Il ritorno del Corsaro di Carlo Casalegno

Il ritorno del Corsaro ft A 1 fi ARI IAT IT" IVIr/r/ATVTTT' nninun \ i Il ritorno del Corsaro E' soltanto una congettura clic non sono in gratin di controllare; tuttavia ini sembra significativo che Emilio Salgari, più attento all' attualità di quanto molti non pensino, abbia incominciato a scrivere il « ciclo dei Corsari » (ora presentato in bellissima edizione critica ed illustrata da Mondadori) proprio nel 1898, l'anno della guerra tra Spagna c Stati Uniti per Cuba. Quel conflitto si combatteva nel Mar dei Caràibi, dove per due secoli i « Fratelli della Costa » avevano compiuto imprese favolose di pirateria: era una coincidenza favorevole per un romanziere popolare in cerca di successo. Ma, a mio parere, nella scelta dell'autore c'è qualcosa di più. La guerra di Cuba segnava la fine dell' impero spagnolo, concludeva il processo di liberazione dell'America Latina: un avvenimento che certo entusiasmava Salgari, anticolonialista nell'età del trionfante colonialismo europeo, alili razzista mentre da Pechino al Transvnal l'uomo bianco consolidava il suo dominio sui popoli di colore. * * Nel « ciclo dei Corsari » Salgari giudica severamente i conquistatori spagnoli d'America, come nel « ciclo della giungla » aveva condannato duramente i padroni dell'India. Egli è solidale con i pirati delle Antille per gli stessi motivi clic lo avevano indotto a parteggiare per Sandokan: la simpatia verso gli oppressi, un forte bisogno di giustizia. Indiani, malesi, negri ben di rado recitano la parte del fellone; ne ci sono pregiudizi razziali tra i filibustieri. Il nero Moko c, con Carmaux e Wan Stiller, l'amico più fedele del Corsaro Nero; gli indigeni della Florida risparmiano Flonorata Wan Gould c la scelgono come regina; Yara, la piccola indiana scampata al massacro del suo villaggio, guida i pirati alla salvezza ed alla vendetta. Salgari forse non accetta fino in fondo il mito del « buon selvaggio »; afferma tuttavia con sicurezza che gli indigeni di America impararono la cru deità dagli spagnoli: furono la disperazione e il desiderio di rappresaglia a renderli feroci, dopo gli inganni e le stragi dei bianchi. Queste convinzioni emergono da tutta l'opera salgariana; ma sarebbe assurdo, naturalmente, vedere nei suoi romanzi dei pamphlet* politici: altri motivi più semplici ed imme diati inducono Salgari a narrare storie della filibusteria. Nemmeno l'Oriente, dalla Cipro di Capitan Tempesta alla Cina della Scimitarra di Buddha, offriva un così ricco tesoro di imprese eroiche, distrate, esaltanti, favolose come la storia della « guerra di corsa » nelle Antiile. All'autore non occorreva neppure inventare personaggi, situazioni, avventure: gli bastava attingere a piene mani dalle cronache c dalle memorie. In questo più che in altri cicli Salgari può restare fedele alle fonti e vicino alla verità storica: nelle vicende autentiche di pirati e bucanieri dei Caraibi spesso la realtà superò l'immaginazione del più fantasioso romanziere. Tutto sommato, l'autore si prese soltanto la libertà di attribuire al Corsaro Nero le imprese d'altri pirati e di riassumere, in questo eroe nato dalla sua immaginazione, tutta l'avventura della filibusteria. * * Anche se in una chiesa sulla collina di Mentone qualcuno indica la tomba del Corsaro Nero, nessun cavaliere Emilio di Roccabruna, signore di Valpenta e di Ventimiglia, terrorizzò mai le colonie spagnole d'America, né distrusse l'ortobello o Gibraltar per esercitare la sua vendetta su Wan Gould, il rinnegato fiammingo colpevole d'aver fatto cadere una fortezza delle Fiandre difesa dai soldati del duca di Savoia e d'aver ucciso a tradimento i tre fratelli del nostro eroe. Il grande Morgan non fu mai suo luogotenente, e non espugnò Panama per salvarne la figlia Iolanda; ne