La "lezione" del mercante

La "lezione" del mercante La "lezione" del mercante (Capacità di integrare affari e politica, cultura e pratica, nella Toscana del Quattrocento e, forse, oggi) Cosimo de' Medici, nel celebre ritratto del Pontormo governo il destino ci riserverà. Ma è parimenti vero che la lezione non è facile da riassumere e ila applicare, non tanto perche i « momenti felici » del Novecento obbedi¬ scano a leggi diverse, quanto per la ragione opposta: queste leggi sono talmente identiche nell'arcano a quelle del Quattrocento, che lo studioso si arrovella nella stessa misura a cercare di spiegare come mai l'Italia d'oggi sia la settima potenza siderurgica del mondo, c la Toscana d'allora fosse al centro del commercio internazionale e della lavorazione dei panni di lana («l'industria pesante di quell'epoca »). Sappiamo di fare un torto a Ugolini limitandoci qui a un nostro sommario del suo sommario^ e accennando alla « cultura del mercante », alla capacità di connettere affari e politica, cultura e pratica, alla gagliarda razionalità, in grado di inglobare perfino i sentimenti più lolli e le passioni più galoppanti, quali elementi del « miracolo » quattrocentesco. Sono elementi che, mutatis mutandis, spiegano pure il secondo «miracolo» economico di dieci o vent'anni fa: spiegano tutto c spiegano nulla, sono iridescenze effimere a loro volta da spiegare. Ma il giudizio complessivo sui poderosi ani del convegno deve essere positivo, giacché il metodo impiegato è giusto, a prescindere dai risultati, che non si riesce facilmente a sintetizzare o v. trasformare subito nelle unanimemente desiderate formule operative. Sergio Ricossa Due recenti convegni della Fondazione Agnelli, svoltisi a distanza di pochi giorni ma su emi per la storia separati di alcuni secoli (l'Italia d'oggi e a Toscana di Cosimo il Vechio), hanno entrambi definio, forse senza troppa premeditazione, bensì con la felice complicità del caso, uno dei più bei problemi da « ricerca nterdisciplinare ». La riscoperta dell'unità del sapere e l conseguente apprezzamento della ricerca interdisciplinare sono, com'è noto, conquiste della cultura più moderna, che tuttavia, dopo decenni di esaltazione del metodo contrario àeW'hortus conciusus, stenta a indicare quali argomenti meglio si prestino a radunare attorno allo stesso tavolo specialisti diversi, col minimo rischio di trasformarli in vittime dell'incomunicabilità. Dopo i due convegni sappiamo che il « problema del momento felice » (chiamiamolo così, tanto per intenderci) si presta magnificamente a che collaborino con successo storici ed economisti, politologi ed artisti, e insomma chiunque si occupi, da studioso, di qualche aspetto, qualunque aspetto, della civiltà. Il « momento felice » è infatti una «esplosione di civiltà », un periodo di relativo splendore, nella storia di una società umana, caratterizzato dall'avvento di forze potenti e misteriose di sviluppo simultaneo in tutti i campi, o in molti campi almeno, senza precedenti e spesso, purtroppo, terminata la stagione più o meno lunga, senza seguito. Gli storici, abituati all'avvicendarsi delle civiltà, hanno da tempo individuato ed etichettato le maggiori di queste fioriture, come il Rinascimento o l'Illuminismo. Gli economisti, da meno tempo, ma con crescente attenzione, .badano anch'essi a come qua e là, di tanto in tanto, una economia « decolli », sollevandosi da una secolare condizione di sottosviluppo. Pure l'Italia ha avuto il suo « miracolo economico », e la relazione del professor Graziani, alla base del primo dei due convegni, ha cercato di spiegarne l'origine e di prevederne il futuro, che non è senza incertezze: lo dimostra la varietà dei pareri espressi dai congressisti. Ma è egualmente incerta la spiegazione dell'origine, nel senso che le cause generatrici, elencate da Graziani e dagli altri economisti presenti, non sem brano mai, se valutate con scrupolo, né necessarie né sufficienti; e, se lo fossero, d'altra parte, il « miracolo » cesserebbe di esser tale e diventerebbe un fenomeno con molte probabilità di ripetersi a piacere dove e quando si voglia. La speranza di penetrare simili «misteri» è indubbiamente legata a uno studio della storia più consapevole di quel che si cerca, più minuzioso e più interdisciplinare. Del tutto valido ci pare perciò il tentativo, di primo acchito sospetlo. di scrutare da ogni lato e con ogni mezzo un lontano « momento felice » della storia italiana, compreso tra il 1-134 e il 1464, per trarne suggestioni capaci di farci intendere meglio c meglio risolvere i problemi odierni, anno 1970, del nostro paese: tentativo che è quello compiuto, nel secondo convegno, da Piero Ugolini insieme con altri studiosi toscani, di varia espeiienza e di varia notorietà, riuniti in una équipe (la quale Ugolini preferisce toscanamente chiamare « masnada ») molto libera c combattiva. Sebbene, diciamolo pure, certe polemiche pagine delle relazioni scritte paiano di troppo a chi non sia nato e non viva a Firenze, nel complesso è più che convincente la tesi che Cosimo de' Medici, mediatore volpino tra politica dei borghesi e politica del popolo minuto nella Toscana del Quattrocento, e ancor più volpino mediatore, lui capo d'una repubblichetta di 750 mila abitanti, tra il Sultano e l'Europa cristiana, abbia qualcosa da insegnare a noi, agli econometristi, alle Commissioni regionali per la programmazione, al Cipe, al governo di Centro Sinistra, a qualunque altrog{

Persone citate: Graziani, Piero Ugolini, Sergio Ricossa, Ugolini

Luoghi citati: Europa, Firenze, Italia, Toscana