Genova un mese dopo

Genova un mese dopo La disastrosa inondazione del 9 ottobre Scorso Genova un mese dopo Le due giornate di tragedia sembrano lontane - Nelle strade devastate dal nubifragif T'*?ttività è ripresa alla buona, ma ovunque nell'aria è lo scontento per la mancata opera di ru eruzione L'altra sera in Consiglio comunale qualcuno del pubblico ha gridato: "Basta, ci prendete in giro da un mese" - Si parla di sciopero generale - Domani a Voltri ci sarà una giornata di lutto e di protesta (Nostro servizio particolare) Genova, 0 novembre. Si e compiuto un mese: sembrano lontane le due giornate eli tragedia vissute da Genova col disastro di Voltri, con le inondazioni di Scstri e della Valpolcevera, infine con lo straripamento del Bisagno e il crollo di una parto del « Biscione ». In centro le strade sono quasi pulite. I cumuli di automobili infangate e deformate, raccolte alla Foce, si sono ridotti e non attirano più folle di curiosi. Nei quartieri dietro la Stazione Brignole qualche negoziante ha appeso insegne di fortuna, « siamo aperti », per dire ai clienti che l'attività è ripresa, alla buona. Ma nell'aria è comparsa una tensione prima sconosciuta. Lo scontento per l'opera di ricostruzione e per ;Ui aiuti, statali e comunali, si aggrava di giorno in giorno. L'altra sera, in Consiglio comunale, dal pubblico qualcuno ha gridato: « Basta, ci prendete in giro da un mese ». Si parla di sciopero generale. A Voltri preparano una giornata « di lutto e di protesta »; .«irà mercoledì. Dignitosi nel dramma Fra gli alluvionati c'è tanta gente, a migliaia, che ha cercato di essere pulita e dignitosa anche nel dramma. Non ha implorato, non ha provocato tumulti, per una estrema prova di pazienza che però non deve essere confusa con una illimitata capacità di sopportazione. Al volontarismo e alle spontanee solidarietà delle prime settimane doveva succedere una organizzazione efficiente, guidata da idee generose per un piano generale' di ricostruzione, non limitata a qualche rattoppo. Ma, oltre la buona volontà di singoli amministratori e funzionari, si è avvertita ima frattura. Le buone intenzioni e le promesse si sono sgretolate nei conflitti di competenza e nei litigi in Consiglio comunale. Non si parla neppure di un piano organico per rimettere Genova in piedi su basi più solide di quelle denunciate dal meccanismo dell'alluvione. Un emblema di impotenza potrebbe essere il muretto che alcuni operai vanno alzando lungo le rive del Lcira, a Voltri: fragile argine destinato a sparire alla prima piena. Altro emblema: le ruspe che continuano a scavare ai piedi di colline e pareti rocciose per creare nuove aree fabbricabili. Il velo dell'ottimismo e del compiacimento per la serietà dei genovesi oggi appare a molti sospetto, quasi una cortina per coprire responsabilità, deficienza di analisi e di provvedimenti radicali. Si mettono in dubbio le stesse cifre ufficiali. Sono 27 i morti, o un centinaio come dicono a Voltri? E quanti sono i dispersi? Veramente undici, come si conferma oggi? Le escavatrici stanno lavorando per sgombrare il gre to del Bisagno. Altre mac chine demoliscono i resti del ponte della ferrovia che sbarra il corso del Leira fra le case di Voltri. Non piove dai giorni dell'alluvione, mai una goccia' d'acqua. Il comportamento eccezionale della natura ha forse contribuito a far credere che i danni non l'ossero cosi gravi come s'era detto, che fosse possibile provvedere alla ricostruzione con i mezzi ordinari, senza la travolgente premura dei primi giorni. Si vive di paura I mezzi dell'esercito sono ben presto scomparsi, ora si fa affidamento sulle opere da compiere con i miliardi stanziati dal Comune. E' stato pubblicalo un lungo elenco di impegni, oltre tre miliardi per le fogne (sono « saltate » nei quartieri alluvionali! un miliardo e mezzo per la ripulitura dei torrenti, altri miliardi per case popolari, .scuole, strade, opere diverse, tino al totale di 10 miliardi e 750 milioni. Ma la gente si domanda: quando questi impegni potranno tradursi sul terreno? Quando si darà sicurezza a chi vive nelle zone minacciate? In Valpolcevera le popolazioni dei quartieri bassi vivono nella paura dell'acqua e