"Toller,, di Tankred Dorst al Piccolo tra il teatro impegnato ed il "varietà,,

"Toller,, di Tankred Dorst al Piccolo tra il teatro impegnato ed il "varietà,, Il dramma tedesco con la regìa di Chéreau a Milano "Toller,, di Tankred Dorst al Piccolo tra il teatro impegnato ed il "varietà,, Lo spettacolo rievoca la rivolta berlinese del 1919, finita con le fucilazioni in massa degli operai della solidarietà della borghesia con Toller, che questi pur combatteva, e che si traduce in una condanna mite per il poeta e nelle fucilazioni in massa per gli operai. Avvenimenti così intricati, e poco noti, stentano ovviamente ad arrivare al nostro pubblico. Né lo spettacolo di Patrice Chéreau fa molto per agevolarne la comprensione. Eppure la formula, proposta dallo stesso Dorst e fatta propria dal regista, di una rivista di varietà sarebbe dovuta andare a pennello a Chéreau: sembra connaturata al suo estro traboccante di invenzioni (che anche qui, in verità, non mancano) e lui stesso l'ha già applicata, ma molto più efficacemente, nel Murieta di Neruda. Nel Toller, sia per l'eccessiva lunghezza, o l'assoluta inutilità, di scene che avrebbero dovuto essere scorciate 0 abolite se si voleva il ritmo svelto del « varietà », sia per 1 compiacimenti che l'appesantiscono, sia ancora per l'imbarazzante modestia della recitazione (si salvano con onore Antonio Salines, protagonista, Paolo Bonacelli, Graziano Giusti e, a sprazzi, il Fanfani e il Degli Esposti), 10 spettacolo risulta confuso direi sgraziato, e soprattutto scarso di quell'/i«mour e di quella ironia che dovrebbero far lievitare, pena la noia, siffatte rappresentazioni. E' vero, c'è un'orchestrina di strumenti popolareschi che strimpella spiritose musichette di Fiorenzo Carpi, e c'è la scena di Richard Peduzzi che talvolta si anima e si riempie di divertenti soluzioni (la gigantesca poltrona dell'ex palazzo reale dei Wittelsbach su cui s'arrampicano e lottano Toller e i suoi, 11 teatrino da fiera con i « testoni » dei socialdemocratici Ebert e Noske), ma non sempre bastano a convincere il regista a prenderla più bassa. Capisco il teatro « engagé », non il « melo ». Alberto Blandi Cinema d'Essai — Al cinema Centrale, stasera, ore 22, dibattito con il pubblico per la « prima ii di « Fantabulous il Interverrà il regista del Iilm, Sergio Spina. (Dal nostro inviato speciale) Milano, 24 novembre. « Scene di una rivoluzione tedesca » è il sottotitolo di Toller che uno dei più quotati autori della Germania d'oggi, il quarantacinquenne Tankred Dorst, ha incentrato sulla figura del poeta e drammaturgo espressionista Ernst Toller in quelle poche settimane del 1919 in cui l'artista, * allora giovanissimo, tenne la presidenza dell'effìmera repubblica sovietica di Baviera, nata negli ultimi sussulti della disperata ma lucidissima rivolta spartachista. Teatro politico? Il solido impianto alla Piscator della rappresentazione che ne diede la stagione scorsa, anche a Firenze e a Milano, il regista Peter Palitzsch con il Teatro municipale di Stoccarda, diversissima tuttavia e neppure confrontabile con l'edizione presentata stasera dal « Piccolo » milanese nella traduzione di Aloisio Rendi, suggeriva di rispondere di sì. Oppure teatro documentario? Anche, ma solo per chi si servisse dei « documenti ii, avverte l'autore che non sembra dello stesso avviso, come di pezze di appoggio per una verità storica. Esclusa, con orrore, l'idea di un dramma a forma chiusa, e negata, non senza presunzione, la dipendenza da altri modelli, « si è rinunciato — è Dorst che scrive — a un legame diretto tra la maggior parte delle scene, alla trama e alla tensione drammatica. L'azione è data dal procedere dell'avvenimento storico ». A parte che in questo modo rientra dalla finestra il teatro documentario, e anche il teatro politico nella sua sottospecie più sfruttata di teatro di agitazione, rimaneva la strada di un teatro a forma aperta. Il Dorst l'ha imboccata e con lauta risolutezza che delle numerose edizioni del suo Toller, ricorda lui stesso, non ce n'è stata una, dal 19iili ad oggi, che fosse simile all'altra. Anche per questo è difficile prescindere dallo spettacolo per parlare di un testo che si presta, e quasi invita, a tagli, rimaneggiamenti, interpolazioni. In ogni modo, anche la sola ossatura ripropone il problema di tutte le rivoluzioni: è possibile mutare l'ordine, o il disordine, delle cose senza spargere sangue? La domanda affiora continuamente nel contrasto che divide Toller e i suoi amici idealisti o scriteriati (l'anarchico Landauer predica l'amore universale come il Cristo di cui ha l'aspetto, ma il bizzarro Muhsam gira i cabaret con canzoni satiriche di sua creazione e il misterioso Lipp finisce addirittura in manicomio) dai comunisti che, guidati dal ferrigno Levine, rifii'tai.o ai entrare in un governo di « intellettuali » e' pacifisti se non quando, pur presentendo la sconfìtta, non se la sentono di abbandonare i lavoratori alla furia della reazione. Non è tutto qui, s'intende: le vicende politiche rimbalzano e si rifrangono in dialoghi e ii skelches » su diver si piani i l'operaio e la cameriera, i comizi, il popolino mutevole), al motivo principale altri se n'intrecciano (ad esempio, l'antisemitismo e la parte avuta dagli ebrei nella rivoluzione) dai quali emerge nel tragico finale quello

Luoghi citati: Baviera, Firenze, Germania, Milano, Stoccarda