Tre grandi inquieti descrivono un'epoca

Tre grandi inquieti descrivono un'epoca Mostre importanti nelle gallerie torinesi Tre grandi inquieti descrivono un'epoca Ernst: il messaggio dei surrealisti - Le Corbusier: il pittore e il grafico lavoravano per l'architetto - Sonia Delaunay: le suggestioni dell'orfismo Tre grosse presenze, fra le j maggiori dell'arte contemporanea, dominano in questi giorni il panorama delle ino- : stre torinesi; e confermano quanto recentemente qui seri-1 vevamo circa la vivacità cui- j t urale della città. Max Ernst al « Fauno » (piazza Carignano 2), Le Corbusier alla « Narciso » ( piazza Carlo Felice 18), Sonia Delaunay alla «Martano» (via Battisti 3). Bombardati dalle richieste ossessionanti di quaranta e passa gallerie locali, ciascuna delle quali vorrebbe, giustamente, che .si parlasse di ciò- che espone, e senza contare le cento e cento d'altri luoghi, non è che si possa in una breve nota ritentare una definizione critica di questi tre protagonisti del mondo artistico moderno. Accontentiamoci d'una rapida cronaca. Un profeta dell'uomo Ernst (nato nel 1891, vivente) lo si vide a Torino ampiamente rappresentato da 27 opere fra « Le Muse inquietanti » nel '67-'68; poi di nuovo, nel '69, alla « Galatea » da altre 19. Al « Fauno » ce n'è 21, compresa una scultura, più alcune litografie. Il dipinto più importante, e impressionante, è Buste. 1924, già apparso alla « Galatea », che. superato il mo-1 mento Dada, ci introduce nel pieno della stagione surreaUstica del maestro di Colonia, cioè del regno di cui egli I è sovrano, popolato d'immagini di crudeltà, con reminiscenze di terrori tra la tenebra e la luce, gorghi della mente umana, fantasmi del sogno che affiorano nitidi e perfetti nelle immagini, come ha scritto .Janus nella bella presentazione della mostra. Nel secondo volume di L'art et le monde moderne (Parigi, Larousse, 1970), un'opera poderosa sulla quale dovremo ritornare, l'accademico di Francia René Huyghe, già conservatore capo dei dipinti del- Louvre, saluta in Max Ernst la maggior figura della pittura surrealista e « uno dei più grandi artisti del nostro secolo »; e parla della sua aere ironia, che si rifiuta d'essere esplicita, della sua tecnica proteiforme di continuo reinventata, della sua aristocrazia stilistica segreta e lontana. E' una testimonian¬ ; i | ! ; ! i 1 j i | ! |iI:i 1 I za autorevole su questo legittimo discendente di Klee, che ne ha oltremodo dilatato l'immaginazione. Ma la mostra di piazza Carignano, pur nel suo tono minore, un po' frammentario, propone con limpidezza quello ch'è forse il carattere saliente di Ernst: la sua imprevedibilità nella tematica, connessa con la sconfinata libertà di un perpetuo stato onirico. La mostra alla « Narciso », composta di opere prestate dalla (i Fondazione Le Corbusier » di Zurigo, delude gli studenti d'architettura che vi cercano, e no: trovano, prò gettazioni e disegni architettonici. Essi dimenticano che lo svizzero Charles Edouard Jeanneret (1887-1965), ribattezzatosi « Le Corbusier » nel 1920. fece le sue prime armi come incisore e cesellatore, e per tutta la vita coltivò parallelamente architettura e ; pittura ( non trascurando la i scultura: nella mostra ve ne sono tre saggi), inserendole entrambe in una visione derivala dal cubismo, interpre| tato però secondo il « purismo » di Ozenfant, teorizzato dall'esprit Nouveàu, la ! famosa rivista l'ondata nel ; 1920 Nella prefazione al catalo! go di questa prima grande i mostra torinese del celebre architetto, Carlo Munari ad1 dita ii il profeta che dedicò j la propria esistenza a riceri care una civiltà a misura dell'uomo ». Anche se lo stes| so Le Corbusier affermava es! serci una gerarchia nelle ar ti, che vuole «la figura urna | na alla sommità», non vedia imo come questi saggi pitto I rici e grafici tengan fede al : precetto. La figura umana è i quasi sempre rappresentata non come creatura vivente cui donare « La città radio| sa ». ma come forma greve I e massiccia imprigionata nel tirannico « Modulor » ispira tore di quella casa di Marsi glia nella quale in principio nessuno voleva abitare. La gioia del colore Il gran nome dell'architetto, figlio spirituale degli illu- mrrmsdpolpmmldclnVnstlhnA«ministi del Settecento e dei isocialisti utopisti dell'Ottocento, ha trascinato con sé i anche quello del pittore; e di fatto la sua pittura, la sua grafica, possono esser studiate in una luce compie mentare della sua architettura, Dubitiamo però della loro autonomia poetica, od al- i ! meno della loro forza di per- ; suasione, Recano l'impronta della genialità. Stentano a parteciparla completa. Non ci sembra che l'oggi j ottantacinquenne Sonia De- j launay sia diversa, nella suaji produzione tuttora attivissi-j ma, da come apparve la pri-1 ma volta a Torino nel '60 al- ' la Galleria civica d'arte mo-1 derna, nella grande mostra che riuniva opere sue a quella del marito Robert, morto \ nel '41, allestita da Vittorio i Viale. Notiamo alla « Martano » guazzi ed arazzi d'una splendida vivace cromìa, tutti dell'ultimo quinquennio, e i la sua gioia coloristica non I ha subito la minima flessioné da quando Guillaume j Apollinare aveva battezzato ! « Orfismo » la preminenza della* funzione dinamica del co-1 lore sulla composizione, già evidente intorno a". 1913 nel-1 la giovane pittura: e Robert Delaunay e la moglie Sonia erano appunto considerati se- ; guari dell'Orfismo. Su questa linea Sonia De- j launay ha lavorato per oltre j sessantanni in varie direzioni: pittura vera e propria, stoffe e ricami, scene e co-1 stumi teatrali (balletti Diaghilev), modelli per la moda, arazzi, tappeti. E' slata ed è tra i più convinti asseriori dell'astrazione artisti- ; ca, mai dimenticando d'esser nata nel paese di Kanclinsky. | mar. ber. -4- Discussi in un congresso i problemi del film-sexy New York. 12 novembre. Al congresso dell'associazione americana degli esercenti cinematografici, che si è svolto al Bar Harbour con la partecipazione di 7600 esercenti, l'argomento al centro delle discussioni è stato la produzione sexy. I congressisti, pur manifestando vive, preoccupazioni, hanno escluso l'utilità di qualsiasi intervento esterno, ritenendo che la responsabilità delle programmazioni deve essere sem- i pre lasciata alla coscienza i dei singoli esercenti. Molto interesse ha suscitato la relazione del presidente della « MPAA », Jack Valenti, poiché è stata l'associazione che egli presiede la promotrice del codice e della commissione di autocensura. « Da un sondaggio di opinioni — ha affermato Valenti — c risultato che il 64 per cento degli intervistati, dei quali 219S adulti e 475 gioiwii. fra i 12 e i 17 anni, considerano utile la qualifica dei film che viene fatta dalla commissione di revisione della MPAA ». (Ansa)

Luoghi citati: Bar Harbour, Colonia, New York, Parigi, Torino, Zurigo