L'Italia nel Mediterraneo "rosso"

L'Italia nel Mediterraneo "rosso"Nobécourt e Salomon: due saggi che si integrano L'Italia nel Mediterraneo "rosso" Nel nostro Paese, gli stranieri « scambiano il movimento per confusipne » -1 pericoli che minacciano da Oriente Jacques Nobécourt: « L'Italie à vìf » - Éditions du Seuil, Parigi. Michel Salomon: « Mediterranée rouge: un nouvel empire soviétique? » - Ed. Laflont. Parigi. con fenomenì del pìU avanza to Occidente. Osservano sor presi lo slancio economico, ma ad ogni scontro di strada si aspettano il crollo, il caos. te rivoluzione. Con un certo complesso di superiorità, an »« anttgoUisti accettano il giudizio di De Gaulle: « Un povero Paese con un povero regime»; saremmo il malato Un popolo vivo In L'Italie à vif Jacques Nobécourt, da cinque unni corrispondente romano di Le Monde e collaboratore del nostro giornale, tenta di spiegare ai francesi. l'Italia, questa sconosciuta. Anche gli stranieri piU vicini, infatti, o ignorano o deformano le realtà del nostro Paese. Lo vedono attraverso clichés letterari o turistici; ne colgono le contraddizioni, senza cercare dì capire perché aspetti balcanico-levantini coesistano d'Europa. Jacques tracciando Nobécourt, pur un'analisi senza indulgenza, smonta questi pregiudizi ed al termine dell'inchiesta giunge a due conclusioni che sembrano contraddittorie, ma in realtà si integrano ed insieme danno un ritratto fedele della nostra terra. « L'Italie, c'est autre chose ». scrive il giornalista francese: i confronti ingannano, motivi storici e geopolitici fanno dell'Italia un caso ompensa la debolezza delle ortaelicotteri sovietiche in onfronto alle portaerei Usa. nche in questo mare i due upergrandi non hanno altra celta che la convivenza o lo contro atomico. La presenza di Israele ha perto all'Urss la strada nel mondo arabo: a Mosca giova na condizione di semi-guerra ermanente, che eviti tanto a pace, quanto la distruzioe dello Stato sionista. L'Egito, sotto ogni aspetto il più mportante dei Paesi arabi, è maggior centro della preenza sovietica; ma il Cremlio cerca contatti diretti con e altre capitali, disinteressanosi cinicamente della sorte ei comunisti indigeni: Bagad, porta del Golfo Persico, dscdppnlodnsnpszpptAden, chiave del Mar Rosso; \ mindocile Algeri, nel cuore del Maghreb e prossima a Gibilerra; Mogadiscio, sulle spone dell'Oceano Indiano. L'ieologia non ha mai la preedenza sugli interessi di poema: Mosca trova facìlmene l'accordo con i dittatori militari del « socialismo arabo », che Salomon definisce ragione « fascismo del sotosviluppo ». L'azione sovietica non si limita tuttavia a cercare alleati nel mondo arabo. Udo dei meriti di Salomon è di saper mettere in luce l'attività meno scoperta, e forse più inidiosa, per far crollare le posizioni in apparenza più sicure dell'Occidente. La Russia orteggia Franco, conclude affari con la Grecia dei coonnelli, incoraggia il neutraismo turco approfittando dele crisi di Cipro, fa l'elogio del gollismo, strizza l'occhio ai « terzomondisti » italiani. Si prepara al dopo-Franco e soprattutto al dopo-Tito, sperando di far rientrare un giorno Jugoslavia e Albania nel blocco sovietico. E guarda con favore ai progetti di « repubblica conciliare » in Itaia: il pei, « ausiliare privilegiato del Cremlino nel Medierraneo », acquisterebbe un peso determinante sulla nostra politica estera. Carlo Casalegno dnsdshrcnssafgpmlrntthlsslsnqtep unico. Però aggiunge: « Les révolutions de l'Italie sont les nótres ». La crisi italiana ha forse aspetti più drammatici, o più coloriti; ma è la crisi di trasformazione che l'intero Occidente sta vivendo nei rapporti sociali e nel costume, nell'inquietudine giovanile e negli squilibri del potere politico: e non è detto che le soluzioni faticosamente emergenti in Italia siano le peggiori. Anche per questi giudizi sdrammatizzanti, oltre che per l'ampiezza della analisi, si deve sperare che il libro sia presto tradotto ed abbia molti lettori italiani. U inchiesta di Nobécourt tralascia la cultura ed il costume, è forse un po' frettolosa sull'economia, ma offre un panorama attendibile, completo e aggiornatissimo della nostra vita pubblica. La analisi dei