhio ai militari, forse canticchiando il motivetto in voga: «Je suis faite comme ga, j aime ce qui m'alme; est-ce ma laute à moi, si ce n'est pas le méme que j'aime chaque f ois? ». O, magari, con il loro mantello stretto in vita e chiuso dietro da un (modesto) pezzetto dì martingala, la spalla quadra ScdstaIil rever a punta a pois de poule bianchi e ne ri, trottavano via veloci e zitte: erano staffette, portaordini, coraggiose ragazze che rischiavano sorridendo la pelle. C'è stato qualche intermezzo molto glamour, vagamente hollywoodiano, le indossatrici mezzo sangue, abbastanza in polpa, in calzoncini e reggiseno nero, tagliato volutamente troppo stretto su cui era infilato il giaccone a spalle altissime di volpi bianche o di un violento color arancio. Altre volte queste bellezze avevano il turbante alla Carmen Miranda, a pois giganti attorcigliato sulla nuca. I fourreaux da sera neri avevano ricami molto ironici sulle spalle o attorno alla vita in paillettes d'oro: in quelli in organza chiara il bustino era una curiosa spalliera di tralci e di roselline. Lo smoking nero aveva soltanto, sotto la giacca severa, un cai zoncino: sul seno due spalline di Strass esilissime e incrociale. Alcuni chemisiers, morbidi, con sciarpe e tagli in sbieco, in seta stampata con le venature del marmo, sono parsi, a tratti, addirittura classici: qualche tailleur pantalov nero o blu con la blusa incrociata sul petto in georgette rosa aveva una singolare apparenza di ricchezza. II personaggio di questa collezione è stato tuttavia la donna qualsiasi, la sconosciuta che passa per strada. Ha la scollatura a punta su cui sono fermate le clips di aime ce qui malma laute à moi, pas le méme que ue f ois? ». , con il loro man in vita e chiuso n (modesto) pezartingala, la spalil rever a punta I c Strass, su cui appoggiano piccoli tulipani rossi o grosse dalie azzurre puntate anche sulle gonne, con tutto il cattivo gusto degli accessori in quegli anni. La gonna le si alza nel camminare, tanto è misera e stretta. Ma lei è felice. « Perché — spiega Saint- IllllllllllllllllllllllllllllllllllIllllllllllilllllllllllll Laurent — vive in un periodo che, in mezzo a tanto dramma, fu a suo -modo fortunato: lavora, soffre e crede in qualche cosa. Che cosa le importa di avere addosso soltanto un metro di stoffa? C'è l'avvenire davanti a lei. E si illude che sia luminoso ». lllllMIIIIIIIIIIlllllllIlllllllllllllinilllllllllIIIIIUII Saint-Laurent teme che oggi il nostro avvenire sia buio, senza speranza, né luce. Forse per questo egli ha amato ed ama così fortemente un'epoca drammatica ma eroica? E' su questa domanda, e su molte altre più concrete, che riguardano il futuro e l'evo¬ IIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIillMI luzione della moda, che si è chiusa la settimana della haute couture francese. Difficile, ma ricca, al solito, di stimolanti contrasti. Mirella Appiotti — ; •♦ Morto il compositore che lavorò per Clair (Nostro servizio particolare/ Parigi, 29 gennaio. Georges van Parys, compositore di centinaia di canzoni e della musica di decine di film, si è spento la notte scorsa a Parigi all'età di sessantotto anni. Destinato ad essere avvocato, Georges van Parys cedette alla passione della musica ed entrò giovanissimo, come pianista, in un locale notturno parigino dove conobbe a poco a poco tutti i cantanti e gli attori in voga prima della guerra. Diventò rapidamente l'accompagnatore dei giovani « lupi » della canzone, che avevano nome Maurice Chevalier, Lucienne Boyer, Yvonne Georges. Piaceva, e le sue canzoni allietavano le vie di una Parigi ancora spensierata e godereccia: « Le silence est d'or », « Belles de nuit », « Un jour tu verras ». La gloria massima gli arrise però dopo l'incontro col regista René Clair, nel 1930, e per il quale scrisse la musica del film 11 milione alla quale seguirono molte altre ed anche alcune operette tra cui Une femme par jour che riportò un successo clamoroso. Georges van Parys si è spento quando nessuno se l'aspettava e mentre si accingeva a dare alle stampe un « diario » nel quale ha raccontato la sua amicizia con Jean Cocteau, René Clair, Marcel Achard. 1. m. ♦ Hollywood risparmia : licenziamenti in Europa Hollywood, 29 gennaio. Nei primi quattro mesi del 1971, la United Artists licenzierà 325-350 persone dai suoi uffici in varie parti del mondo. Ciò comporterà un risparmio fra i quattro e i cinque milioni di dollari all'anno. Si tratta di una diminuzione del 15 per cento del personale. La prima ad essere colpita è stata la « divisione europea » di Parigi, completamente abolita. La United Artists cercherà anche di risparmiare in altri settori, e di abbassare il costo medio dei film. (Ansa ■ Upi) «Credo che i miei fare l'interesse dei l E o a i , — a e n e - a o (Nostro servizio particolare) Roma, 29 gennaio. « Dinocittà » non chiude. Lo ha deciso questa mattina Dino De Laurentiis nel corso di una riunione alla quale hanno partecipato il presidente dell'Anica, avv. Eithel Monaco, i rappresentanti sindacali del settore spettacolo