La prosperosa Padova vuole "contare,, di più nel Veneto di Giuliano Marchesini

La prosperosa Padova vuole "contare,, di più nel Veneto Esiste la lotta con Venezia per il capoluogo? La prosperosa Padova vuole "contare,, di più nel Veneto li sindaco dice: «Ho sentito parlare di Padova "capitale", ma nessuno di noi ha intenzione di fare un'altra Reggio Calabria. Venezia ha diritto di essere il capoluogo, ma è una città nella quale si vive sempre meno. Padova deve ospitare parecchi servizi della Regione» - Queste aspirazioni incontrano l'opposizione di Verona, dove sono già state decentrate alcune facoltà universitarie - Che dicono il Rettore, il presidente della Fiera e il presidente della Provincia (Dal nostro inviato speciale) Padova, 8 dicembre. Davvero Padova è in lotta con Venezia per diventare il capoluogo della Regione veneta? II sindaco Ettore Bcntsik rimane un poco assorto, poi sorride distensivo ed esclama: « Ma no, nessuno di noi ha intenzione di l'are della nostra città un'altra Reggio Calabria ». Ettore Bentsik, democristiano, è di nomina recente (lo hanno eletto il 18 settembre scorso), presiede una Cfiunta piuttosto difficile formata con socialisti e repubblicani e si trova ad affrontare uno dei periodi più importanti per l'avvenire di Padova. Professore incaricato di meccanica razionale alla Facoltà d'ingegneria, appare incline per natura ad una visione realistica delle cose. Ammette, in sostanza, che in molti dei suoi concittadini si sia insinuata e sei-peggi tuttora l'idea di insediare Padova al posto più alto della gerarchia veneta, muovendo una polemica che talvolta assume accenti d'intenso entusiasmo: « Ho sentito usare persino la parola " capitale " ». I padovani che rivendicano ii capoluogo costruiscono la loro teoria rivolgendo alcune obiezioni a Venezia; sostengono che la città lagunare, per la sua stessa particolare conformazione, non è adatta a diventare il centro funzionale e propulsore del Veneto: gli spostamenti sono difficili, lenti, complicati, le caratteristiche sono quasi esclusivamente storiche e turistiche, e poi c'è quell'aria di decadenza e di abbandono. « Insomma, concludono, una città museo non può essere il capoluogo di una Regione ». Nel dibattito, forse finirà per prevalere la corrente più moderata, quella disposta a riconoscere a Venezia il ruolo preminente, di rappresentanza, ma a Padova il diritto di ospitare parecchi servizi dell'Ente Regione. «La mia opinione, dice il sindaco, è questa: non vi è dubbio che Venezia sia il logico capoluogo, innanzitutto perché riassume le caratteristiche delle genti venete. Però, una cosa è parlare di sede del consiglio e un'altra dell'i7isieme dei. servizi di cui deve disporre l'ente. Non è detto che tulio debba essere concentrato nella città lagunare. Mi rendo conto che affermando questo, pensando che Padova possa essere idonea a svolgere una sua funzione nell'ambito del nuovo istituto, apro un discorso su una piùrazionale organizzazione della Regione ». i l la egEttore Bentsik allarga le braccia, poi aggiunge: « Il grosso guaio di Venezia è questo: non si è ancora detto quale ruolo essa debba assumere nella realtà attuale. Non è, in fondo, che manchi di servizi. Ma guardi, a me dispiace particolarmente perché sono veneziano: è una città in cui si vive sempre meno. Rimane un simbolo. Allora, o riduciamo la Regione ad un simbolo, oppure pensiamo che debba operare attraverso strumenti efficaci ». L'aspirazione di Padova a diventare il nucleo di funzionamento dell'istituto regionale incontra decise, tenaci opposizioni da parte di Verona, che in un certo senso si sentirebbe esautorata, vedrebbe diminuire il proprio prestigio nel Veneto. Che cosa rispondono i padovani a