partiti è eccellen- te: Nobécourt si orienta con sicurezza tra le molte anime della de e le lotte dei notabili, le lacerazioni dei socialisti, le occasioni perdute dai liberali, V impotenza chiassosa e ambigua dei neofascisti, le contraddizioni dei comunisti. Sono diagnosticati lucidamente i difetti (non solo italiani) della pesante macchina burocratica, aggravati dalle interferenze di sottogoverno; la crisi della giustizia, con un bell'elenco di sentenze aberranti; i complessi rapporti interni e le debolezze della Confindustria. Sono chiare e convincenti le pagine sulla confederazione di Bonomi e sul costo della sua politica, in denaro ed in ostacoli ad un progresso razionale della agricoltura. C'è una bella serie di ritratti sui « consoli » e sui « proconsoli » della nostra vita pubblica: Saragat, custode appassionato delle tradizioni del Risorgimento e della Resistenza; Fanfani, leader estroverso ed enigmatico, con un pungente richiamo a Dollfuss; Moro a discreto come un arciduca privato del trono »; Nenni « sempre più rispettato, sempre meno ascoltato »... In alcuni profili, scritti da uno straniero bene al corrente dei pettegolezzi romani, avremmo desiderato un po' più di malizia; ma i personaggi « ci sono », e servono ad illuminare un'indagine che giunge a conclusioni precise, pur non avventurandosi nei futuribili. L'autore non crede a complotti di destra o di sinistra, e nemmeno a sussulti rivoluzionari; i nostri problemi nascono dalla rapidità dei mutamenti, dalla necessità di realizzare con vent'anni di ritardo le promesse della Co stituzione, dall'incapacità dei partiti e dei sindacati d'accogliere le spinte della contestazione, dal sorgere d'un imprevisto potere sindacale, dai difetti del centralismo uniti alle incognite' della riforma regionale. Sono problemi seri, ma non disperati: gli stranieri hanno torto quando definiscono « confusione il movimento, decadenza quel che è vitalità, anarchia il frutto di un'immaginazione sempre attiva ». La Russia ha nella Bulgaria un docile alleato alle spalle della Jugoslavia e della Grecia. Da tre anni una squadra russa è presente nel Mediterraneo e si appoggia su basi arabe Urss e « mari caldi » Nobécourt non dedica molta attenzione alla nostra po- , litica estera. Il nuovo libro | d'un altro giornalista francese, Michel Salomon, esperto in problemi mediorientali (Mediterranée rouge: un nouvel empire soviétique?), illustra invece con inquietante chiarezza i problemi ed i rischi della nostra posizione internazionale. L'Italia occupa il centro del Mediterraneo, « trappola storica » dov'è incominciato da quindici anni un nuovo confronto politico e strategico tra Russia e America. Si trova nel « ventre molle » del continente: tra i Balcani, « porta di servizio » dell'Europa, il Levante, terra del petrolio e porta dell'Oceano Indiano, ed il Nordafrica, dove la penetrazione sovietica ha consistenti probabilità di successo. Ed il nostro Paese non soltanto non è immune da tentazioni neutralìstiche, ma lia un forte partito comunista che serve da quartier generale per le operazioni di Mosca nello scacchiere meridionale. Salomon evita l'allarmismo propagandistico: il Mediterraneo non è più un « lago occidentale »; ma non è ancora un « lago sovietico », né appare inevitabile che lo diventi. Il rapporto delle forze pende ancora a favore dello schieramento atlantico. L'Urss non controlla le tre porte del Mediterraneo (Dardanelli, Suez, Gibilterra); non gode di appoggi sulle coste settentrionali e non si è impiantata in nessuna di quelle « portaerei immobili » che sono le molte isole: non ha riparato all'antica inferiorità navale e la sua Marina si serve di basi tecnologicamente fragili. Ma in quindici anni di penetrazione metodica (nonostante incertezze o contraddizioni) e ben riuscita (malgrado un certo numero di delusioni) la Russia ha ottenuto importanti risultati. E' riuscita dov'erano falliti gli zar, entrando in forze nei « mari caldi » ed imponendo agli occidentali un duopolio anche del Mediterraneo. La sua flotta, inferiore sul piano tattico e strategico, è sufficiente per limitare la libertà d'azione degli americani; la vicinanza dei missili impiantati in Urss