Aiuti stranieri per il Pakistan

Aiuti stranieri per il Pakistan Dopo dodici giorni d'inerzia del governo di Rawalpindi Aiuti stranieri per il Pakistan Aerei Usa in volo verso le zone più colpite - Due navi da guerra britanniche, seguite da grosse imbarcazioni cariche di viveri, sono partite dal Golfo del Bengala - I francesi hanno inviato elicotteri e squadre di medici; i russi una nave da trasporto Altri ritardi avrebbero potuto provocare disordini: in alcuni centri la folla ha protestato contro l'inefficienza dei soccorsi - Le terre coperte dalla sabbia sai-anno sterili per due anni: la popolazione è condannata a vivere a lungo dell'assistenza pubblica ti Ora bisogna solo sperare che nel mondo non succeda qualche altro disastro per un po' di tempo. Un altro cataclisma, un grande accidente, devierebbe il flusso di aiuti delle organizzazioni internazionali e per questa gente sarebbe davvero finita ». C j Ar. | Sandro Viola C j Ar. | Sandro Viola -f (Dal nostro inviato speciale) Isola di Hatiya, 24 novembre. La Intrepid e la Triumph della Marina reale inglese puntano dal Golfo del Bengala verso la penisola e le isole del distretto di Patukhali. Sulla Intrepid ci sono otto elicotteri, e le due navi da guerra sono seguite da nove grosse imbarcazioni cariche di viveri. Un centro operativo forte di tre elicotteri e di alcune squadre mediche è stato impiantato dai francesi a Barisal. La penisola e le isole del distretto di Noakhali sono state affidate agli americani: essi dispongono di quattro elicotteri e parecchio personale specializzaio. Una nave da trasporto russa salpa oggi da Chittagong verso il Delta con un grosso carico di viveri e medicinali. Da due giorni, senza sosta, aerei inglesi e americani incrociano nel cielo di Dacca. Ritardi e negligenze Un'altra volta le grandi potenze erano intervenute in Estremo Oriente in maniera così concertata e fu al tempo della rivolta dei boxers, con lo sbarco in difesa delle legazioni a Pechino. Curiosamente, qualcosa di. questo traffico militare (le divise fiammanti contro gli stracci dei facchini all'aeroporto di Dacca, i miracoli tecnici contro l'arretratezza dei mezzi locali) finisce col risvegliare il ricordo della politica delle cannoniere. Ma gli incrociatori, gli ufficiali ed i soldati sono venuti questa volta a salvare decine di migliaia di vite umane. L'operazione di soccorso dei sopravvissuti al ciclone del 12 novembre ha finalmente le proporzioni adeguate alla vastità del disastro e ciò grazie all'apporto dei paesi sviluppati: un modo, per l'Occidente, di pagare ì debili contratti con le imprese coloniali del secolo scorso. Quanto ai seimila uomini dell'esercito pakistano entrati in azione nelle ultime 48 ore, all'arrivo oggi a Dacca del presidente Yahya per sovrintendere all'operazione di soccorso, essi non possono far dimenticare i ritardi e le negligenze palesate dal governo nei primi dieci giorni successivi al ciclone. E' vero che nessuno aveva avuto all'inizio la sensazione di una catastrofe storica. Non il governo pakistano, non la Croce Rossa locale, neppure la Croce Rossa Internazionale. L'allarme a Ginevra giunse soltanto la sera di sabato e risulta che gli organismi della Croce Rossa non pensarono di trovarsi di fronte ad una tragedia di queste dimensioni. I cicloni nel Golfo del Bengala, le inondazioni nel Delta del Gange sono così frequenti da avere in qualche modo abituato le organizzazioni internazionali alla loro mortale regolarità. Le fotografie aeree (che, come abbiamo detto nelle altre corrispondenze, non potevano dare l'idea concreta del disastro, perché non rivelavano distruzioni di sorta, le case e le persone essendo state semplicemente spazzate via dall'ondata) hanno finito per ingannare anche gli esperti. Squallido primato Alcune foto dall'alto mostrate ad un esperto americano, ha detto ieri il governatore del Pakistan dell'Est, non erano sembrate eccessivamente drammatiche. Ma dodici giorni, quanti ne sono trascorsi, di interventi parziali e ridotti restano tuttavia uno squallido record. Gli studenti di questa zona del paese si sono mossi trascinandosi dietro una parte del sottoproletariato urbano: c'è stata ieri pomeriggio una grossa manifestazione di protesta a Chittagong e ieri sera 500 persone hanno gridato slogans antigovernatìvi intorno all'Hotel eIntercontinental» dì Dacca, dove alloggiano i corrispondenti stranieri. Il governo fa dichiarazioni imbarazzate ed insiste sulla cifra di 150 mila morti che ormai non è più credibile. La Croce Rossa Internazionale li valuta intorno ai 250300 mila. Qui a Hatiya, da dove scriviamo, i segni della strage sono altrettanto scon¬ nove giorni dopo il ciclone. Per quasi una settimana, da domenica 15 a sabato 21, le scorie di vaccino anticolera a disposizione dei dite medici inviati nell'isola sono state del tutto insufficienti, il che spiega perché Hatiya sia la zona dove ci sono più morti da infezioni, tifo, colera e vaiolo. Folla macilenta Un po' fuori del villaggio principale ci portano a vedere una risaia: un vecchio affonda la mano nell'acqua e la ritrae colma di sabbia. La sabbia trasportata dalla grande onda, ci spiegano, renderà impossibile la coltura del riso per almeno un paio d'anni. Questa folla macilenta che ci gira attorno, che con una straordinaria intuizione ha capito che cosa andiamo cercando ed infatti ci indica senza sosta le carogne degli animali, i tumuli neri dell'humus del Delta sotto cui giacciono a decine i morti, è dunque destivata a vivere per mesi e mesi, forse anni, dell'assistenza pubblica in uno Stato che non ha i mezzi, né la capacità organizzativa per allestire un pro¬ gramma assistenziale. Nel villaggio è tutto un andirivieni di fotografi ed operatori, un risuonare di ordini dì capi-troupes televisive, una caccia — diciamolo — al personaggio più patetico, alla visione più miserabile, all'immagine della morte. Un funzionario della Croce Rossa con una lunga esperienza di queste tragedie ci dirà sulla strada del ritorno: soccorsi. Nella foto, un superstite riceve dei viveri (Tel. Ap) Dacca. Squadre di elicotteri portano nelle zone devastate volgenti che a Bolha. Nell'aria stagna lo stesso fetore greve, continuo, che viene dalle migliaia di cadaveri e dì carcasse di animali ancora insepolti. Un funzionario americano al seguito dell'ambasciatore Usa a Rawalpindi, venuto qui ieri con un carico di aiuti, ci dice che nella parte meridionale dell'isola è morta una persona su due: ve ne erano trentamila, ne sono restate la metà ed in condizioni terribili. Il primo funzionario del governo pakistano inviato nell'isola, ci racconta uno studente di qui, è giunto a Hatiya soltanto sabato scorso,

Persone citate: Sandro Viola

Luoghi citati: Estremo Oriente, Ginevra, Pakistan, Pechino, Rawalpindi, Usa