I poeti, questi sconosciuti di Giorgio Manacorda

I poeti, questi sconosciuti La lirica tedesca da Nietzsche a Rilke I poeti, questi sconosciuti « Da Nietzsche a Rilke », a cura e con versione di Rodolfo Paoli, Sansoni Accademia editori, pagine 3' lire 2000. Dante riappare con « folgorante sguardo » a far da guida (come accade a Virgilio nella Commedia) ad un nuovo pellegrino degli Inferi. E' Gerhard Hauptmann che introduce l'Alighieri in un poema, scritto in terza rima come la Divina Commedia, intitolato Der grosse Traimi («Il grande sogno»). Quest'opera in versi è l'ultima fatica di un autore di cui è nota soprattutto l'opera teatrale. Accade spesso che di autori che hanno dato il meglio di sé in un altro settore dell'attività letteraria si ignori o si sottovaluti la produzione in versi. E' il caso anche di Nietzsche, la cui produzione poetica è, alme- no da noi, poco nota. Ed ora un'antologia della moderna poesia tedesca (da Nietzsche a Rilke) viene a colmare certe lacune. Come nel caso di Frank Wedekind o, ancor più, di Arthur Schnitzler, di cui si pubblicano qui, per la prima volta, « alcune liriche sconosciute anche nel mondo di lingua tedesca ». Non ci sembra il caso di discutere la scelta su cui si basa l'antologia: sia perché questa non è la sede, sia perché i criteri sono sempre inevitabilmente arbitrari. Vorremmo invece sottolineare come ci si allontani da una stereotipa scala di valori letterari acquisiti, per portare alla ribalta anche nomi poco noti, almeno da noi, ma significativi come Hermann Stehr (di cui qui per la prima volta si traducono i versi) o come Casar Fleischlen. Ancor più sorprendente che risulti nome nuovo per una antologia italiana quello di Cari Spitteler. Tra l'altro, pare che Sigmund Freud abbia preso la testata della sua rivista di psicanalisi Imago da un omonimo romanzo di Spitteler autobiografico e, in qualche modo, pre-psicanalitico. Del resto, l'interesse per l'inconscio era nell'aria, se anche in Nietzsche è possibile trovare diverse anticipazioni dell'analisi dell'io profondo. Non è un caso che la letteratura degli ultimi anni dell'Ottocento e dei primi anni del Novecento tenti l'analisi e la rappresentazione delle turbe più o meno patologiche della psiche. Siamo in una grande epoca di crisi che, come disse Hoffmannsthal, « non può basarsi che sull'instabile, e sa benissimo quanto instabile sia. mentre le altre generazioni credevano nellu stabilità. Una leggera cronica vertigine vibra in lei ». E' il periodo che precede l'estroversione tragica e scapigliata dell'espressionismo, in cui il dramma dell'insicurezza è bruciato fino in fondo. Siamo in un'epoca in cui ci si accorge di essere orfani e si ricerca il padre, non a caso, dentro se stessi. Naturalmente, non lo si trova, perché non è un problema di nevrosi individuale, ma storica: il padre è l'Ottocento che è morto. Si è parlato a questo proposito di « espressionismo ». « neoromanticismo », « neoidealismo » o, ancora più esplicitamente, di « nuova interiorità », volendo con queste espressioni definire una nuova tendenza all'introversione. Non si tratta più di rappresentare gli oggetti, la realtà del mondo esteriore: è la reazione al naturalismo, alla pura rappresentazione, il rifiuto della tirannia della materia. In Francia è il simbolismo. In Germania, per la produzione in versi, più che di un vero e proprio movimento bisogna parlare soprattutto di una personalità come quella di Rilke. Giorgio Manacorda

Luoghi citati: Francia, Germania, Rilke