Socialisti pochi e divisi di Vittorio Gorresio

Socialisti pochi e divisi I COMUNISTI TRA "GAUCHISTES,, E GOLLISMO Socialisti pochi e divisi Guy Moller, mi dice: «Le vere famiglie politiche non coincidono più con i partiti. Molti sono socialisti e non lo sanno» Infatti la Sfio ha solo 60 mila iscritti, e c'è il rischio che il partito si scinda ancora una volta - Una frazione è disposta ad allearsi con i comunisti, l'altra guarda ad un blocco di centro - E' su questa che punta Jean-Jacques Servan-Schreiber (Dal nostro inviato speciale) Parigi, novembre. L'unità, il raggruppamento, anche la semplice alleanza dei partiti politici della sinistra francese è un evento improbabile. Du questo punto di vista il regime e sicuro, la sua slabilità non minacciata. Esiste, certo, un'op posizione molto larga che si potrebbe anche considerare numericamente maggioritaria, ma essa in pratica e impotente. Nel quadro di questa opposizione, poi. è il partito comunista che ha la maggioranza; ma ciononostante è anch'esso impotente: « La verità — riice Roger Garaudy — è che i francesi non si esprimono più, politicamente, attraverso i partiti ». Quattro «famiglie» Secondo Guy Mollet — già Presidente del Consiglio durante la Quarta Repubblica, oggi cultore di nostalgie parlamentari e socialiste — i francesi non si riconoscono più nei parliti, ma in quelle che egli chiama famiglie politiche, le quali sarebbero quattro: « C'è la famiglia dei conservatori, che sono poco democratici in politica ed autocratici in economia, in quanto capitalisti. C'è la famiglia dei democratici liberali, che politicamente sono democratici ed autocratici in economia. QueUa dei democratici socialisti è democratica tanto in politica quanto in economia. La .famiglia dei comunisti, finalmente, è per l'autocrazia in politica e per il socialismo in economia. Badi bene — mi avverte — che le appartenenze alle diverse famiglie non corrispondono affatto alle suddivisioni tra i partiti esistenti ». Non tutti i conservatori stanno nell'Uàr {Union Démocratique Républicaine, il partito gollista), non tutti i socialisti fra i socialisti, non tutti i liberali fra i liberali. Se si potesse ricominciare tutto da capo per fissare le nuove divisioni secondo le differenze dei principi e la varietà delle idee, si avrebbe uno spettacolo di quadriglia all'insegna di uno scambio generale: « Chi di qua, chi di là. Non so dove andrebbe a Unire un Vallon, che è gollista ma anti-Pompiclou; o Valéry Giscàrd d'Estaing, al quale piace la democrazia politica, ma non l'economia democratica. Democratico è anche Lecanuet, ma limitatamente ai concetto del suffragio universale, perché alla sola parola di economia sooialista si spaventa come un bambino. Bastava Defferre a fargli paura, si immagini, e non parliamo dei radicali, sono un'insalata ». Scarso coraggio Ci sono buoni democratici, fra loro, ma democratico non è il loro numero uno, Jean-Jacques Servan-Schrei- ber, capitalista fino al midollo, che del denaro fa un uso scandaloso, e che ha per le masse lo stesso disprezzo che nutriva De Gaulle: « Ma il paragone non è gentile per il Generale, che almeno era qualcuno, un uomo in grande, mentre J.J.-S.S. è un piccolo ». Secondo Guy Mollet, i socialisti sarebbero in Francia una massa sterminata, potenzialmente, ma sono socialisti che si ignorano, e tormentati da complessi d'inferiorità nei confronti del sistema: « Anche gli eletti socialisti che amministrano molti municipi tendono sempre ai compromessi, accontentandosi di quello che chiamano il socialismo del possibile. Come se fosse concepibile il socialismo dell'impossibile », conclude con sarcasmo l'ex Presidente. D'altra parte, anche nell'ultimo Consiglio nazionale del partito (ufficialmente chiamato Sfio: Section Frangaise Internationale OuvrièreJ che si è tenuto a Bondy. a metà d'ottobre, le conclusioni sono state un compromesso ambìguo fra la tendenza di sinistra guidata da Guy Mollet e Jean Poperen. che vorrebbe alleanze elettorali con ì comunisti, e la tendenza di destra, capeggiata da André Chandernagor, che preferisce intese con i parliti di centro. Esistendo nel partito almeno altre due sottotendenze e almeno una dozzina di varie sfumature, la decisione che è stata presa a Bondy consentirà alleanze un po' con tutti, in occasione delle elezioni amministrative nel prossimo marzo. Sarà cosi possibile conquistare \qualche municipio, ma il volto del socialismo francese non ne verrà chiarito; c'è chi anzi è convinto che dopo le elezioni il partito socialista patirà una scissione. « A mio giudizio è inevitabile » mi dice Gilles Martinet, uno dei più autorevoli esponenti di' quella sinistra francese che fa gruppo attorno al Psu i Parti Socialiste Unifié; di Marcel Rocard. una formazione sorta congiunturalmente ai tempi della crisi d'Algeria, che comprende molti cattolici, per qualche verso più a sinistra degli stessi comunisti. « E' inevitabile perché l'attuale vecchia Sfio ha veramente due anime inconciliabili. Gli uomini dell'ala destra respingono il fronte