e i membri della commissione interna degli stabilimenti sulla Via Pontina. « La decisione è forse sbagliata — ha dichiarato il .produttore — come lo è stata forse quella analoga presa nel '69. Ma la considero opportuna. Credo che il mio complesso sia uno strumento indispensabile a disposizione del cinema italiano, e credo di avere agito nell'interesse dei lavoratori ». « Oltre tutto — ha proseguito — non vorrei che si pensasse ad un mio tentativo di strumentalizzare le inevitabili agitazioni sindacali per i lavoratori licenziati per una pressione sull'ente gestione cinema. Con questo io intendo condurre una trattativa in atmosfera di piena serenità e alla luce del sole ». In un comunicato i rappresentanti dei sindacati del settore, preso atto della decisione, esprimono il proposito di continuare un'azione di vigilanza e di lotta per la salvaguardia dei lavoratori interessati. La chiusura degli stabilimenti, insomma, non è un fatto immediato. Ma tutta la questione rimane aperta, ed ogni soluzione è ancora possibile. Dopo l'altalena di vqci dei giorni scorsi, le contrastanti opinioni che cineasti anche autorevoli avevano espresso sull'argomento, la decisione di De Laurentiis non ha contribuito a rendere meno oscura — per i più — tutta la faccenda. I teatri di posa sorsero nel 1961. Servendosi dei vantaggi offerti dalla Cassa del Mezzogiorno e con un prestito Imi, il produttore fu alla testa di 'un complesso .ultramoderno. Erano gli anni in cui crollava la Titanus, e si smobilitavano le strutture dell'Emo Eci. Era il momento, anche, in cui si giravano in Italia gli ultimi « kolossal » hollywoodiani tipo Cleopatra. Il cinema americano intraprendeva una nuova politica produttiva, cominciava a diminuire sensibilmente gli inve stimenti all'estero e ad abbandonare la strada del film ultracostoso. Neppure gli accordi prò duttivi italo-americani davano i frutti sperati: i film nati qui e destinati al mercato statunitense non riscuotevano i favori previsti, scontentavano sia gli spettatori italiani sia quelli d'Oltreoceano. De Laurentiis, che era stato uno dei pionieri di una cinemato grafia di dimensioni internazionali,- fu uno dei primi ad avvertire il contraccolpo di questi frangenti. Già nel '62 correvano voci poco rassicuranti sulla sorte di Dinocittà voci che si sono puntualmen te rinnovate negli anni sue cessivi. Oggi De Laurentiis ha rie pilogato le ragioni per cui era arrivato alla determinazione di chiudere gli stabilimenti. La concorrenza esercitata da Cinecittà, società a partecipazione statale, che pratica prezzi inferiori ai suoi e rifiuta di trovare con lui un accordo; e, in secondo luogo, la sistematica violazione della legge che prescrive l'obbligo di girare almeno il 70 per cento degli interni previsti dalla sceneggiatura in teatri di posa italiani adeguatamente attrezzati. Non si è soffermato sulle richieste in precedenza avanzate perché lo Stato prelevi i suoi stabilimenti, e magari smobiliti Cinecittà. Fra le ragioni che lo hanno indotto a non chiudere DzertdsctsTrdcilcpe■ 1aAmdmcltlsagm«dd iiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiliiiiiiiiniiiiiiiiiiiiini inni! ffe compiuta a Roma stabilimenti siano utili al cinema italiano avoratori » - Il produttore aspetta la riform Dinocittà ha indicato l'annunziata ristrutturazione degli enti di Stato e la nomina dei relativi organi, «provvedimenti che mi danno la certezza di poter finalmente avere presto un preciso interlocutore con cui avviare una concreta trattativa »: la formale assicurazione del ministro del Turismo e Spettacolo di far rispettare la legge sull'uso dei teatri di posa: « La necessità — infine — di evitare il grave provvedimento del licenziamento del personale dipendente ». « La mia scelta di oggi — egli ha ribadito — è un atto di fede verso il governo, i sindacati, gli enti di Stato cinematografici, i lavoratori e il cinema italiano in genere ». Liliana Madeo — ~+—; . Chiede il divorzio la moglie di Strehler (Dal nostro corrispondente) t Milano, 29 gennaio. (g. m.) Davanti al presidente della nona sezione civile del Tribunale di'Milano verrà discussa la causa di divorzio intentata dalla moglie del regista teatrale Giorgio Strehler. Stamane il regista egli ha ribadito — è un atto è stato atteso invano al pa■ 111 ( il 11 ■ 111111 ■ 111 ii 111111111 ■ i i 111 • 11111 ii 111 ii i ■ i ■ ■ il ■ il 11111 ii • in i ■ ■ 11111 11111111111111 ii ■ 1 e sono convinto di a degli enti di Stato lazzo di giustizia a Milano. L'udienza è stata rinviata. Il divorzio è stato chiesto dalla moglie di Strehler, la coreografa Rosita Lupo Stanghellini, dopo 12 anni di separazione effettiva dal marito. La Stanghellini, nata 50 anni or sono a Crema (Cremona), si sposò con il coetaneo Strehler a Milano 1*11 febbraio del 1943. Dopo 15 anni i due coniugi, che non hanno avuto figli, decisero di comune accordo di separarsi. La signora Lupo Stanghellini non ha avanzato alcuna richiesta di alimenti, ha chiesto solo il divorzio. 1 r 111111 MiiiiiMiiiiiiiiiiiimiiiiiMiiiiiimiiiiii sto solo il divorzio.