Vigneti contro campus

Vigneti contro campus L'ULTIMA CRISI DELL'UNIVERSITÀ ITALIANA Vigneti contro campus Da tredici anni si è deciso di costruire a Tor Vergata la seconda Città universitaria di Roma; l'area è ancora bloccata da costruttori abusivi e viticultori improvvisati - Mentre in Italia si va verso il milione di iscritti, gli attuali progetti sono già superati - Forse si dovrà ricorrere all'Università "in casa", con sussidi e' 'Tonici , e (Dal nostro inviato speciale) Roma, dicembre. A monte dell'aeroporto di Ciampino. verso Frascati, la campagna romana si inarca con dolcezza. La zona, nei pressi dell'Autostrada del Sole, prende il nome di Tor Vergata. Là, su un'area di oltre 500 ettari, dovrebbe sorgere la nuova Città universitaria della capitale. Centocinquanta miliardi di spesa per far posto a 25-30 mila studenti, nella speranza che intanto acquistino forma le idee per una terza sede. I centomila iscritti di oggi saranno infatti 180 mila entro dieci anni. Vanno aperti gli occhi su queste cifre, che la realtà inesorabilmente scavalca. « Se ne parla senza frutto dal 1957, quando fu prenotata una prima area all'Eur», mi dice l'economista Sylos-Labini, divenuto in questi anni il « padre di Tor Vergata ». Si occupa del progetto con passione polemica. « All'Eur l'Università fu cacciata fuori dai proprietari dei terreni. Si spostò a Tor Vergata nel 1962. Dopo otto anni siamo, forse, arrivati alla vigilia degli espropri. Quando cominceranno i lavori? ». La domanda è appesa ad una ragnatela d'impedimenti, tessuta in un'atmosfera clandestina e surreale, tipica delle lotte romane per le aree fabbricabili. « Per fermare il progetto dell'Università i proprietari dei terreni hanno inventato anche l'ostacolo dei vigneti. Un gruppo più deciso ad opporsi all'esproprio scopri che dovevano essere difesi i vigneti " tipici " di Tor Vergata. Bastava andare sul posto per scoprire che l'area destinata all'Università era in gran parte incolta. Forse un quinto era occupato da qualche vigneto, e d'impianto recente ». , Sylos-Labini racconta interrompendosi con pìccole risate rabbiose, sfogliando grossi fascicoli che documentano ina lunga storia di mistificazioni e di abusi. « I vigneti sembravano fantasmi. Apparivano e sparivano. Le ispezioni, tardive, non davano risultati certi. Intanto, con la scusa dei vini tipici, l'Università segnava il passo ed i proprietari dei terreni cominciavano a lottizzare abusivamente. Oggi, sul terreno che il piano regolatore assegna all'Università, sono state costruite due borgate abusive ». La speculazione Si sanno i prezzi: per le aree destinate alla Città universitaria vengono offerte 3 mila lire il metro quadralo, contro le 10 mila richieste per aree lottizzate legalmente nei dintorni. Quando il Comune manda i suoi incaricati per sequestrare i macchinari dei cantieri, a Tor Vergata tutto è fermo. Appena gli incaricati se ne vanno, i costruttori fuorilegge riprendono. « Malgrado tutto que- sto almeno 500 ettari dei 617 bloccati inizialmente sono ancora disponibili. Se ci sbrighiamo con gli espropri, la nuova Città universi-, taria potrà essere aperta fra due o tre anni », dice ancora Sylos-Labini. Probabilmente la costruirà Viri. Sarà una Città universitaria di tipo residenziale, dotata cioè di abitazioni per i professori e per una parie degli iscritti. Nella Ciltà universitaria attuale ogni iscritto dispone, teoricamente, di tre metri quadrati e mezzo, comprendendo tutto, dalle aule ai parcheggi. A Tor Vergata ogni studente dovrebbe averne 120, qualcosa più dello standard ritenuto minimo per rendere operanti le nuove didattiche e permettere alla maggior parte degli studenti la frequenza e la partecipazione al lavoro di gruppo. Inizialmente i posti letto saranno tremila, aumentabili in rapporto alle iscrizioni di giovani abitanti fuori Roma. Un confronto: in Gran Bretagna 35 studenti su 100 risiedono nei collegi universitari, ad Oxford ^90 su 100 vivono nell'Università stessa. Si avrà così, nella campagna romana, il primo trapianto italiano del modello anglosassone del « campus » inteso come spazio circoscritto, in cui sorgono sedi di Facoltà, residenze, servizi, luoghi di incontro e di svago, stadi e impiantì sportivi. Il « campus » nordamericano, imitato malamente dai francesi a Nan- terre, è in qualche modo legato- al tessuto delle grandi città. Harvard è legata a Boston; e così il celebre Mit, la cui sigla ha rilievo favoloso nel