Una corte fra i "bassi,, di Francesco Rosso

Una corte fra i "bassi,, LA MONDANITÀ IN ITALIA; NAPOLI Una corte fra i "bassi,, Dalle piccole botteghe dei vecchi quartieri è uscito un gruppo ristretto di nuovi ricchi - Per la scalata sociale non tentano nemmeno di mischiarsi all'aristocrazia: preferiscono la politica, cercando voti tra la plebe sterminata e povera (Dal nostro inviato speciale) j Napoli, gennaio. Con urgenza, Elena duches- j sa di Serracapriola mi telefona da Sorrento: « Che mi I ha fatto dire in quel suo ar-1 ticolo sui Borbone? »: sussul- ; to, come se avessi compiuto j chi sa quale misfatto di lesa | amicizia. Cerco la frase in- j criminata. « Povera Urraca; la prima volta che l'ho vedu- \ ta mi sembrò una contadina », ho scritto parlando della principessa Urraca di Borbone. Non mi ha detto cosi? I j « No — corregge con energia i j la duchessa di Serracaprio| ia —. Ho detto: "Povera Urraca. lavorava come una contadina", ed è vero ». Briganti e Borboni Fa molta differenza? Non saprei, ma ciò rivela quanto j | il borbonismo abbia radici ; profonde a Napoli, al punto che si stampa L'Alfiere, un j ] periodico che si definisce tra-, dizionalista, in cui è stata pubblicata una storia di Giacinto De Sivo ch'è tutta una riabilitazione del brigantaggio napoletano seguito all'Unità d'Italia, ed i briganti ricevono assai più lodi di quante ne abbiano ricevute i partigiani dopo la Liberazione. Ma Napoli rimane città di grande interesse proprio per questi suoi contrasti insanabili, con un occhio che non può staccarsi dal suo passato di capitale e l'altro affascinato dal nuovo corso, meno romantico del periodo in cui regnarono i Borbone, e nello stesso tempo non molto dissimile perché, come allora, la grande ricchezza dei pochi contrasta con l'umi- j haute povertà dei molti. Andando alla ricerca di vita sociale, è comprensibile che non vada a cercarla nei j « bassi », che pure sono il più j vistoso effetto coloristico di Napoli, grazie soprattutto ad una certa letteratura e ad un cinema che ha distorto non poco la fisionomia di questa città. Eppure, se si vuol comprendere anche quel poco di socialità partenopea che sopravvive, ma stentatamente, come il borbonismo, bisogna proprio partire dai quartieri più umili, da Forcella, da Santa Lucia, dal Pallonetto per comprendere che a Napoli, diversamente da ogni regione dell'Italia centro-settentrionale, non ci sono classi sociali differenziate e nello stesso tempo integrate. A Napoli, e penso in tutto il Mezzogiorno, non esiste, ad esempio, una borghesia imprenditoriale di una certa consistenza; c'era l'aristocrazia, un tempo classe dominante ed ora quasi tutta impoverita per mancanza di iniziativa e per incapacità a rinunciare allo sfarzo cui l'aveva abituata la Corte borbonica; c'è una classe di professionisti, medici, avvocati, ingegneri, notai, gente colta e raffinata, ma troppo pochi per pretendere di assumere la guida sociale di Napoli; poi c'è la plebe, sterminata e povera, che ogni tanto esprime qualche personalità che s'impone con l'astuzia e la ricchezza arraffata non importa in quale modo. Ma anche questi nuovi ricchi sono pochi, anzi pochissi¬ mi, se si devono giudicare, dal peso specifico del loro portafogli. Non di rado si tratta di ricchezza costruita sulla sabbia, come quella dell'impresario Mario Ottieri, detto Gennariello 'u maragià, che con la speculazione edilizia mise insieme miliardi, tanto da comperarsi il palazzo principesco dei Carata della Roccella, e suggerire a Franco Rosi il film Le mani sulla città. Bene, Gennariello 'u maragià è finito in carcere per bancarotta fraudolenta. Chi