Dal caos di "Dada,, un gustoso spettacolo

Dal caos di "Dada,, un gustoso spettacolo « L'IMPERATORE DELLA CINA » Dal caos di "Dada,, un gustoso spettacolo L'opera di Ribemont all'Unione Culturale Singolare destino quello di Georges Ribemont - Dessaignes, autore dell'Imperatore della Cina che il gruppo « Space re(v)action » di Roma ha offerto ieri sera a Palazzo Carignano ai soci dell'Unione culturale e che si replica stasera per tutto il pubblico: ultimo dei « santoni » Dada, ancora vive sulla Costa Azzurra, fu tra i primi, anzi un precursore (inconsapevole: ma Dada era nell'aria) del movimento di Tzara e Picabia. La sua pièce infatti, scritta durante la guerra senza alcun sentore delle turbolente serate al cabaret Voltaire di Zurigo, fu la prima opera teatrale pubblicata, nel 1921, dai dadaisti. Altro tratto singolare, la commedia fu data soltanto nel '25, e al di fuori delle manifestazioni dadaiste. Da noi, è stata rappresentata nel 1927 da Bragaglia, chi sa come poi, e ora da questi giovani che recentemente l'hanno portata, addirittura, a Parigi dove L'imperatore della Cina attende ancora di essere ripreso nella lingua in cui fu scritto. Eppure nella sua furia distruttrice (che, di atto in atto, pervade un immaginario autocrate orientale, la sua incestuosa figlia Onane e l'usurpatore Verdiot), nella sua rivolta contro i dogmi e le idee correnti, nel suo barocchismo talvolta ermetico e tuttavia ricco di calzanti immagini e di momenti di gran teatro, è un testo niente affatto « archeologico ». Nel metterlo in scena, il gruppo d'avanguardia diretto da Giancarlo Nanni, un pittore trentenne che da qualche anno compie un lavoro di sperimentazione teatrale un poco eclettico ma in profondità, non ha tenuto molto conto dei suoi motivi di scandalo, tranne quello, principalissimo, della frantumrzione del linguaggio. Il testo viene infatti recitato (se così si può ancora dire) nella sua integrità, o quasi, la parola diventa fonema, semplice segno, ma, scusate la contraddizione, non significante. E ad essa, gridata sussurrata rantolata distorta parodiata e derisa, si sovrappongono ondate di musiche classiche pescate nel kitsch ottocentesco (o manipolate come se fossero kitsch) e di canzonette novecentesche. Non si tratta di un ricu¬ pero, del resto impossibile, del teatro Dada, tanto più che lo spettacolo porta tracce, vistose perché non tutte assimilate, sia del futurismo italiano sia di più recenti esperienze teatrali, come quella di Carmelo Bene: gli stracci in cui gli attori, con il volto clownescamente truccato, s'avviluppano e dai quali si svolgono, il ciarpame che ingombra il palcoscenico, il flusso ininterrotto di azioni mimiche e gestuali che contrappuntano o contrastano il dialogo. Spettacolo caotico, oltre che un po' ad orecchio? Certamente, ma c'è anche gusto, intelligenza e persino a volte coerenza in questo caos dove ribollono umori di ogni sorta, non esclusi quelli di un'allegra ferocia e di un demistificante erotismo. E poi gli otto interpreti si prodigano sino all'esaurimento, soprattutto Manuela Kusterman che ha alcune accensioni ed esplosioni veramente straordinarie. Peccato che la nuova disposizione della sala degli Infernotti non consenta di dare lo spettacolo in mezzo al pubblico cosi com'era stato originariamente concepito: l'impaccio e la angustia di una scena all'italiana sono talvolta evidenti. a. bl.

Persone citate: Bragaglia, Carmelo Bene, Georges Ribemont - Dessaignes, Giancarlo Nanni, Manuela Kusterman, Picabia, Tzara

Luoghi citati: Cina, Parigi, Roma, Zurigo