Con il pugnale levato sul Papa di Vittorio Gorresio

Con il pugnale levato sul Papa L'attentato contro Paolo VI all'aeroporto di Manila Con il pugnale levato sul Papa Il Pontefice è appena sceso dall'aereo e sta abbracciando l'arcivescovo di Seul - Un uomo vestito con un giubbotto nero (da tutti scambiato per un prete) si avventa contro il Papa col coltello alzato - La lama strappa la tunica del cardinale sudcoreano e una macchia di sangue imporpora la manica sinistra di Paolo VI - L'attentatore abbattuto da monsignor Macchi o dal Presidente filippino con un colpo di karaté? - E' un pittore boliviano di trentacinque anni (Dal nostro inviato speciale) Manila, 27 novembre. Appena seeso a terra, qualche minuto dopo le nove e mezzo di stamane, corrispondenti alle due e mezzo della notte in Italia, Paolo VI ha subito un attentato. Un uomo gli è corso incontro con un pugnale lungo come una daga, brandito a colpirlo: è stato bloccato all'ultimo istante utile, quando il Papa era praticamente alla portata dell'aggressore. I primi a opporsi sono stati ditatti personaggi del seguitò che erano a contatto immediato col Pontefice, prelati di curia e cardinali. Poi sono balzati i poliziotti del servizio di sicurezza e l'attentatore, immobilizzato «in extremis», è stato trascinato via. Il tempo dello scompiglio e stato così breve che, secondo un comunicato ufficiale, « il Santo Padre sembra non essersi accorto di qjiello che stava accadendo ». Può essere un'interpretazione voluta, allo scopo di minimizzare l'avvenimento. In un primo tempo, del resto, sono state anche fatte circolare versioni che negavano il fatto stesso del¬ l'attentato, come se l'uomo avesse avuto altri propositi, del tutto opposti: presentare al Papa un crocifisso, ch'egli avrebbe dovuto benedire per un fedele entusiasta. La verità è purtroppo di gran lunga più grave. L'uomo, un pittore di La Paz in Bolivia residente presso Manila, di nome Benjamin Mendoza y Amor, trentacinquenne, ha anche gridato in spagnolo (o in italiano: le versioni differiscono) di volere liberare il mondo dalla superstizione. Era vestito di un giubbetto di satin nero che a qualcuno è sembrato di foggia clericale, sicché le prime voci corse parlavano di un prete italiano impazzito. Lo si è poi detto ferito, anzi squartato da poliziotti vendicatori. Certo è corso del sangue, anche se in minima misura: tre piccole gocce ed una più grande ne sono cadute sulla manica destra della bianca tonaca del cardinale coreano Stefas no Kim, arcivescovo di Seul. E la stoffa è strappata per un breve tratto. Ci ha poi detto lo stesso cardinale di avere veduto con i suoi occhi una traccia di sangue ed un piccolo strappo anche sulla manica sinistra del Papa, all'altezza dell'avambraccio. Ciò che renderebbe difficile credere alla tesi che Paolo VI non si accorgesse di nulla. An- che il cardinale Kim, tuttavia, ha ribadito che sulle prime aveva veduto non un coltello, ma una croce e ne ha dato la descrizione: di metallo, con un Cristo inchiodato ed un piccolo appoggio. Dice di averla raccolta per terra e di averla consegnata alla first lady delle Filippine, la bella Imelda Marcos, moglie del presidente: Imelda la conserverebbe per ricordo di un'emozione; ma è più probabile che fosse già una croce sua propria, cadutale a terra appunto per l'emozione, e poi raccolta dal cardinale. Il sangue Il coltello c'era e c'è anche il sangue. A non voler pensare, dato che nulla autorizza a ciò, che Paolo VI sia stato sfiorato o punto dal coltello alla sua mano destra, il sangue è quello dell'attentatore che avrebbe potuto ferirsi da sé, mentre lo travolgevano gli urtoni e gli spintoni dei prelati di Curia. Come sia schizzato sulle maniche del Papa e del cardinale può essere difficile da spiegare. Si spiega bene, invece, perché sia stato Kim a condividere la sorte di Paolo VI: in quel preciso istante, infatti, il Papa 10 stava abbracciando. Paolo VI era sceso dall'apparecchio, accolto ai piedi della scaletta dal presidente Marcos, con lui si era avviato verso una specie di palco. Aveva salito i quattro gradini di ima prima pedana, stava percorrendo la cosiddetta linea di ricevimento salutando i