non ricorda la corte formata,si attorno ad Achille Lauro, quand'era sindaco e nuovo monarca di Napoli? Dacché l'anziano armatore si è un poco isolato, anche i suoi cortigiani si sono volatilizzati e molte fortune che parevano solidissime si sono dissolte completamente. Di nuovi ricchi ve ne sono ancora a Napoli, ma non molti; di impresari edili del calibro di Corrado Feriamo ve ne saranno forse dieci; il resto sono bottegai che hanno messo insieme discrete fortune con il commercio all'ingrosso, soprattutto con gli ortofrutticoli. Verso Posillipo « Questa piccolissima borghesia, possiamo chiamarla cosi, è molto ricca — mi dice Sebastiano Marnili duca d'Ascoli, imprenditore — ma non s'inserisce nella vita sociale della città, non gl'iuteressa. Al massimo, acquista l'appartamento lussuoso a Posillipo, in via Petrarca od in via Orazio, ma non va oltre ». Che proprio non vada ol-, tre mi sembra eccessivo, e i me lo conferma Michele Pri-1 sco, che la sua Napoli la conosce bene. Una piccolissima borghesia, molto ricca, tenta l'arrampicata sociale non in direzione dell'aristocrazia, per la quale non nutre molta stima, ma in direzione politica, cercando il favore delle masse come ser-1 batoio dì voti. Non si ripete a Napoli il fe nomeno che si riscontra a I Milano, Firenze, Roma: del- ' la società snobistica che arreda l'appartamento nei quartieri popolareschi, a San Frediano, a Trastevere, in via Fiori Chiari; il centro di Na-1 poli diventa sempre più inabitabile, da passarci in fret ta col naso fra le dita. E co loro che, fatti i quattrini, so no riusciti a sfuggire dai vicoli, sono saliti in alto, a godersi finalmente il mare che | non avevano mai veduto, pur | avendolo a due passi dalla soglia dei fetidi e sovraffol- 1 i lati « bassi ». Qualcuno orga' nizza feste che poi fanno par- ; i lare per settimane quelli che | nei « bassi » sono rimasti, | specie se possono leggere i \ | nomi degli invitati nei « mo| sconi », coordinati da Maria I i Rosa De Vito Piscitelli Cej sareo su II Mattino, il solo | | quotidiano d'Italia che ospiti ima rubrica mondana come questa. Mi raccontano d'una festa ! all'insegna dell'uva, nel set| tembre scorso, cui gli inviI tati dovevano partecipare abbigliati da ninfe, satiri, baccanti, menadi. Un noto architetto aveva trasformato il parco della villa in una fantastica reggia di Bacco; il solo buffet, fatto giungere appositamente da Roma, era costato più di sei milioni. J Poco dopo, la Napoli dei I « bassi » curiosa di mondanità ebbe altri brividi; un ricchissimo impresario, con superattico a Posillipo, fece giungere in volo « sei Blue Bell girls sei » del « Lido » di Parigi perché allietassero con le danze (l'orchestra pare fosse di Napoli) i suoi molti, ricchi ospiti. Sono eccezioni, d'accordo, stramberie in una città che tende ad appiattirsi totalmente sul piano sociale. E si tratta di stranezze compiute da persone che hanno interessi politici; gli altri, come mi dice Michele Prisco, hanno ambizioni più modeste: la bella casa, il gioiello, il night club. Partire da zero « Non gl'interessa frequentare un certo tipo aristocratico — mi dice Licia Compagna — di far parte del Circolo del tennis, o di quello Nautico; frequentano i night clubs, vanno a Capri, organizzano cene pantagrueliche nei grossi ristoranti. Strana questa città, un tempo piena di punte ed oggi totalmente appiattita. Ma proprio questo evita il pessimismo assoluto su Napoli; proprio per il fatto che non c'è più nulla, o quasi, rimane spazio- per molte cose, anche per Urraca di Borbone: cioè si ha la sensazione che tutto possa ancora accadere ». Francesco Rosso