Moderni metodi chirurgici nelle malattie coronariche

Moderni metodi chirurgici nelle malattie coronariche RISULTATI POSITIVI DOPO TRE ANNI DI ESPERIENZE Moderni metodi chirurgici nelle malattie coronariche Il principio è semplice: creare un «ponte» là dove la circolazione del sangue è interrotta Le difficoltà operative - Occorre intervenire su vasi del calibro di poco più di un millimetro - Statistiche confortanti dai più importanti centri clinici - La situazione in Italia Un pomeriggio del settembre scorso, a Londra, durante l'ultimo congresso mondiale di cardiologia, stava per iniziare una seduta dedicata a nuovi metodi di cura chirurgica delle malattie coronariche. La Queen Elizabeth Hall, che è pur un teatro molto capace, era gremita all'inverosimile di medici, mentre altrettanto numerosi erano quelli che non erano riusciti a trovarvi posto. Per fronteggiare la situazione il presidente, il canadese Cleland, propose di ripetere l'identica seduta non appena la prima fosse terminata. Due «équipes» Questo episodio, eredo unico nella storia dei congressi medici, può servire a dare un'idea dell'interesse che queste nuove terapie hanno suscitato nei clinici di ogni parte del mondo. I risultati riportati, su oltre duemila casi, furono quanto mai incoraggianti. Cosa è dunque questo intervento che recentemente ha fatto la sua apparizione anche in Italia? Il principio su cui si basa è molto semplice e razionale: se una strada è irrimediabilmente interrotta per un certo tratto del suo percorso, non rimane che scavalcare con un ponte la sede dell'interruzione. Analogamente, quando un'arteria coronaria è ostruita da una placca arteriosclerotica o da un trombo (è quanto si verifica, ad esempio, nell'infarto cardiaco) si potrà ristabilire la circolazione anche qui mediante un ponte che porti il sangue dall'aorta alla coronaria scavalcando il tratto bloccato. Il ponte è bell'e pronto nell'organismo: un pezzo di vena safena prelevato dalla gamba dello stesso paziente. E' evidente che per poter procedere ad una simile operazione è indispensabile conoscere esattamente il punto in cui si trova l'ostruzione. Tanto più che spesso non solo uno, ma anche due, tre grossi tronchi coronarici possono essere bloccati dal processo di arteriosclerosi e in questi casi un solo ponte non basterebbe. Oggi una visualizzazione completa e soddisfacente dei vasi coronarici nell'uomo è possibile solo eseguendo una- cinecoronarografìa selettiva. A questo scopo occorre innanzitutto disporre di un laboratorio attrezzato e costoso (a Torino ne esiste uno molto efficiente, quello donato alla Città dal commendator Pianelli), ma in mani esperte l'esame è relativamente semplice e sicuro. Si tratta di opacizzare con una sostanza radiopaca e quindi di cinematografare sotto diversi angoli, ad altissima velocità, le due coronarie, prima l'una e poi l'altra. Stabilita con precisione là sede e l'entità delle les! li coronariche si può, nelli maggioranza dei casi, procedere all'intervento. All' operatore è richiesta una grande esperienza sia di chirurgia cardiaca sia di chirurgia vascolare; infatti i vasi coronarici su cui egli dovrà lavorare sono in genere di calibro compreso tra 3 e 1,5 millimetri. La vena Saiena Le squadre interessate all'intervento sono due, entrambe contemporaneamente in attività. La prima preleva dalla coscia del paziente la safena, la vena cioè da cui la seconda squadra di chirurghi prepara uno o più ponti, a seconda delle necessità. Poi, il torace è già stato aperto, iniziata la circolazione extracorporea con la pompa (la cosiddetta macchina «cuore-polmoni») la coronaria viene incisa longitudinalmente al di là della zona occlusa e su questa incisione viene suturata una estremità della vena. L'altra estremità è suturata su di una seconda incisione praticata sulla parete dell'arteria aorta nel suo tratto iniziale. Prima si procede sulla coronaria destra e poi, come spesso è necessario, sulla si- n nistra. Non appena le suture sono terminate e per mezzo di una scarica elettrica il cuore riprende a battere ristabilendo una circolazione normale, il flusso di sangue attraverso le nuove vie è controllato mediante delicati flussimetri elettromagnetici. Se in questo modo si accerta che queste vere e proprie nuove coronarie conducono ciascuna almeno 80-90 ce di sangue il minuto, l'intervento può considerarsi riuscito. I risultati clinici sono positivi nel 90-950/)) dei casi e la mortalità operatoria, nei centri con casistiche più numerose (Favaloro ed Effler a Cleveland, Johnson a Milwaukee, Cooley e De Bakey a Houston, Hahn a Losanna) si aggira tra il 5 ed il lOVo; mortalità molto bassa se si considera l'importanza dell'intervento e soprattutto che spesso si è trattato di pazienti in condizioni quasi disperate. Le indicazioni ' Come per ogni altra operazione chirurgica il buon esito è però affidato all'esattezza delle indicazioni: angina pectoris con dolori ribelli ad una cura medica ben condotta, ammalati di coronarie con scompenso cardiaco e, forse, i soggetti più giovani che abbiano avuto un infarto di cuore. Più di tre anni di esperienza con questo nuovo tipo di chirurgia delle coronarie ne hanno dimostrato la sicura validità. I pazienti che in Italia potrebbero trarne grandi benefici sono innumerevoli, migliaia certamente; anche per questi ammalati è ora che le nostre strutture cardiologiche si adeguino a quelle dei paesi più civili. Antonio Brusca Dirigente servizio terapia coronarica intensiva della Clinica medica. Università di Torino A destra, un disegno del cuore con l'aorta dalla quale partono i due tratti di vena safena che saltano l'ostruzione delle coronarie. A sinistra, la radiografia dei due nuovi tronchi coronarici opacizzati (Cortesia del prof. Hahn di Losanna)

Persone citate: Antonio Brusca, Cleland, Cooley, De Bakey, Favaloro, Hahn, Houston, Johnson, Queen Elizabeth Hall

Luoghi citati: Cleveland, Italia, Londra, Losanna, Milwaukee, Torino