Liberato dopo diciotto giorni l'ingegnere rapito in Calabria

Liberato dopo diciotto giorni l'ingegnere rapito in Calabria È stato tenuto prigioniero sull'Aspromonte Liberato dopo diciotto giorni l'ingegnere rapito in Calabria Per il suo riscatto il padre avrebbe pagato 50 milioni - « I banditi mi hanno trattato bene», ha detto l'impresario - Ha rischiato di essere ucciso quando gli elicotteri dei carabinieri hanno sorvolato la zona dove era tenuto nascosto - Prima di essere rilasciato è stato fatto girare in auto per un'ora e mezzo con gli occhi bendati servizio particolare Catanzaro, lunedì mattina. L'ingegnere Mario Bilotti è stato liberato dai banditi dopo aver trascorso diciotto giorni prigioniero di un'angusta intercapedine dietro un grande macigno, tra i fìtti boschi dell'Aspromonte. Lo hanno rilasciato verso la mezzanotte; alle 5 di ieri ha potuto far ritorno a casa, accompagnato dal procuratore della Repubblica di Lamezia Terme, dott. Guido Gabriele, che era andato a prelevarlo nella caserma dei carabinieri di Mammola, in provincia di Reggio Calabria. I fuorilegge l'hanno fatto girare in auto per circa un'ora e mezzo, poi lo hanno rilasciato nella boscaglia, a poca distanza dal litorale .ionico reggino, dopo avergli spostato le lancette dell'orologio di un'ora avanti. « Sei libero — gli ha detto uno di essi — vai sempre dritto davanti a te, ma senza voltarti». L'impresario si è tolta la benda che aveva sugli occhi, ha camminato a lungo, poi è arrivato ad un casolare. Ha bussato, ma nessuno gli ha aperto. Dopo aver girato ancora in mezzo a dirupi e sterpaglie, ha visto in lontananza i fari di un'auto e si è messo a gridare. Era un pullmino dei carabinieri, con sette uomini a bordo, i quali l'hanno raccolto e portato nella caserma di Mammola, da dove sono stati avvertiti per telefono i familiari ed il procuratore della Repubblica di Lamezia. Mario Bilotti è tornato a casa con i vestiti laceri ed una barba lunghissima. Ai giornalisti, che ha ricevuto nella sua abitazione dopo essersi riposato alcune ore, ha detto che i banditi l'hanno trattato con ogni riguardo. Il 9 dicembre gli hanno perfino festeggiato il compleanno, offrendogli dolci ed un sorso di caffé. Ha avuto anche una stecca di sigarette e viveri sufficienti. Un giorno gli hanno cucinato una fetta di carne, facendogliela mangiare in un piatto di plastica;molto spesso gli hanno consentito di recarsi ad Uri vicino ruscello per lavarsi il viso. Insomma banditi umani, anche se i loro atteggiamenti erano sempre molto sicuri e decisi. Quando gli elicotteri dei carabinieri sorvolavano la zona e si sentivano i cani poliziotti abbaiare nelle vicinanze, i banditi, che davano segni di evidente preoccupazione, gli ordinavano di stare nascosto, altrimenti lo avrebbero ucciso. Mario Bilotti ha sempre obbedito, si rannicchiava nell'intercapedine larga una sessantina di centimetri, coprendosi con una coperta. Sono stati quelli gli unici momenti In cui ha temuto veramente per la propria vita. Per il resto ha saputo attendere pa¬ zientemente ed i banditi l'hanno trattato molto bene: un giorno gli hanno portato anche un giornale, perché lo leggesse. A sequestrarlo, secondo il suo racconto, la sera del 24 novembre, in via XX Settembre a Lamezia Terme, furono tre persone. Una di esse gli si fece incontro mentre usciva dall'ufficio per recarsi a prendere la sorella ed andare insieme a Cosenza, dove avrebbero dovuto assitere, al Teatro Rendano, alla «prima» della « Adriana Lecouvrevr ». « Cerco lavoro — gli disse 10 sconosciuto — e so che lei me lo può dare ». Mario Bilotti aveva già notato che accanto alla sua «500» c'era una «1100» scura con altre persóne dentro; ha cercato di prendere tempo, ma i tre individui gli hanno puntato le pistole e gli hanno intimato di seguirli. Ha gridato tre volte, poi è stato bendato. Da quel momento, fino a quando si è trovato nell'intercapedine sull'Aspromonte c'è il vuoto nel suo cervello; non ricorda più nulla. Nemmeno dei banditi ha potuto dire molto, tranne che avevano l'accento calabrese, probabilmente della provincia di Reggio Calabria. Non si sa con precisione quanto i suoi familiari abbiano pagato per 11 riscatto, ma certamente non una lira in meno dei 50 milioni offerti da Gabriele Bilotti il 5 dicembre ai banditi, dopo avere ricevuto la telefonata minacciosa la notte prima, e che — secondo la polizia — sarebbe stata effettuata dal commerciante in legnami Antonio Mazzei, tuttora detenuto nelle carceri di Lamezia. L'arresto del Mazze! non ha fatto compiere molti passi in avanti agli inquirenti. Il commerciante continua a dirsi innocente e la polizia sembra convinta che egli sia stato soltanto uno strumento dei banditi, i quali gli avrebbero imposto di mettersi in contatto coi Bilotti. Antonio Mazzei, d'altra parte, ha stabilito il contatto nel modo più puerile, addirittura telefonando dalla sua abitazione e non da un posto telefonico nelle vicinanze di Lamezia. Un errore così • grossolano può farlo soltanto chi non c'entra con questa brutta storia, nella quale per il momento di definitivo c'è soltanto la liberazione di Mario Bilotti. Ieri una vasta battuta, con impiego di elicotteri e di cani poliziotti, è stata effettuata sull'Aspromonte, dopo il rilascio del giovane professionista. Ma l'enorme sasso dietro il quale è stato tenuto nascosto per diciotto giorni il Bilotti non è stato trovato. Elio Fata

Luoghi citati: Calabria, Catanzaro, Cosenza, Lamezia Terme, Mammola, Reggio Calabria, Uri