L'attico sul Canal Grande di Francesco Rosso

L'attico sul Canal Grande LA MONDANITÀ IN ITALIA: VENEZIA L'attico sul Canal Grande Si dice che la città è malata e affonda, che i patrizi disertano i palazzi storici per le ville di campagna, che i veneziani se ne vanno - Ma dall'Italia e dall'estero arrivano forestieri; comperano e restaurano case, abitano la vita culturale, rendono festevoli i giorni e le notti - All'Harry's Bar passano più celebrità che ai tempi di Hemingway - E' un ribollire d'iniziative: si progetta persino una "Supercanzonissima" con lotteria miliardaria (Dal nostro inviato speciale) Venezia, novembre. Gli aggettivi per la Venezia attuale suonano quasi tutti a morto; fatiscente, agonizzante, condannala a sprofondare nella Laguna, sotto i termini che si inseguono in ogni conversazione, articolo di giornale, conferenza. E' una condizione che dovrebbe allarmare i veneziani e, invece, li lascia totalmente indifferenti, forse perché non credono al disastro imminente. Anzi, hanno sotto gli occhi lo spettacolo di una Venezia più che mai alla moda, invasa da schiere di turisti di gran classe che affollano gli alberghi di lusso, da sttidiosi dei moti delle acque, da équipes di esperti nei restauri: tutta gente che passa^ nel salotto della contessa Anna Maria Cicogna Volpi, presidente di « Italia Nostra » per Venezia, ed in quello della contessa Teresa Foscari, presidente di un altro comitato, quello di « Venezia viva », per riversarsi poi in quello del conte Vittorio Cini, definito l'ultimo doge di Venezia perché la sua casa sul Canal Grande ripete gli antichi splendori della Serenissima con lu più impressionante pinacoteca di primitivi che tin privato abbia potuto collezionare. Inglesi di Asolo Queste tre persone, più alcune altre di cui dirò, danno il tono alla società veneziana: le famiglie patrizie se ne stanno un po' in disparte, indifferenti al futuro di Venezia. « Trascorrono parte dell'anno in città, ma preferiscono le loro ville di campagna, o la stagione invernale a Cortina », mi dice la contessa Cicogna. « E' vero — aggiunte la contessa Foscari — l'aristocrazia veneziana non fa molto per Venezia, ma piuttosto che far male è meglio che non faccia nulla ». La mondanità veneziana, quindi, non si svolge a Venezia, ma altrove, dov'è più facile celarsi; nelle ville di campagna, ad esempio. C'è stato un grande ritorno d'interesse, per i veneziani che possono spendere, per le case di campagna nel Trevigiano, oppure sulle pendici delle colline di Arquà, o nelle vicinanze di Asolo. Qui s'è stabilita una colonia fissa di inglesi, attratti dalla soavità del paesaggio, o dal ricordo di Caterina Cornalo, regina di Cipro; e proprio in casa d'un baronetto inglese è stato ospite ad Asolo nei giorni scorsi Filippo di Edimburgo, marito della regina d'Inghilterra. I veneziani se ne vanno da Venezia, ed arrivano gli stranieri, chi di passaggio, chi per un lungo soggiorno, chi per comperarsi l'appartamento a buon prezzo. Oggi, Venezia è sicuramente il centro internazionale più interessante d'Europa, perché personaggi di gran nome in ogni ' attività l'affollano ormai da gennaio a dicembre. Commissioni per la salvezza di Venezia arrivano periodicamente, facendo capo all'isola di San Giorgio e alla Fondazione Cini. « Stiamo diventando un centro culturale molto importante — mi dice la contessa Cicogna —. La Fondazione Cini, la collezione di Peggy Guggenheim, la presenza di numerosi artisti, italiani e stranieri, danno a Venezia un j o i . o . a i o aspetto nuovo, che vale la pena di esaminare ». Ma una voce ironica contraddice in termini taglienti. « I veneziani sono portinai della cultura — dice il mio interlocutore, che vuole l'anonimo —. La Fondazione Cini? E' un albergo di cultura, che non lascia nulla a Venezia ». Gente che conta Gli antagonismi, a Venezia, sono spietati, appena mitigati da un sorriso se ci si incontra per l'aperitivo allo Harry's Bar, tappa obbligala per chi vuol rendersi conto dell'aria che tira a Venezia, e per incontrare il jet j set internazionale che frequenta il locale reso celebre da Hemingway. Qui passano Charlie Chaplin con la moglie Oona; l'ex ministro britannico Profumo, quello degli scandali erotici: Cabot Lodge, ex attore ed ex umbasciatore americano in Vietnam; Filippo di Edimburgo. Questi sono alcuni nomi, quasi sempre in vista su giornali e rotocalchi: ma poi c'è il fiume di altre persone che si sentirebbero infelici se non avessero un tavolo all'Harry's Bar, e son tutte persone che coniano nella finanza mondiale, nell'arte, nella scienza. Noti tutti sono americani, inglesi, svizzeri o francesi. Vi sono anche molti italiani, soprattutto milanesi che, attraccato il lussuoso yacht alla punta della Dogana, scendono a terra per l'aperitivo e la colazione all'Harry's Bar dove, fatalmente, incappano in un barbuto signore che gli vende un alloggio. Pupa Ferruzzi Bulbi, leggiadra signora ed elegante arredalrice, non ha mai lavorato come in questi tempi. « Pare che ogni giorno dodici veneziani abbandonino Venezia per la terra ferma — mi dice — però arrivano dodici terragni da Firenze, Roma, ma soprattutto da Milano, che si comperano l'alloggio lasciato vuoto da quelli che sono partiti ». E' gente che ha idee