mondo scientifico e tecnico. «Ghetti» fioriti Si tratta di cittadelle universitarie, con tutti i risvolti negativi che i sociologi vanno illustrando dal 1964, quando a Berkeley, in Telegraph Avenue. comparve il famoso appello studentesco « Organizziamoci e spacchiamo il campus ». Però si tratta al tempo stesso di appendici urbane consolidate, che permettono la trasmissione di novità tecnologiche e di •dee, producendo continui aggiustamenti di valori nella psicologia collettiva. Tor Vergata dovrebbe nascere avendo in sé l'opposizione a una cittadella fittizia, « ghetto per studenti, con giardini », peggioramento del modello statunitense già ritenuto superato nel paese d'origine. La discussione non è accademica. Tocca i progetti di tutte le nuove Università italiane, da quella calabrese alla nuova sede che Torino insegue da anni. « La scelta fra Università residenziale, Università integrata nei centri storici, Università colonna portante di una nuova città, porta con sé enormi problemi politici, sociali, economici » dice il prof. Bruno Gabrielli, docente del primo corso italiano della laurea in Urbanistica, a Ve- I , quali seguono gli iscritti i individualmente, sia per cor- nezia. « Un esempio, forse sottovalutato dagli stessi studenti: il peso dell'ambiente sull'effettiva parità nel proseguimento degli studi. Non bastano le borse, i presalari, gji aiuti economici. Conta l'ambiente in cui si vive e ^i studia. L'Università di domani dovrebbe essere costruita e gestita col fine di assicurare un ambiente adatto ai giovani sfavoriti dalla loro estrazione sociale ». Si delinea, dal progetto di Tor Vergata, l'evoluzione dell'Università italiana da fornitrice di cultura a compiti più complessi. Ormai tramontati i « colleges » che agiscono come stampi di un certo tipo di cittadini, si prospettano nuove sedi di Università inserite nei centri storici di cui il nostro Paese abbonda. Urbino, tutto sommato, potrebbe essere la Oxford nostrana, se i progetti di Giancarlo De Carlo, indicati nel celebre piano da lui firmato, venissero interamente realizzati. Ed ecco l'idea della terza Università romana nel centro storico della capitale, oggi degradato. Genova ha approvato un progetto per l'inserimento delle Facoltà umanistiche nella sua parte medioevale, sul colle di Sanano. A Bologna è stato abbandonato il progetto di un « campus » di tipo statunitense a Ozzano e si punta sull'integrazione dell'Università nel centro storico, utilizzando gradualmente vecchi palazzi o monasteri da restaurare. L'urgenza però si riaffaccia. Se entro pochi anni i seicentomila universitari italiani diventeranno un milione, come costruire sedi sufficienti, sia pure con modelli diversi? Il problema è di tutti i paesi avanzati. Si pensa di risolverlo almeno in parte con l'elettronica. Il contestato ex rettore dell'Università di California. Clark Kerr, ne ha scritto sul New York Times affermando: « Le nuove tecnologie consentiranno di trasformare qualsiasi ambiente domestico in un'aula, con ricchezza d'informazioni superiore al potenziale delle normali biblioteche e Università ». Lauree per tv Gli inglesi, fedeli al loro empirismo, hanno cominciato con una prova: ai primi di gennaio inaugureranno la « Open University » per televisione. Ha già 40 mila iscritti. La vecchia idea di V/ilson è messa in pratica: corsi teletrasmessi e però ii umanizzati » da assistenti. rispondenza, sia attraverso incontri periodici ed esercitazioni obbligatorie nei mesi estivi (minimo due settimane!. Esami ogni anno a novembre, in sedi pertferi che per andare incontro agli iscritti. La laurea di primo grado verrà a costare, dopa quattro unni. 140 sterline, compreso l'alloggio e il vit- to nei raduni d'estate. I L'impiego di nuove teeno logie potrebbe condurre a qualcosa del genere in Italia. A Bari il Centro per applicazioni tecnologiche avanzate sta sperimentando all'Università con la Ibm. A Genova il Laboratorio per le tecnologìe didattiche, creato presso la Facoltà di Ingegneria, impiega con successo videocassette, terminali, circuiti televisivi. Fra l'ipotesi dello studente che non frequenta e quella dello studente che vive nell'Università, s'inserisce l'immagine dello studente che si prepara davanti ad uno schermo elettronico. Mario Fazio Roma. Università sovraffollata: ressa di studenti in Piazzale della Minerva (Foto Team)

Persone citate: Bruno Gabrielli, Clark Kerr, Giancarlo De Carlo, Mario Fazio, Ozzano, Sylos