delle frane dei depositi di carburante appesi sulle loro leste. La condizione di insicurezza o addirittura di paura è generalizzata in Val Bisagno. A Voltri lavora un comitato di esercenti e di commercianti. Attivissimo è un altro comitato diretto da un giovane prete, don Giuliano. La protesta voltrese ha i suoi portavoce anche in un farmacista e in un aristocratico, non sospettabili di tendenze sovversive né di speculazioni politiche (i tentativi non mancano, ogni giorno). Prende corpo in alcune richieste precise: più rapido sgombero dzcmppmncrmVLvcraaVnfiuirLpacopclt. i , . i i . n i l i e e o e e l l à a e i e ? l re e i ma o i e iui, a o si a no o rloo i, del letto dei torrenti, eostruzione immediata di argini sicuri, impiego di reparti e di macchine del genio militare per accelerare le opere, comprese quelle indispensabili a monte, sulle colline che hanno generato il disastro. Altri comitati e gruppi di quartiere si riuniscono quotidianamente in Valpolcevera e in Val Bisagno, al « Biscione ». L'esasperazione è stata aggravata dalla conferma di vecchie abitudini delle autorità responsabili a non tenere in alcun conto le denunce e gli avvertimenti dei cittadini. A Voltri sono morti nell'alluvione tre uei 100 cittadini che firmarono il 25 gennaio 1965 una petizione al sindaco per informarlo dello stato di pericolo esistente sulle rive del Leira. La lettera fu inviata per conoscenza al prefetto e al Genio Civile, ma senza alcun risultato. Auguriamoci che si risponda oggi alle richieste pressanti di i provvedimenti cautelativi. Si ! chiede che vengano sospesi i lavori dei cantieri edili aperti nelle zone franose. Sono decine, dalla zona del « Biscione » a quella di Marassi, alle colline che sovrastano la Stazione Principe e il porto, alla Valpolcevera. Si continua a scavare sotto le case per costruire altre case, puntellando le paréti di roccia, ignorando la tragica ed enormemente costosa catena che si allunga da anni. La Gescal, che ha tanti palazzi abbandonati perché pericolanti, sta per costruirne altri (tramite l'Iacp) su terreni che si sono messi in movimento, come quelli di via Mogadiscio. Si ripeterà l'esempio del « Casone », grande edificio popolare che troneggia deserto sulla Valpolcevera, disabitato perché pericolante? Ma c'è di più: sulle alture del Bisagno, sopra il cimitero di Staglieno, il Comune ha autorizzato la costruzione, da parte di privati, di un « complesso » per seimila abitanti. Altrettanto su una collina di Pegli che verrà mozzata. Già dimenticato il dissesto idrogeologico delle colline? Quali garanzie si possono dare sulla innocuità di nuovi e così massicci insediamenti nelle zone ritenute « colpevoli » del disastro, perché erose, sventrate, edificate in modo tale da convertire una pioggia in una valanga? La legge sull'edilizia Eppure la legge sull'edilizia parla chiaro: « E' vietato costruire su terreni sedi di frane in atto o potenziali» (legge n. lb'84 del 25 novembre 1962). Un'altra legge, la n. 710 del 25 aprile 1938, è recepita dal regolamento edilizio di Genova, che all'articolo 97 dice: «E' vietato costruire edifìci sili ciglio o al piede dei dirupi, su terreni di eterogenea struttura, detritici o franosi, comunque atti a scoscendere ». Si arriverà al blocco delle licenze di costruzione nelle zone sospette, per una veri. i fica geotecnica? Si vieterà la moltiplicazione di depositi di olii minerali e di carburanti, già definiti nel 1964 così pericolosi da far pensare a « disastri di proporzioni apocalittiche » in una relazione di tecnici ministeriali? Il sindaco di quel tempo non aveva emesso un'ordinanza per il blocco degli impianti petroliferi, poi ignorata? Queste sono le domande che ricorrono nei quartieri genovesi colpiti un mese fa, aggiunte alle domande sugli aiuti, più immediate ma forse non più pressanti. La gente ha paura di questa città rivelatasi così fragile. L'alluvione ha suggerito di irrobustirla. Ma non lasciando inalterato il meccanismo che corrode le colline e l'intero ambiente. Soltanto un piano globale di restauro dell'ambiente e di ricostruzione, fondato su una idea nuova di Genova, può dare sicurezza alla città. Mario Fazio

Luoghi citati: Genova, Voltri