l'Olo- nrflubmlddtqcc«rdcletssnccgtlppipvdfc e . i e o i , e n a aon e, o- ncse ne Pierre Lcgrand servirono ai - suoi comandi nella flotta corsara; non risulta che un'Honorata Wan Gould, abbandonata in mare dall'innamorato ma vendicativo cavaliere sabaudo, sia diventata dea-regina di qualche tribù indiana in Florida. Tuttavia nei tre romanzi del ciclo non c'è quasi episodio o personaggio che non si ritrovi nelle cronache secentesche. Il francese Montbars, detto « lo Sterminatore », si fece pirata soltanto per punire le crudeltà commesse dagli spagnoli contro gli indigeni. Francesco l'Oloncsc patì tra le giungle e le paludi americane avventure più disperate di quelle cui scampano i compagni del Corsaro Nero (ma, nell'ultima, finì divorato dagli indiani). 11 cavaliere di Grammont si fece corsaro per vendetta e per gusto dell'avventura. Il capitano Robcrts si lanciava all'abbordaggio tutto vestito di preziosi velluti, con trine ai polsi e la spada d'argento. Ed il crudele, avido Morgan, il piìi illustre dei corsari, se non raggiunse il Pacifico per salvare la figlia del suo ex-comandante, in Panama conquistata fu ferito da pene d'amore: i cronisti raccontano della sua cavalleresca passione |xr una bionda e bellissima prigioniera, che Steinbeck idealizzò nell'eroina di ha Santa Rossa. C'è più verità ili quanto non credano gli scettici nelle fantasticherie salgariane: lo scrittore che viaggiava sui libri, sognava avventure marinaresche sui manuali di navigazione e sfogava la passione per l'esotismo leggendo riviste di geografia, s'impegnava con puntiglio quasi scientifico nel descrivere paesaggi, animali, popoli c manovre di guerra. Era anche questa una forma..d'evasione. * * Merita riscoprirlo. Non si ritrovano, certo, gli sbalorditi incanti delle letture infantili; si avvertono però molte cose che fatalmente ci erano sfuggite. Il Corsaro Nero, protagonista di romanzi per ragazzi, è un personaggio assai complesso e costruito di sottili suggestioni letterarie. Alla prima impressione, ci sembra il tipico eroe da romanzo d'appendice. Le sue aggrovigliate avventure ricordano Sue, Ponson du Terrail o magari Carolina Invernizio; il linguaggio è quello elementare e rettorico del feuilleton («Gridò con voce che pareva più nulla avesse d'umano », « Avanti, uomini del mare! lo vi guido1. », « Seguitemi! Il Corsaro Nero non ha mai avuto paura!*). E' continuo il ricorso ai trucchi del romanzo popolare: passaggi segreti, prigioni sotterranee, agguati, improvvisi riconoscimenti di figli o amici perduti... La lezione di Dumas è scoperta: Il conte di Moittecristo offre il modello della spietata vendetta, duelli e tradimenti scendono in linea diretta dai Tre moschettieri. Ma c'è anche qualcosa di più. Lettore frettoloso e forse superficiale, Salgari ha un certo orecchio per la letteratura del suo tempo. La Folgore del Corsaro Nero ricorda il Vascello fantasma: non a caso erano quelli gli anni dalla polemica wagneriana. E nella figura del pirata gentiluomo si trovano echi dell'estetismo dannunziano, del preziosismo esotico fine Ottocento, del gusto |kt il demoniaco ed il misterioso; fors'anche qualcosa delle morbosità inquietanti di un Maeterlinck. 11 Corsaro Nero ci sembra, a modo suo, un Su|)cruomo: osa l'inosabile, sfida i nemici e Dio, gioca d'azzardo l'esistenza sua e dei compagni, «getta la vita oltre l'ostacolo ». Soltanto la semplicità salgariana lo salva dal ridicolo e dalla gratuità del puro gioco letterario. Nei limiti del romanzo popolare, il Corsaro Nero è un personaggio in cui ogni lettore dai dieci ai sessantanni tende a identificarsi; e forse il primo a cadere in questo «gioco proibito » fu l'autore: mi pare significativo che Emilio Salgari v}\ abbia scelto per nome Emilio di Roccabruna. Carlo Casalegno (ri(epctlcbppcèmneiccDnmsa