Due satire all'italiana

Due satire all'italiana LE PRIME VISIONI SULLO SCHERMO Due satire all'italiana «Brancaleone alle crociate» di Monicelli: il personaggio di Gassman si fa più serio, in un film nato da una tentazione di cultura - «Le coppie»: tre episodi di frettolosa critica sociale; il migliore è quello girato da Monicelli a Torino, con Monica Vitti ed Enzo Jannacci «Operazione Crèpes Suzette»: Julie Andrews come Mata Hari, tra «musical» e spionaggio (Ideal) - L'armata Brancaleone, come si ricorderà, nmva lasciando l'actaenteiiaio per un secondo ipotetico inni, il quale senza lesinare nei mezzi e stato latto, e si chiama xsrancuieone uue crociale (soggetto e sceneggiarla ai Age e Scarpelli). jje falangi ctei brancaleon.sti possono farsi sotto al fortunato ramo ael maestro Kusticneili (« manca - Branca - Brancaleon! »): troveranno presso a poco gli stessi ingredienti di quel pruno « successo »: tinte e lazzi da poema eroicomico, dialoghi in runa, diletti verbali (sull'arcaismo), colpi di spada, carnai e soprattutto gli acrooausmi e le cadenzate vociferazioni dei protagonista Vittorio Gassman, attore che non flette. Ma il nuovo film ha più pretese del primo, e minore nuiaita. il regista Mano Monicelli ci avrebbe meditato sopra cinque anni. Come mai? Crediamo che neppure agli scolaretti passi più per la mente che le Crociate si facessero per mero amor di Cristo, senza un largo accompagnamento di motivi utilitari. I micini hanno aperto gli occhi e tanto storicismo non è passato invano. Ma perché il sottosviluppo è tanto e non si può mai sapere, il film sfonda l'uscio aperto dell'interpretazione realistica, peggiorativa e dissacrante dei passaggi in Terra Santa, sfatandone l'ideale religioso e ponendo sulla stessa bilancia « fedeli » e « infedeli », e anzi, per via che si diceva « cani infedeli » con pochissimo riguardo all'ecumene, quasi quasi... A ciò fare Monicelli si è servito d'uno stile di racconto a spatolate, scucito, arieggiante l'Opera dei Pupi. La vicenda non s'intreccia ma si distende, per oltre due ore, nei tanti incontri fatti da Brancaleone e soci (intruppati in una schiera di mendicanti) mentre salpano, su un lago scambiato per mare, verso il Santo Sepolcro. Sarebbe arduo elencarli tutti; basteranno: i monaci macellatori di pellegrini, il re Beomondo cui Brancaleone salva 'il figliuolo, la bella stre ghetta ch'egli scampa al rogo, il lebbroso, il nano Cip po e tanti altri curiosi tipi di gaglioffi, e infine il duello sulle dune con la Morte sec ca, da vedere con un occhio di riguardo per la felice riuscita rigurativa: il tutto denotante, secondo l'assunto sfrenamento d'istinti, violen za, buffoneria e indistinto ca nagliume. La mitezza d'animo pre scritta al recensore in questi giorni fino alla Befana, ci dis suade da un esame più strin gente. Brancaleone alle ero ciate, nato da una tentazione di cultura, rinuncia all'allegria per la riflessione e tra ambiziosi avvolgimenti cui manca soltanto un centro, esprime un lento, amorfo furore di spettacolo. Lino Tofnìo si fa valere all'ombra dell'esuberante Protagonista oer come gli dà la finstqcmngrsmmPtcgreolica. Ricordiamo anche la bella Stefania Snndrelli, Beba Loncar, Paolo Villaspio, Gianrìco Tedeschi e Adolfo Celi, chiedendo scusa agli altri che ci rimangono nella penna. (Reposi) — Il guaio dei film a episodi — Le coppie ne comprende tre — è che di olito mettono i registi in entazione di « minorità » e quindi di facile contentatura. Per esempio Mario Monielli non è stato sufficientemente severo con se stesso nel primo della terna, Il frigorifero, dove ci potrà essee la satira della società consumistica che si gioca l'anima per un elettrodomestico, ma di certo manca la verità. Perché s'intende acqua e non empesta. Si può arrivare a capire che due giovani coniugi sardi immigrati a Torino si trovino, per cause stagionali, nella più nera bolletta; ma non che si conservino così pecorili e dolci, e tanto meno che mitizzino a quel modo il loro frigorifero (simbolo di conquista