Respingono le accuse i tre ufficiali a giudizio per la morte del soldato

Respingono le accuse i tre ufficiali a giudizio per la morte del soldato È ripreso ad Asti il processo per il crollo nella caserma Respingono le accuse i tre ufficiali a giudizio per la morte del soldato Sul banco degli imputati sono comparsi un generale e due colonnelli - Devono rispondere anche di falso ideologico e di truffa - In lavori di demolizione avrebbero impiegato anche dei militari: uno morì sepolto dalle macerie, due rimasero feriti - Dopo la sciagura aperte due inchieste (Dal nostro inviato speciale) Asti, 11 dicembre. E' cominciato stamane il processo contro il gen. Antonio Casertano, attualmente in servizio a Venezia, e i colonnelli Antonino Greco e Pasquale Valentini, della Scuck la di guerra di Civitavecchia. I tre ufficiali sono accusati di omicidio colposo, di falso ideologico e di truffa ai danni dello Stato. Sul banco degli imputati, per concorso in truffa, siedono anche il maresciallo Nicola Del Raso e l'impresario edile Agostino Quattordio, di Castellazzo Bormida. Di favoreggiamento devono invece rispondere gli ex militari di truppa Leonardo Noie, di Potenza; Baldassarre Aiello, di Parcanna, e Faustino Miniucchi, di Fara Sabina, quest'ultimo assente. Tragico pomerìggio I fatti accaddero nel dicembre 1964, nella caserma « Colli di Felizzano », ad Asti, dove ha sede il comando del XXI reggimento fanteria « Cremona ». Antonio Casertano, allora colonnello, comandava il reggimento ed i suoi più diretti collaboratori erano il ten. col. Greco, vice comandante e il ten. col. Valentini, al quale era affidato il primo battaglione. Nel pomeriggio del 10 dicembre, i soldati Giovanni Puggioni, da Sassari, Domenico Casanova, da Altamura (Bari) e Leonardo Noie furono travolti dal crollo parziale d'una palazzina in demolizione, che sorgeva nel recinto della caserma. Il Puggioni rimase ucciso, sepolto dalle macerie, mentre il Noie e il Casanova furono estratti dalle macerie feriti, il secondo più gravemente, tanto che guarì dopo lunga degenza in vari ospedali. Dopo la disgrazia furono aperte due inchieste, una a cura della magistratura militare, l'altra per iniziativa di quella civile. Il rapporto del col. Casertano, redatto con la collaborazione dei ten. col. Greco e Valentini, si concluse con l'affermazione che il tragico evento era dovuto a fatalità: il Puggioni, contro gli ordini e superando i segnali di pericolo predisposti dalla ditta Quattordio, appaltatrice della demolizione, sarebbe penetrato, per caso o per curiosità, nella palazzina, perdendo la vita nell'improvviso crollo. I suoi commilitoni, Noie e Casanova, si sarebbero feriti nel tentativo di recar soccorso all'amico. Tale versione fu avallata con le testimonianze di alcuni militari. La Procura della Repubblica di Asti non si accontentò della versione. Con pazienti indagini, interrogando i militari che nel frattempo erano ormai andati in congedo, stabilì che i fatti si erano svolti diversamente. Il Puggioni e gli altri soldati avrebbero ricevuto ordini di proseguire i lavori di demolizione, sospesi dall'impresa Quattordio, senza alcuna garanzia di sicurezza. I soldati avrebbero rese false testimonianze su suggerimento dei loro ufficiali. Due versioni Ieri, dopo lunga istruttoria, si è giunti al dibattimento, presieduto dal dott. Bogetti, p.m. il dott. Paviglianiti. Nel nutrito collegio di dixesa gli aw. Nuvolone, Ubertone, Giacomazzo, Dal Fiume, Trebbi, Cavallaro, Siciliano, Paneri, Platone, Bagnadentro e Bardi. La parte civile, rappresentata dall'avv. Pasta, si è ritirata, avendo ottenuto il risarcimento dei danni. Leonardo Noie, esordisce dicendo: « La mia prima deposizione è totalmente falsa, la seconda, invece, è vera. Im Io, con Puggioni e Casanova, stavo lavorando in una camera della palazzina per ordine del maresciallo Del Raso. Il pavimento cedette e noi precipitammo. Furono i col. Greco e Valentini a suggerirmi la versione sbagliata, dicendo che tutto sarebbe andato bene. E quando tentai di ribellarmi, il colonnello Casertano mi disse che " sarei finito male " perché c'erano altri testimoni che mi smentivano ». Aiello. da parte sua, precisa: « Quel giorno, non ero nella palazzina. Lavoravo in piazza d'Armi. Mi trovai a passare subito dopo il crollo ». , Il gen. Casertano si difende dicendo: «Nora sapevo che una squadra di militari fosse addetta alla demolizione. Ami non mi risulta. Ero al corrente che l'incarico era stato affidato ad una ditta privata e non avevo ragione di preoccuparmi ». Da parte sua il col. Greco afferma: « In quei giorni mi trovavo quasi in permanenza a Novi Ligure. Non ho mai dato ordine che la palazzina fosse demolita da mili¬ tari ». Anche il col. Valentini dichiara di non avere .impartito alcun ordine di demolizione: « Del resto non potevo farlo, la squadra di "minuto mantenimento" non dipendeva da me ». Nessun «intervento» I tre ufficiali respingono anche le accuse di falso. I militari avrebbero reso le loro dichiarazioni spontaneamente, senza alcun «intervento di autorità ». Il maresciallo Del Raso sostiene recisamente: «.Nora ho mai dato ordini pericolosi ai militari che dipendevano da me. Quel giorno, Puggioni e gli altri dovevano solo pulire il cortile ». Qualcuno osserva: « Quei soldati erano vere eccezioni. Contro la regola, che vuole i militari scansafatiche, lavoravano di loro iniziativa e con sprezzo del pericolo ». L'impresario Quattordio fornisce una convincente spiegazione della sua innocenza: « Non so se i militari hanno proseguito i lavori di demolizione. Io li avevo sospesi affidandone l'incarico all'impresa Valenzano, attrez- zata con i necessari mezzi meccanici. E non ho truffato nessuno perché l'eventuale abbattimento di qualche pezzo di muro da parte dei militari non procurò il minimo vantaggio, né a me, né ad altri ». Domenico Casanova, un muratore pugliese che si spiega a fatica, è pesantemente accusatorio: « Fu il maresciallo Del Raso che ci ordinò di demolire la palazzina. Io non volevo salire, sono del mestiere e avevo paura. Ma il maresciallo ci precedette dicendo: " Salgo io che ho 50 anni, venite anche voi". E noi lo seguimmo come cagnolini. Avevamo dei picconi, prelevati dal magazzino del "minuto mantenimento". Poi tutto crollò e mi svegliai all'ospedale. Ero ancora in stato di choc quando vennero a trovarmi, per farmi firmare una carta ». Non è chiaro se la firmò. Il Tribunale ha disposto il sequestro delle « brutte copie » che dovrebbero essere ancoia nell'archivio del reggimento. Il processo continua domani. Gino Apostolo Asti. Il processo per il crollo nella caserma. Nella foto, l'impresario Quattordio, il gen. Casertano e Leonardo Noie