queste contestazioni? Il sindaco obietta: « La nostra ci sembra una proposta di soluzione ragionevole, soprattutto considerando la struttura di Padova, l'utilità del suo centro direzionale, la sua notevole vicinanza a Venezia. Ci dicano se sbagliamo, ci dimostrino in che cosa consisterebbero i nostri errori. Noi portiamo avanti argomenti concreti, convincenti. Non chiediamo di avere in elemosina qualche ufficio dell'Ente Regione », Anche nell'ambito dell'attività universitaria, si dice che sia sorta una certa rivalità iva Padova e Verona. L'ateneo patavino, un tempo compatto e autosufficiente, ha ceduto alla città scaligera una parte dei suoi compiti: attualmente Verona ospita una Facoltà di Economia e Commercio con circa 6 mila iscritli. Altri 3.300 studenti vi frequentano Magistero e qualche centinaio il secondo triennio di Medicina, da poco istituito. Molti vedono in questa progressione una spiccala tendenza dei veronesi ad acquisire un proprio centro di studi, autonomo; .qualcuno parla addirittura di « guerra delle Università ». « Non c'è alcun motivo di allarme, dice il rettore dell'Ateneo di Padova, prof. Enrico Opocher. Quelle Facoltà sono emanazioni della nostra Università, sono soltanto sdoppiamenti, noi provvediamo anche a destinare le cattedre. Era necessario, perché ormai qui non si poteva ac¬ cogliere tutti. Questo decentramento è un'esperienza nuova. Che però hu già avuto larghi sviluppi all'estero. Anche in altre parti d'Italia si è cominciato a fare qualcosa in questo senso. Io ritengo che sia un fatto positivo, purché la località scelta per gli sdoppiamenti sia realmente adatta, l'assegnazione non sia dovuta a pressioni di carattere campanilistico. Nel caso di Verona, occorre tener presente che tutta la zona del Trentino-Alto Adige e quella del Mantovano gravitano su questa città. Quindi, mi sembra un'ottima soluzione anche dal punto di vista geografico ». All'interrogativo se i veronesi, attraverso il sistema del decentramento, riusciranno alla fine ad avere una loro Università, di competenza esclusiva, il prof. Opocher risponde: « Questo non dipende da noi ». Pur con i suoi problemi da risolvere, con le sue aspirazioni da realizzare, Padova in complesso è prosperosa, soprattutto per l'attività commerciale che l'ha fatta diventare il centro d'affari pili consistente del Veneto. E la sua fiera dimostra una notevole vitalità. « All'inizio, ricorda il presidente avv. Luigi Merlin, era soltanto una rassegna campionaria generica. E' la più vecchia d'Italia. Ora è mollo cambiata, si è caratterizzata: non comprende più tutti i settori merceologici, ma ne ha scelti alcuni di particolare interesse per la zona, cercando di avere per ognuno di essi la massima rappresentanza ». Il territorio della provincia padovana, invece, presenta ancora alcuni degli squilibri che sono tipici di tutta la regione. « E' una situazione piuttosto strana, osserva il presidente dell'Amministrazione provinciale prof. Candido Tecchio, mentre abbiamo una fascia nord che ha superato, per intenderci, la linea della povertà, l'area meridionale da Montugnana ad Esle, a Monselice e Piove di Sacco è tuttora in precarie condizioni. Direi che la depressione è dovuta soprattutto ad un'agricoltura spezzettata in tante piccole proprietà, polverizzata. E poi, queste zone hanno urgente bisogno di una rete, viaria che consenta efficaci insediamenti industriali. Per il momento, sarebbe inutile portarvi fabbriche. Anzi, sono convinto che non si farebbe opera civile: piantare una grossa azienda in mezzo alla campagna... sarebbe come erigere una cattedrale nel. deserto ». Giuliano Marchesini

Persone citate: Candido Tecchio, Enrico Opocher, Ettore Bcntsik, Luigi Merlin, Mantovano