Ha pesato la ferma protesta levatasi da tutto il mondo di Sandro Viola

 Ha pesato la ferma protesta levatasi da tutto il mondo Ha pesato la ferma protesta levatasi da tutto il mondo (Dal nostro inviato speciale) | Madrid, 30 dicembre. I sei giovani baschi non moriranno. Francisco Franco li I h graziati stasera alle sei e mezzo. « Il Capo dello Stato — dice il comunicato ufficiale —, d'accordo con il Consiglio dei ministri e col Consiglio del Regno, e in virtù delle prerogative attribuitegli dalla legge, ha deciso di commutare le pene di morte comminate dal Consiglio di guerra di Burgos in quelle immediatamente inferiori di grado ». I sei giovani baschi sconteranno 30 anni di carcere, il massimo della pena detentiva previsto dalla legislazione spagnola, come i compagni che erano stati condannati a 72, 70, 5il anni. Il Indulto total,, La sequenza degli avvenimenti, in questo ultimo pomeriggio dell'« affare » di Burgos, è stata velocissima. Il capitano generale di Burgos, Garcia Rebull, aveva firmato la sentenza alle due del pomeriggio, e subito il ministero dell'Esercito l'aveva inoltrata al governo. Alle cinque si è riunito al Pardo il Consiglio dei ministri: il governo ha preso visione della sentenza (che la firma di Rebull aveva reso esecutiva), e ha ehicsto al Capo dello Stato di esercitare il suo diritto di grazia. La riunione è durata sino alle sei e mezzo. Un quarto d'ora dopo, l'agenzia di stampa dell'« Opus Dei » cominciava a battere sulle sue telescriventi il grido di vittoria dei « moderati »: « Indulto total ». Queste due sole parole, ripetute ogni minuto senza un rigo di commento. Più tardi, alle 10, il Caudillo de Espana por grada de Dios è apparso sui teleschermi per il discorso dì fine d'anno. Una mano nella tasca della giacca, continuamente « staccalo » dal cameraman perché avesse tempo di respirare, il generalissimo ha fornito di sé ima immagine stanca e senile, ansante. Il discorso è stato un lungo elogio della situazione attuale, un autocompiacimento della Spagna diretta da Francisco Franco. Va lutto bene, il paese è per fortuna « sotto l'imperio dello spirituale e cori- tro la lotta di classe ». Solo all'ultimo, dopo essersi trattenuto sulla nuova legge agraria, sullo sviluppo dei sindacati e sulla scolarizzazione. Franco ha accennato all'affare di Burgos ». Poche parole: il Paese è con me, si è visto alle manifestazioni di questi giorni. E perciò, « dato anche che ricorre l'Anno santo compostellano », è stata decisa la grazia per i condannali di Burgos. Almeno temporaneamente, l'«affare» di Burgos è dunque concluso. Sei uomini, nessuno dei quali ancora trentenne, hanno avuta salva la vita: il pericolo d'un gesto di violenza, che sarebbe stato assurdo e ingiustificabile, è ormai passato. Ma un capitolo decisivo della storia spagnola si apre proprio stasera, e non mancano i primi segni premonitori d'un futuro molto confuso: la voce di Franco ai microfoni della televisione (così esitante, sfiatala), i piccoli gruppi di gente che stanno sfilando mentre scriviamo a S. Sebastiano, a Bilbao ed a Barcellona gridando la loro gioia per il verdetto di grazia, le indiscrezioni sempre più circostanziate d'un l'impasto governativo a brevissimo termine. Falchi del regime /; post-franchismo (quello scontro, tante volte previsto, delle forze interne al regime dì fronte al problema della successione) è cominciato. I militari dominano la scena della crisi, ma non sono il corpus unitario e coerente che si era potuto pensare fino a ieri. I due alti ufficiali che fanno parte del Consiglio del Regno, il capo di Stato Maggiore delle tre Armi, Dies I Alegria. e il tenente generale Hector Vasquez. erano contro l'esecuzione delle condanne, come risulta da indiscrezioni secondo le quali il Consiglio del Regno si è es))resso all'unanimità per la grazia. Ma è certo che altri ufficiali, anche al vertice dell'Esercito, erano per una decisione dura e intimidatoria. Sembra che nella notte di ieri si fossero aggrappati ad una richiesta mìnima: la grazia per cinque dei giovani baschi e la morte per Javier Izco. Come l'Esercito, anche le altre forze (se si eccettuano i nostalgici del franchismo storico, i fascisti e la burocrazia dello Stato « autarchico », compatti nel sognare un impossibile ritorno al passato) sono altrettanto divise. Questa tensione interna del regime è stata alla base della lunga incertezza sulla conclusione del processo di Burgos. Da essa poteva venire tutto, tanto appariva disordinata c incessante: la grazia, com'è poi accaduto stasera, o un verdetto da lasciare allibito il mondo. Solo ieri sera, a quanto è possibile capire, la decisione di concedere la grazia ha preso una consistenza definitiva. Il Consiglio dei ministri nel mattino aveva avuto fasi non drammatiche — non si discute, non si alza il tono della voce, in presenza di Francisco Franco —, ma certo appassionate. Gregorio Lopez Bravo era entrato nella sala del Pardo, dove si teneva il Consiglio dei ministri, con un enorme fascio di carte, che aveva poi deposto sul lungo tavolo della riunione. Erano le copie dei telegrammi e degli appelli giunti dall'estero, e i rapporti degli ambasciatori spugnoli in Europa. Il ministro degli Esteri aveva parlato brevemente a favore della grazia, I ma aveva più volte posto la mano destra su quel mucchio di carte, come ad indicarne lo spessore, la forza di dissuasione. José Luis Villar Palasi, ministro dell'Istruzione, anche lui vicino all'Opus Dei, aveva fatto invece un intervento lungo, caloroso e persino un po' patetici, per chiedere clemenza. Un altro ministro dell'Opus Dei (ma non si sa chi) era giunto con un dossier, preparatogli da un importante studio legale di Madrid, in cui si indicavano le imperfezioni e le lacune del processo di Burgos. Le pressioni Nel pomeriggio, come abbiamo detto, il Consiglio del Regno si era pure espresso a favore della grazia. Si erano mosse le gerarchie della Chiesa, si parla di una telefonata di Paolo VI a Franco. La situazione della piazza era assolutamente sotto controllo, ma nelle province basche cominciava ad apparire molto tesa. Una parte dei venti o venticinquemila lavoratori, che ieri mattina si erano messi in sciopero, aveva poi inscenato in serata brevi dimostrazioni nelle strade distribuendo volantini a favore della causa basca. Oltre agli avvocati, anche i medici catalani erano entrati in agitazione. Telegrafavano il sindaco di Pamplona, il cardinal Quiroga Palacio, continuavano a giungere al ministero degli Esteri i diplomatici incaricati dai loro governi di raccomandare clemenza. Sandro Viola I