Vera insurrezione che lascerà il segno

Vera insurrezione che lascerà il segno TRA GDYNIA E DANZICA Vera insurrezione che lascerà il segno (Dal nostro inviato speciale) Gdynia, 13 gennaio. Una fila quasi ininterrotta di cantieri navali e fabbriche ausiliarie; villette di funzionari, grandi caseggiati ] operai, e poi gli alberghi eleganti di Sopot — centro di vacanze estive — che s'affacciano sul Baltico. Una popolazione d'emigrati (soprattutto- di giovani) sradicata nel dopoguerra dalle terre dell'Est cedute all'Unione Sovietica e venuta dalle più povere regioni contadine della Polonia centrale. Gente senza passato su questa terra che venne abbandonata nel '45 dagli abitanti d'origine tedesca, e spesso con le famiglie e gli affetti rimasti a centinaia di chilometri, nelle campagne. Un paesaggio spento, ma con il fascino dei mari del Nord: dune, gabbiani e boschi di betulle battuti dal vento. Su questa striscia costiera di 25 chilometri, da Danzica a Gdynia, relativamente prospera e fortemente industrializzata, si è deciso il destino di Gomulka, rovesciato da un'insurrezione violentissima e disperata, con pochi precedenti nell'Europa del dopoguerra. Abbiamo cercato di ricostruire ora per ora con la testimonianza di operai, studenti, dirigenti delle fabbriche e funzionari di partito, quello che accadde da lunedi 14 dicembre sino alla domenica successiva, quando l'annuncio di Radio Varsavia del crollo dei « gomulkiani» fece cessare gli ultimi spari. Da questa zona subito isolata dalle truppe filtrarono in quei giorni notizie contraddittorie e frammentarie. Alcune incertezze rimangono, come la triste contabilità dei morti: 42 in tutta la Polonia, secondo i dirigenti di partito a Danzica, e almeno tre volte di più nei bilanci non ufficiali. Negli ospedali di Gdynia e di Danzica sono ricoverati ancora circa 300 feriti (secondo altri un migliaio). Forse sulle cifre peseranno per sempre molti dubbi. Si sa adesso invece con sicurezza che le dimostrazioni nelle città baltiche non furono confusi tumulti di piazza, ma una grande insurrezione popolare che lascerà un segno profondo sul futuro della nazione. L'aumento generale dei prezzi venne comunicato la sera di domenica 13 dicembre. Il malumore operaio covava da tempo per l'abolizione delle ore straordinarie e le voci che giravano nelle fabbriche di un altro prossimo rincaro della carne e del carbone. A Katowice, a Stettino, a Varsavia c'erano già state manifestazioni e scioperi. « Qui a Danzica — dice un operaio dei cantieri Lenin — non sapevamo niente di preciso, i sindacati ci rassicuravano. Da anni protestavamo per le nostre condizioni di vita. Il comitato locale del partito trasmetteva le lagnanze a Varsavia e la risposta era sempre la stessa: bisogna aumentare la produzione ». Quando arriva la notizia degli aumenti, reparti del primo turno dei cantieri Lenin si riuniscono e discutono aspramente con i sindacalisti, accusandoli di avere dpdficsna—cfnzirinunciato ancora una volta ai difenderli. La riunione fi- nisce alle 10 di lunedì 14 Alle 11,30 un migliaio di ope-rai escono in corteo dal cantiere, diretti verso il palazzo del Comitato comunista di Danzica. Sono in tuta e hanno sull'elmetto la scritta « W3 », il reparto di saldatori, soggetti al lavoro più faticoso, all'aperto nel gelo del lungo inverno baltico. Hanno sconfessato i sindacalisti ed eletto un comitato di sciopero. Al palazzo del Comitato non trovano il segretario che è a Varsavia, all'assemblea generale di partito per varare gli aumenti. Chiedono di entrare lo stesso, discutono con i poliziotti. Quando si sparge la voce che li hanno arrestati, altre migliaia di operai abbandonano il lavoro e vanno in loro soccorso. Un altro corteo operaio (è l'una del pomeriggio) si dirige verso il Politecnico per chiedere la solidarietà degli studenti. Il rettore si fa incontro ai dimostranti, inneggia alla disciplina