dignitari dello Stato filippino e quelli della Chiesa cattolica, sette ministri e tre cardinali, finché è venuto il turno di Kim e l'improvviso assalto di Benjamin Mendoza y Amor. Che l'uomo abbia potuto muovere all'aggressione non meraviglia oltremodo, perché mentre il Papa procedeva verso la tribuna lungo la linea del ricevimento, molta folla correva in direzione del palco, serrando sotto. Correvano anche i poliziotti di servizio, naturalmente, ma 11 momento era di confusione e di crisi per quanto riguarda la sicurezza. Certo è che Mendoza era stato scambiato per un prete e ritenuto tale fino al momento della identificazione successiva. Difatti mentre i poliziotti gli passavano la prima dose di bastonate, si sono sentite grida: «Non picchiatelo, è un prete ». Mendoza intanto continuava ad urlare parole come libertà, liberato, io libero. Condotto al posto di polizia dell'aeroporto ha fatto una lunga dichiarazione, registrata su nastro e poi trasmessa per televisione, nella quale ha detto essenzialmente che voleva uccidere il Papa per farla finita con « le superstizio¬ ni che egli va predicando ». Ha detto ancora di aver progettato l'assassinio del Papa tutto da solo e che nessuno è stato a parte d'una qualunque cospirazione. Il segretario alla Difesa filippino, Juan Ponce Enrile, che conduce le indagini personalmente, dice di non essere molto certo dell'esattezza delle dichiarazioni di Mendoza (« ci sento l'odore di molte bugie») e in ogni modo ha preso contatti con l'Interpol perché le indagini siano estese alla Bolivia. Dal suo paese, Benjamin Mendoza y Amor sarebbe venuto nelle Filippine il 2 novembre 1969, e generalmente vivrebbe in campagna nel distretto di Sampaloc. Non si conoscono esattamente i suoi mezzi di sussistenza dato che col mestiere di' pittore — astrattista — non sembra abbia un gran successo. Egli stesso si è detto scontento del livello della sua arte: « Sono un pittore ancora incapace di esprimere con tutta la necessaria potenza ciò che giace dormente negli oscuri recessi della mia anima e del mio pennello. Un giorno, forse', sarò capace di portare alla luce quei risvolti magici e segreti che sono nel mio cuore, esprimendoli nei miei dipinti con la stessa forza con cui si esprimono nella mia anima ». Poi è tornato a insistere sulla missione di cui si sente investito: «Volevo salvare l'umanità perché il Papa sta spargendo la superstizione ». i o l o a e r a i o a Manila. Monsignor Pasquale Macchi, segretario del Papa, immobilizza l'aggressore (Tcleioto Ansa) Ora che è stato arrestato sotto l'imputazione di tentato omicidio, è aperta la gara al titolo di salvatore del Papa. Secondo una fonte ecclesiastica — monsignor Mariano Gaviola, presidente della Conferenza episcopale delle Filippine — sarebbe stato il segretario particolare del Papa, monsignor Pasquale Macchi, il primo a farsi in mezzo con la' risoluta energia ch'era necessaria. Secondo una fonte statale (si sa che i rapporti fra il potere civile e quello religioso nelle Filippine sono in condizioni di acuta crisi), salvatore del Papa sarebbe stato invece lo stesso presidente Ferdinando Marcos assestando a Mendoza un dissuasivo colpo di karaté. Com'è naturale, i provvedimenti di sicurezza sono stati ulteriormente rafforzati. Si temono complotti di certi nuovi gruppi di oppositori definiti radicali, e tutto l'esercito, oltre alla polizia, è in stato di allarme. Si temono manifestazioni studentesche per domani. La grande massa della popolazione, tuttavia, ha riservato al Papa un'accoglienza che dire trionfale è dire po- ivlanila. L'attimo del dramma: estratto il pugnale, l'attentatore sta per scagliarsi contro il Papa. Paolo VI guarda sbigottito (Telefoto' Ansa) co. Un'esultanza di una massa sterminata lungo tutto il lungo percorso dall'aeroporto alla Cattedrale, stamattina: e il trionfo si sarebbe rinnovato anche oggi pomeriggio al Luneta Park — uno stadio enorme — dove il Papa avrebbe dovuto celebrare una Messa. Ma non vi è andato: non per motivi di prudenza, ma più probabilmente di semplice stanchezza. Il suo programma, d'altra parte, è ancora lungo, ed il suo viaggio appena agli inizi. Vittorio Gorresio Gara aperta