Il latino travestito

Il latino travestito LA DIFESA DELLA LINGUA Il latino travestito Il troppo ragionare non è mai consigliabile nelle cose di lingua che spesso pertengono alla natura, come dimostra, fra altri esempi, l'odierna alternativa staiu quo - status quo, che sembra pensata apposta per creare inutili fastidi di declinazione. Perché la genesi della seconda forma, novamente introdotta, è chiara: il ribrezzo che i raziocinanti provano a usare statu quo (scorciatura, propria del linguaggio diplomatico, della locuzione latina in stai., quo ante) in posizione che non sia d'ablativo, e il conseguente impulso a rovesciare il costrutto (status in quo ante) per toglierne la correttezza d'un soggetto. Ma mentre non c'è nessuno (e se ci fosse, sarebbe un bel pedante) che veramente distingua i casi facendosi cantare dentro la declinazione di status,m i più, una volta abboccata la nuova forma status quo, la usano non meno assolutamente dell'altra, incorrendo noi. nel cui lessico sono ab antico (eccone una) scaglie latine che toscanamente rivestite non sembrano più tali: e infatti dai pratici si scrivono senza verun risalto ortografico. Se statu quo non sarà ancora così docile come « ab esperto », « prò capite », « issofatto », « casus belli », «tot» e altri latinismi mediati dagli antichi toscani, esso però si pone nella coscienza dei parlanti come un sostantivo maschile italiano ilo statu quo), ove l'ablativo latino statu ha perso ogni appiglio sintattico; tanto che se ne potè trarre l'aggettivo statuquoisla (variante scherzosa di Conservatore), in cui quel processo di cristallizzazione è perfettamente concluso. Contro le fìsime della logica grammaticale si torni dunque allo statu quo, dicendo statu quo per tutti quanti i casi. i più, una volta abboccata la nuova forma status quo, la usano non meno assolutamente dell'altra, incorrendo Il latino che ancora regge la spinta dei tempi è quello così connaturato all'italiano che ancora ci rimane, che nelle slogicature (se le son j per fortuna sua nessuno lo volute!) del «riportare le co- j bada e pochissimi lo riconose allo status quo », della : scono: ;. strare crepuscolo « politica fondata sullo status i donnola ordire furibondo quo » e via dicendo. Viva l'empirismo inglese che a faccia fresca dice «conservare lo statu quo », « i fautori dello statu quo », senz'impacciarsi di casi; e così, e a maggior ragione, faremo scevro moroso diuturno ecc., e poi il latino assunto in funzione tecnicistica, come appunto stafu quo, iter, corpus, campus, habitat e altri corpuscoli appinzati dalle virgolette. Quanto al latino dei latinismi veri e propri, bisogna ammetterlo, è in rotta completa. Passano anni senza che negli stili anche più elevati (elevati per quel che fa la piazza) s'incontri un supputare, un callido, un diro e tanto meno un colo (pensiero), un pattilo (largo), un cunctabundo (temporeggiatore). Appena è se qualche maccheronico così per gioco ne rilancia alcuni (Gadda più di tutti, con elato, alto, fubulante, verligo e altri), o qualche critico per impegno (ancora tabulare), o gli scienziati perché son tenuti a farlo ipollulo e impanato, con altri «molti). Eppure a conseguire la sublimità senza dare in gonfiezza, nessun artifìcio stilistico vai quanto un latinismo, mollato a tempo da penna maestra. Il Petrarca fu notato di grandezza per aver usato prandio invece di pranzo, che avrebbe guastato tutto, in un luogo epico dei Trionfi, cosi come incanta noi, nel I famoso sonetto del « vecchie- j rello », « l'antiquo fianco » l che veramente aggiunge pie-1 tà. Un latinismo sia pur lar- j vato può essere di balsamo all'amor proprio. Forse il | vecchio che non vuole esser | chiamato vecchio, sarebbe meno urtato dal lene veglio i che continua, attraverso al i provenzale, il latino vetulus. 1. P- i

Persone citate: Gadda, Petrarca