socialista e viene preso a schiaffi. Gli studenti però non si muovono. « Bruciava ancora — dice una ragazza — il ricordo del '68, quando centinaia dì studenti e professori vennero espidsi dalle Università di tutta la Polonia senza che gli operai alzassero un dito ». Si spara Alle 4 del pomeriggio, presso il ponte di Blednik, c'è il primo scontro con la polizia. La milizia ha in quel momento a Danzica solo 300 uomini e arretra davanti ad una folla, per la maggioranza di giovani, che grida « Pane, bugiardi». Volano in pezzi le prime vetrine e alle 18 gruppi di operai assaltano pil palazzo del Comitato cen- j trale, devastando la tipogra- j iiiiiiiiHiiiiiiiNiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiuii fia che è negli scantinati. La | polizia lancia gas lacrimogeni, ma ancora non spara. La notte nella piazza della stazione bruciano in un immenso falò centinaia di alberi di Natale, che i manifestanti hanno portato via da un deposito. « Intanto a Gdynia — dice un testimone — una delegazione dei cantieri locali era andata dal sindaco Marianski, che aveva solidarizzato con le loro richieste. La polizia circonda il Municipio, arresta gli operai e il sindaco. E' un gesto di stupida intimidazione e come risposta gli scioperi si estendono a catena in tutti i cantieri della zona ». Ma il centro della rivolta rimane ancora Danzica, dove alle 7 del mattino si comincia a sparare. La milizia fa partire le prime raffiche, gruppi di giovanissimi operai prendono dei camion e li lanciano a cento all'ora verso i poliziotti, saltando giù all'ultimo momento. Uno cade e si fracassa la testa: è il primo morto di Danzica. « A fuoco il partito! » gridano ora i dimostranti. Comincia la battaglia attorno al Comitato comunista, volano le prime bottiglie Molotov. Il palazzo brucia, mentre i dirigenti, fra gli ululati della folla, schizzano velocemente dalle finestre del primo piano. « Ha fatto im¬ mcptgnmdntodcpngz—ppressione — ha scritto il | giornale del partito comunista di Danzica — la passività della gente, che assisteva all'incendio senza venire in soccorso dei funzionari ». Alle 10 di martedì arriva l'ordine ai soldati, affluiti in città, di aprire il fuoco sui ribelli. E' in azione l'unità della Guardia costiera, appoggiata da elicotteri. I dimostranti catturano tre mez j zi blindati e nello scontro j un apprendista dei cantieri, iiwiim muore schiacciato sotto i cingoli. Lo portano sulla piazza della stazione, coperto di fiori, e decine di migliaia di cittadini sfilano di notte davanti al cadavere. C'è ormai il coprifuoco, ma Danzica fino al mattino di mercoledì resta nelle mani dei rivoltosi. Si spara in tutte le vie del centro, gli operai hanno preso le armi dai depositi della milizia dei cantieri e le strappano ai poliziotti. Un miliziano viene impiccato, un altro affogato in una vasca di riparazioni del pescherecci. « I ribelli — dice un professore — non chiedevano più soltanto pane, ma la cacciata dei dirigenti di partito. La protesta era diventata politica ». Il massacro Nel suo ufficio di Varsavia, Gomulka legge i rapporti drammatici dal Baltico, ma non vuol cedere. Il suo amico più fidato e membro del Politburo, Kliczko, va nella zona dei disordini e dirige la repressione dall'aeroporto militare di Prus. « Se occorre — dice — spianeremo i cantieri ». Da Gdynia vedono colonne di fumo nero levarsi dal centro di Danzica ed è come un segnale per nuovi scioperi che immobilizzano il porto. Kliczko teme che, còme a Danzica, gli operai di Gdynia vogliano occupare i cantieri e fa circondare le fabbriche dall'esercito. Ma la sera di mercoledì il responsabile politico della zona, Kociolek, lancia un appello alla' televisione, invitando gli operai a presentarsi al lavoro. La confusione di orGiorgio Fattori (Continua a pagina 2 in quarta colonna) ] Edward Gierek

Persone citate: Edward Gierek, Fattori, Gomulka, Lenin, Molotov