popolare quale alternativa al gollismo, chiedono un blocco dei riformatori alla Servan-Schreiber, una grande alleanza che escluda solo i comunisti ed i gollisti. Era la strada di Defferre nel 1969 quando la Sfio precipitò dal 13 per cento che prima aveva ad un miserabile 5 per cento di voti. Ch'uomini dell'ala sinistra, da Mollet ai più giovani, ribattono che questa sarebbe la fine del socialismo: se al socialismo raggiungano appena la cifra non si crede più, si faccia pure, ma chi ancora ci crede se ne andrà dal partito, si immetterà nei sindacati, si porrà in posizione di alleanza critica con i comunisti ». All'erta, nell'attesa di dividersi le spoglie della povera Sfio minacciata di morte, stanno il Psu da una parte, e dall'altra il «riforma-, tore » Jean-Jacques. Gilles Martinel dichiara che la sola vera forza dì sinistra non comunista, ma efficiente, ingegnosa, sicura dell'avvenire in Francia è oggi organizzata dal Psu. Esercitò subito una grande attrazione quando. nacque, nel 1959, col nome di partito socialista autonomo. Il suo capo, Rocard, era stato segretario nazionale della gioventù socialista, ha convinzioni cattoliche, è tentato dalla tecnocrazia, lo si direbbe ini uomo di formazione Ena (TÉcole Nationale d'Administration fondata da Debré). Il Psu non è un partito di massa, conta probabilmente non più di 12 o 15 mila aderenti, ma dispone di quadri con una buona preparazione: « I socialisti tradizionali non li amano — mi dice Martinct — anzi diffidano di loro quando li sentono cantare l'Internazionale, inoltre li sospettano venati di gauchisme: ma tra la Sfio ed il Psu è a favore del Psu che il tempo lavora». Cinquemila radicali Anche Jean-Jacques Servan-Schreiber si prepara a tagliarsi la sua fella di eredità tra i sessantnmila attuali aderenti alla Sfio, e ne ha bisogno urgente dato che i suoi iscritti sembra che di cinquemila, più o meno un terzo di quelli del Psu. Aspettando i socialisti di destra, egli si sente ancora l'uomo dell'avvenire, nonostante la disavventura elettorale che gli è toccata recentemente a Bordeaux. Questa ha rappresentato un momento d'arresto per la sua carriera, ma finirà con l'essere dimenticata come un semplice episodio, e d'altro canto lo favorisce la crisi tra i socialisti, che invece è permanente. Per quanto è in lui. naturalmente cerca di aggravarla ed in una certa my a ottiene lo scopo. Bat- tuoìiero, aggressivo, gioca tutto per tutto, addirittura propone se stesso come la sola alternativa esistente nel Paese, ed una simile scoperta ambizione è di quelle che aprono prospettive nette: o unii caduta nel ridicolo o una vittoria piena. Ovviamente egli crede nella seconda. « Mi sono accorto che in Parlamento i tre quarti degli eletti socialisti pensano già come i radicali. E allora che lo dicano, una buona volta. Io non ho nessuna intenzione di sabotare il partito socialista — assicura condiscendente Jean Jacques — ma di svegliarlo. Che il partito socialista dica di es- sere riformatore e non falsamente rivoluzionario, e avrà l'appoggio del partito radicale che ormai è diventato elettoralmente importante ». Il suo programma è la costituzione d'un movimento riformatore: « Quando i socialisti avranno proclamato che la via delle riforme è quella buona, e,la sola buo¬ na, sarà possibile un'intesa nazionale tra i radicali e i socialisti. In attesa faremo accordi locali là dove i socialisti si saranno dichiarati riformatori ». Il movimento riformatore deve creare un'opposizione che sia capace di governare: « La democrazia rinascerà il giorno in cui l'opposizione sarà in grado di reggere il governo. Cominceremo prima con i socialisti, ma forse più avanti procureremo di far uscire i comunisti dal loro isolamento, sempre tenendo in conto il principio essenziale che l'opposizione deve saper governare ». Senza alternativa Sono verità assai banali, al punto di riuscire irritanti, come irritante è la lieve condiscendenza che ServanSchreiber mostra per ì partiti non ancora folgorati dalle sue illuminazioni. Col suo comportamento, d'altra parte, in pratica egli rende un servigio al gollismo. Contribuisce alla divisione delle sinistre ed alla crisi del partilo socialista; ed è il primo a sostenere col coro dei gollisti elle l'opposizione di oggi non rappresenta alcuna alternativa di successione al vigente regime. Ne prende quindi atto pacificamente il capo del governo Jacques Chaban-Delfnàs: « Se non esiste una vera opposizione è l'Udr che deve assicurare, in pari tempo, l'ordine e il movimento ». Può essere una triste constatazione per chi ha un concetto diverso del funzionamento della democrazia, ma i fatti sono indiscutibili ed un ritorno a un effettivo pluralismo politico, ad una possibilità d'avvicendamento tra maggioranza e minoranza è per la Francia un'eventualità così lontana da apparire del tutto improbabile. Vittorio Gorresio ^^^^^^ Parigi. Servan-Schreiber (a sinistra) vuole strappare iscritti e voti al partito di Guy Molle! (Telefoto)

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