sociale), discorrendone come d'un roseo bambino. Mancando loro i soldi per pagare l'ultima rata, in procinto di vedersi strappata la creatura, Adelina coinvolge il suo Sandrino in una risoluzione disperata: farà la'« passeggiatrice » per una notte soltanto, sperando di azzeccare alla prima la somma occorrente. Dopo paurosi approcci l'esperienza si compie dalle parti di Porta Palazzo tirate all'ultimo squallore, e il domani il marito, più di là che di qua, paga la maledetta rata, mentre la moglie, di subito sveltita, incomincia a metter l'occhio su una « lavatrice »... Il malizioso guizzo finale, il buon mestiere del regista e soprattutto la presènza di Monica Vitti (qui in coppia con un tenero Jannacci), la cui voglia di recitare e la capacità di farlo bene soprannuotano a tutte le circostanze, fanno sì che l'episodio, nonostante tutto, « decolli ». Cosi non si può dire di La camera diretto e interpretato da Alberto Sordi, che è tutto condizionato da una satiretta prefabbricata, quella della « gente bene » raccolta sulla Costa Smeralda (e raffigurata per aggriccianti caricature), nella quale tenta invano d'inserirsi, sul piano alberghiero, una coppia proletaria in grado di trattarsi da signora. Il « rigetto » è inesorabile, e i coniugi Colonna finiscono in guardina. Qualche particolare spassoso e il godibile personaggio della moglie paciosa (Rossana Di Lorenzo, sorella di Maurizio Arena) non attenuano granché un'impressione di piatta frettolosità. Un semplice « per finire » il terzo episodio di De Sica, Il leone, in cui due adulteri, al momento di lasciare il nido solitario, ne sono impediti da un leone sdraiato davanti a casa. Atterriti, gli amanti prendono a scambiarsi le più crudeli verità, diventando essi stessi « veri ». Ma poi la fiera, ch'era scappata a un circo, è abbattuta, e col cessare della paura, ritorna nei due l'usata ipocrisia. Calde lagrime piange frattanto l'affezionato padrone del povero leone, che invece che metafisico, come si totesetoPSHdppinEO| era sperato, era dunque sol I tanto un leone bozzettistica- mente impagliato. In questa cosuccia dove ricompaiono, l'inesausta Vitti in registro partenopeo trae a rimorchio un Sordi con basettoni e maxi, ma poco convinto. 1. p. (Vittoria) — In Operazione Crèpes Suzette il produttore-regista Blake Edwards cerca di far andare d'accordo le spensieratezze del « musical » vecchia maniera con la a suspense » del film di spionaggio. Ambientato durante la prima guerra mondiale, quando Londra non era bombardata dagli Stukas ma dagli Zeppelin, il racconto narra d'una spia. Lilli Schmidt, che sotto la brillante e applauditissima attività di canzonettista ne nasconde un'altra più rischiosa: per il servizio segreto tedesco. Ella riceve confidenze dagli alti ufficiali inglesi, con j j Quali è dì casa, e le trasmet- o a a . o a i n . te, con abile doppio giuoco, ai germanici. La maggior cu riosità professionale della ra gazza si appunta sull'aviazio ne di guerra britannica e i suoi piani d'attacco, e poiché il più informato su tali piani è l'americano Larrabee, è naturale che Lilli cerchi d'intrattenersi il più possibile con lui. Ovvio anche il seguito: ì due s'innamorano, scatenando la gelosia d'una rivale, Suzette. e mettendo a dura prova gli impegni con i tedeschi della canora e sgonnellante Lilli, che di Mata Hari è una sbiadita imitatrice. La vicenda prima si complica con l'intervento d'altre spie (maschili) e poi si semplifica con la fine della guerra, che giunge opportuna a sciogliere i molteplici nodi dell'intrigo. E' un film di puro intrattenimento, costruito un po' all'antica facendo leva su equivoci e malintesi in un clima tutt'altro che realistico. Blake Edwards, come regista, è stavolta un po' spento: tutte le scene aeree, piut- tosto spericolate, sono direU te da un altro. Vivace la presenza di Julie Andrews, e molto in sottordine di Gloria Paul, rispettivamente Lilli e Suzette. Larrabee è Rock Hudson. Coreografie a colori di Herbert Pan. vice

Luoghi citati: Brancaleone, Londra, Torino