I 16 imputati di Burgos non possono difendersi di Sandro Viola

I 16 imputati di Burgos non possono difendersi I giudici militari vogliono impedire il processo al regime I 16 imputati di Burgos non possono difendersi Al principale accusato (che rischia la condanna a morte) è stato concesso di parlare soltanto per cinque minuti - Uno spettatore gli grida: «Assassino!», e la Corte non interviene - Un imputato rifiuta di deporre dichiarando: «Mi considero prigioniero di guerra» (Dal nostro inviato speciale) Burgos, 8 dicembre. Nuovo mutamento di tono, e per nulla favorevole agli imputati, nella quinta giornata del processo ai nazionalisti baschi. La sospensione di ieri ha riportato il dibattimento alla sua fase di esordio, a quella prima giornata in cui ai difensori fu impedito perfino di parlare. E' la prova che la malattìa del giudice Troncoso, con cui si era motivata la sospensione, era una malattia diplomatica? Gli osservatori pensano di si. A Madrid si sarebbe deciso di impedire ad ogni costo quel processo al regime militare che si era delineato tra sabato e domenica, quando il dibattimento era stato condotto con un minimo di riguardo per i diritti della difesa. E la conseguenza è che oggi si è visto il principale 'imputato, Javier Izco, deporre per non più di quindici minuti, dieci dei quali occupati dalle contestazioni tra la corte e i difensori. Un uomo che rischia la condanna a morte, insomma, è stato lasciato parlare per soli cinque minuti. Il punto centrale su cui è costruita l'accusa, e cioè la identificazione di Izco da parte della figlia e della moglie di Meliton Manzanas (il poliziotto abbattuto da un membro dell'Età nell'agosto '68), non ha potuto essere affrontato. Il presidente ha respinto ogni domanda o intervento dei difensori. Al colmo dell'esasperazione l'avvocato di Izco, Echevarrieta (un giovarle lucido e coraggioso) ha chiesto che la seduta venisse sospesa per consentire ai difensori di consultarsi su una così grave limitazione delle loro prerogative. Ma il colonnello Ordovas Gonzales ha respinto la richiesta. La seduta si era iniziata con una provocazione fascista. Il primo degli imputati per i quali è stata richiesta la condanna a morte, José Maria Dorronsorio, aveva appena cominciato a deporre quando dal fondo dell'aula un uomo di mezza età, corpulento, ha gridato: « Assassino ». Due o tre voci sono intervenute a dare ragione al provocatore, gli avvocati sono insorti. L'uomo, hanno chiesto, doveva essere identificato e denunciato. Ma il tribunale non ha neppure deciso di allontanarlo. Mentre i volti dei parenti degli imputati si contraevano per la collera e l'umiliazione, il provocatóre è restato dov'era, a fianco di un poliziotto che non aveva avuto il minimo gesto dì reazione al momento del grido, come se nulla fosse accaduto. Nel volto grasso, solido, gli si era dipinta un'aria di trionfo. Eppure, malgrado le interruzioni del presidente, anche oggi si sono sentite nell'aula del gobierno militar accuse gravissime contro le polizie del regime: contro la guardia civil e soprattutto la policia armada, che i baschi chiamano « Gristapo », da gris (grigio) che è il colore delle divise, e da Gestapo. José Maria Dorronsorio, tenuto ventotto giorni in una caserma di S. Sebastiano, torturato sidero prigioniero di guerra, perché lo Stato spagnolo fa la guerra ai baschi. Quindi mi richiamo alla Convenzione di Ginevra circa lo stato dei prigionieri di guerra, cui è fatto obbligo soltanto di identificarsi ». Né il presidente è riuscito sempre ad evitare che, sia pure per una sola frase — il tempo che gli riuscisse a gridare « Basta » — gl'imputati facessero le loro dichiarazioni polìtiche. Sicché Moria Arronza Arruti (24 anni, l'aspetto pallido e fragile) ha fatto a tempo a dire la sua condizione nella lotta di classe; Eduardo Uriarte Romero è riuscito a dire che egli si propone la rivolta contro lo Stato oligarchico e fascista; Dorronsorio ha affermato che l'Età combatte contro l'oppressione del popolo basco. Erano tutti calmi, il tono non era mai fanatico. Qualche metro più indietro, sedute tra il pubblico, le loro madri avevano i visi tesi, ma l'occhio fermo e asciutto. Nelle ore in cui a Burgos era in corso il processo, a Eibar — nella provincia di Guipuzcoa — è morto il giovane che venerdì era stato ferito con altre quattro persone durante uno scontro con la guardia civil. Il funerale si terrà domani, e si temono incidenti. Nella tarda serata di oggi, o domattina, ci dovrebbe essere poi una comunicazione dell'Età circa la sorte del console tedesco. E' quanto ha affermato il reverendo Larzabal, che da S. Juan de Luz, nella regione basca francese, tiene i contatti coi rapitori. Intanto i giornali spagnoli hanno cominciato a parlare, più o meno chiaramente, della non collaborazione dei francesi nelle ricerche del diplomatico. Sì dà per certo che Beihl Schaeffer sia in Francia, si lascia capire che, se i francesi volessero collaborare, si potrebbe giungere in poche ore fino al nascondiglio dei rapitori e liberare il console. Burgos. Bonifacia BeihI, moglie del console rapito, con la figlia (Tel. Associated Press) per notti intere, che non riesce — malgrado le condizioni pietose in cui è ridotto — ad ottenere che si chiami un medico. Eduardo Uriarte Ramerò, tredici giorni di commissariato con interrogatori condotti da quindici-venti po¬ liziotti ogni volta, torturato anche luì. E così Izco, così Francisco Larena Martinez. C'è un solo imputato che non parla di torture, ed è Gregorio Lopez Irasuegui. Ma il fatto è che questo ragazzo di 24 anni non parla affatto. A qualsiasi domanda del pubblico ministero risponde soltanto: « Mi chiamo Gregorio Lopez Irasuegui, appartengo all'Età 'i. E solo quando il suo difensore gli chiede come mai non risponda, Gregorio Lopez spiega: « Mi con¬ Sandro Viola

Luoghi citati: Burgos, Eibar, Francia, Ginevra, Madrid