proprie per l'arredamento? « No, vengono qui, parlano col mediatore, poi si rivolgono all'architetto, oppure a me, e dicono: faccia lei, ci fidiamo ». Venezia muore, sprofonda? « Macché — ribalte ancora Pupa Ferruzzi Balbi —. Non sappiamo spiegarci il fenomeno, ma la gente viene qui da tutto il mondo a comperare l'appartamento; una società immobiliare americana ha investito grossi capitali alle Zattere, a San Marco, a Santa Maria del Giglio; i francesi preferiscono le vicinanze del Canal Grande, seguendo i gusti del duca De Cases, che si è stabilito all'Accademia e mantiene una delle ultime gondole personali, col gondoliere in livrea ». Gli architetti hanno gran luvoro, ma a differenza di quelli milanesi preferiscono starsene nell'ombra, per cui diventa quasi impossibile avvicinare quelli più noti, come Pianati, Belluvitis, Scarpa. Ma questi ospiti di Venezia fanno vita mondana, organizzano feste, balli, sia pure non farnosi come quello di Bestecjui a Palazzo Labìa?, damando in giro. «Non molto nelle loro case, preferiscono i saloni dei grandi alberghi, dove passano inosservati », è la risposta. slCNei piani alti La Venezia opulenta, sfarzosa, orgogliosa delle dimore patrizie in cui si svolgevano feste così frequenti e costose che hanno finito per svuotare i forzieri già pingui dell'aristocrazia lagunare, è definitivamente scomparsa; ne sta sorgendo un'altra, forse mena appariscente, ma più moderna, pur nel rispetto della tradizione venezianu. Se i milanesi, con la comodità dell'autostrada della Serenissima, comperano l'alloggio a occhi chiusi, e fanno altrettanto per l'arredamento (un comodo pied-à-terre per le vacanze brevi ed i potili lunghi nelle vicinanze del Casino), c'è gente che sa quello che vuole, quando compera la casa a Venezia. I piani terreni della città sono in disfacimento, ed è questo, credo, che dà l'impressione del disastro imminente; ma un po' più in alto, soffitte, attici, altane, piccali appartamenti, sotto le mani di architetti abili e ben indirizzati, si trasformano in scrigni d'arte, con mobili e quadri antichi, a anche modernissimi, come vuole oggi la nuova scuola veneziana. Chi viene a trascorrere una set Umana nella sua casa veneziana non ha la sensazione di abitare in. una città malata, o prossima al disfacìmenlo: anzi, si direbbe che proprio per aver troppo gridato che Venezia muore, c'è aggi questo impetuoso ritorno mondiale d'interesse che anima festevolmente le giornale e le natii della Serenissima. Giornate festevoli, con lunghe cocktail parties per molti avvenimenti. Ne sono pretesti le mostre a Palazzo Grassi, le festività nazionali nei molti consolati che hanno rappresentanze a Venezia, il passaggio di ospiti di riguardo nel Palazzo Cini o nelle case di ricchi borghesi: come in quella di Giancarlo Ligabìte, che - ebbe ospite Caterina Furtseva, ministro della Cultura dell'Urss, seguita da alcune signore russe una delle quali, uscendo, volle sapere dalla sigtiora Ligabue la marca del suo smalto per le unghie. Serate piacevoli lungo le calli di Dorsoduro, dietro l'Accademia, dove si riuniscano studenti ed hippies, artisti d'ogni tendenza e provenienza, in una fìnta bohème che stempera le sue eccentricità nel molle clima lagunare. Se di giorno, ombra di se stesso, gira per queste calli, irsuto e scontroso, Vottantenne poeta americano Ezra Pound. di notte si vedano personaggi più stravaganti, carne il pittore austriaca Underwasser, altissimo, barbutissimo, affogato in un enorme caffettano marocchino, in compagnia di pittori e scultori americani che preferiscono blue jeans logori e sfilacciati. « Per reazione al disfatti¬ smo — 77ii dice Vito Chiarelli, presidente dell'Azienda di soggiorno e turismo, — Venezia ha avuto una ripresa sorprendente ». E' vero, obietto, ma non c'è il pericolo che a Venezia arrivino soltanto ì pensionati, che diventi un « cimitero di lusso », come Montecarlo? A Venezia, mi assicurano, non vengono i vecchi, ma i giovani, gente che ha qualcosa da dire e da fare, gente viva. Prendiamo Salvatore, scultore palermitano, attorno al quale gravita la cultura artistica di Venezia. Un suo bronzetio è l'ambito premio che uomini di cultura veneziana come Apollonio, Bergamo, Della Corte, Nuvoletti, che si riuniscono all'Amelia, noto ristorante di Mestre che vuol ripetere nel Veneto le glorie di Bagutta, conferiscono ogni anno ad un artista, poeta, scultore, pittore, musicista, scrittore. Buona pubblicità « Venezia non muore, stia tranquillo; anzi, con la gara in cui tutti sono impegnati per salvarla, è tornata ad essere nuovamente un grande centro internazionale », dice ancora Vito Chiarelli. E mi ' racconta d'una terza fondazione, quella di « Venezia nostra » patrocinata dall'industriale Gino Caselli, che vuol salvare Venezia con le canzoni: un festival mondiale coi più celebri nomi della musica leggera, abbinato ad una lotteria internazionale. « Raggiunto il miliardo, — dicono di lui — cerca la corona d'alloro, e Venezia può essere una piattaforma ideale ». In attesa del festival e della lotteria che dovrebbero procurare i miliardi per restaurare Venezia, egli finanzia durante tutta l'estate l'illuminazione sul Canal Grande, una forma di mece- natismo costosa ma vistosa. 'Francesco Rosso