L'impronta della mafia nella morte di Mattei?

L'impronta della mafia nella morte di Mattei? L'inchiesta forse sarà riaperta a Pavia L'impronta della mafia nella morte di Mattei? Un ispettore di polizia ha avuto colloqui con i magistrati che svolsero le indagini sulla sciagura aerea in cui perì il presidente dell'Eni - Un nuovo testimone conferma: il velivolo esplose prima di cadere al suolo dal nostro inviato Pavia, lunedì mattina. Riprenderà forse da Pavia l'inchiesta sulla tragica morte di Enrico Mattei, allora presidente dell'Eni, schiantatosi col suo bireattore la sera del 27 ottobre 1962 nelle campagne di Bestapé, a pochi chilometri dal capoluogo pavese. La presenza negli scorsi giorni in città dell'ispettore di polizia De Vito, del Ministero dell'Interno, che ha avuto lunghi colloqui con i due magistrati — il procuratore della Repubblica dott. Borghese e il giudice istruttore dott. Santachiara — che si interessarono dell'inchiesta sulla sciagura aerea di cui rimase vittima il presidente dell'Eni, avvalora questa supposizione. L'ispettore De Vito lavora anche per la Commissione antimafia; si deve quindi pensare che una eventuale ripresa delle indagini sulla morte di Mattei sia da collegarsi alla misteriosa scomparsa del giornalista palermitano De Mauro, il quale stava appunto interessandosi della vicenda per fornire materiale al film del regista Rosi. Per il momento l'unica cosa certa è la presenza a Pavia dell'ispettore del Ministero dell'Interno. Una conferma è venuta da Palazzo di Giustizia, dove però si mantiene il massimo riserbo su quanto possa aver detto e deciso l'ispettore, già ripartito alla volta di Roma. Comunque è data per certa la riapertura del voluminoso dossier Mattei (un fascicolo alto quasi un metro): vedremo se questo coinciderà con la ripresa ufficiale delle indagini. Ricordiamo brevemente i fatti. Il 27 ottobre 1962 Enrico Mattei partì dall'aeroporto di Catania diretto a Milano, a bordo del suo bireattore, assieme al pilota Irnerio Bertuzzi e al giornalista americano William McHale. Quando il velivolo si accingeva all'atterraggio, avveniva la sciagura: il bireattore si schiantò in un boschetto presso la cascina « Albaredo », presso Bescapé. L'autorità giudiziaria di Pavia (giudice istruttore il dott. Borghese; p.m. il dott. Santachiara) aprì un'inchiesta, ordinò perizie tecniche e medico-legali, interrogò varie persone e, quattro anni dopo, nel 1966, con un provvedimento motivato in un fascicolo di quaranta pagine, concluse l'inchiesta con l'archiviazione. Venne escluso il sabotaggio e così pure che il pilota fosse stato drogato; si avanzò invece l'ipotesi di un improvviso malore del Bertuzzi, stanco del lungo viaggio in condizioni di tempo proibitive. Ma, si sostiene oggi, vi sono elementi che non possono escludere il sabotaggio. Sentiamo il racconto di due testimoni oculari, gli agricoltori Mario Ronchi e Margherita Maroni, il primo abitante alla cascina « Albaredo », la seconda a poca distanza da essa. Il Ronchi subito dopo la sciagura disse ai giornalisti di aver scorto una gran fiammata in cielo, quindi vide cadere frammenti infuocati. La stessa cosa racconta la Maroni, un teste scoperto soltanto ora da un cronista. Se vi fu esplosione in cielo, è più facile pensare ad un sabotaggio che all'improvviso malore del pilota. E ancora. L'aereo di Mattei si incendiò e le .fiamme lo distrussero in parte': su.questa circostanza non v'è alcun dubbio; ora, se l'incendio fosse scoppiato dopo l'impatto col terreno, pare logico ritenere che le fiamme avrebbero bruciato, annerito, quanto meno bruciacchiato i pioppi in mezzo ai quali il velivolo precipitò. Nulla invece di tutto questo. Infine, non risulta che l'autorità giudiziaria di Pavia, che ha condotto l'inchiesta, fosse a conoscenza di un'altra circostanza che merita di essere controllata: testimoni affermano che il 27 ottobre '62 all'aeroporto di Catania il pilota Bertuzzi venne allontanato dal bireattore con una falsa telefonata. Pochi minuti, sufficienti però a tre persone, una delle quali in divisa di ufficiale dei carabinieri, per avvicinarsi all'aereo. Dei tre, quello in divisa si sarebbe qualificato per il te¬ li pilota dell'aereo personale di Mattei (Telefoto) nente (o capitano) Grillo. Nell'arma dei carabinieri esiste un ufficiale di nome Grillo, ma non è mai stato a Catania; anzi, il 27 ottobre di quell'anno era in servizio in Piemonte. Chi erano allora i tre, e in particolare il presunto falso ufficiale? Se la circostanza potrà essere dimostrata, il sospetto del sabotaggio diverrebbe sempre più consistente e potrà allora essere giustificata la riapertura delle indagini: evenienza che la visita a Pavia dell'ispettore De Vito rende molto probabile. Sabotaggio, allora, ad opera di chi? Per rispondere a questo interrogativo sarebbe interessante accertare se trova conferma quanto uno studioso siciliano della mafia afferma, riferendosi alla morte di Enrico Mattei: la presenza in Sicilia, due giorni prima dell'incidente aereo in cui peri il presidente dell'Eni, di un noto esponente americano di « Cosa nostra ». Franco Marchialo