Duemila baraccati occupano 3 palazzi di Francesco Santini

Duemila baraccati occupano 3 palazzi Nel centro e^alla periferia di Roma Duemila baraccati occupano 3 palazzi Per evitare l'intervento della polizia una delegazione e andata dal prefetto e dal sindaco - Una donna: «Ho vissuto 38 anni nelle baracche; per una stanza e cucina senza bagno pagavo 14 mila lire il mese » (Nostro servizio particolare) Roma, 7 novembre. Stanchi della vita nelle baracche, duemila abitanti delle borgate romane hanno occupato la notte scorsa tre grandi edifici, due in centro, il terzo in periferia. Hanno lasciato con poche cose le bidonvilles fatiscenti ai margini della città e, sfondati i portoni, si sono installati in due enormi stabili di via Cavour e in un casermone di cemento, appena ultimalo, della Mariana, uno dei più recenti esempi di speculazione edilizia romana. Questa di occupare edifici ancora liberi o in restauro è una storia che si ripete già da tre anni ai primi freddi. Anche stavolta è accaduto in via Cavour, nei pressi della .Stazione Termini: è la zona costruita dai piemontesi subito dopo il loro ingresso a Roma con larghe strade a scacchiera e grandi casermoni, destinati alla media borghesia degli impiegati che nel corso del secolo hanno lascia- | to il quartiere per trasferir- j si in palazzine più moderne. | Al loro posto sono subentrati operai, piccoli bottegai, manovali ed ora ex baraccati. I tre palazzi di proprietà dell'Immobiliare dall'ottobre | scorso sono occupati da seicento famiglie delle baracche e il fenomeno si estende agli altri stabili appena un appartamento si rende libero. Al numero 216 e 218 i nuovi inquilini hanno esposto grandi striscioni: « Una casa, vi è scritto, per i 70.000 baraccati romani ». E in un altro: «Basta con gli affitti alle stelle, il governo intervenga contro i parassiti degli affitti ». Il palazzo al n. 216 è un ex convento delle suore « Oblate ». « Volevano costruirci un grande albergo. dice Alberta Garbini di 39 anni, e noi siamo venuti con ì nostri letti. La mia baracca l'ho lasciata a mia cognata. Se viene la polizia a mettermi fuori mi debbono trovare ima casa: non possono lasciarmi per la strada ». I corridoi dell'ex convento fervono di attività. E' trascorsa la prima notte di occupazione e già ci si comincia ad organizzare. Gruppi di uomini e donne dipingono le porte, qualcuno anche le pareti, scrivono il nome della famiglia sull'ingresso. Già si parla di indire un'assemblea. Per evitare l'intervento della polizia, una rappresentanza degli occupanti s'è recata stamane in prefettura; un'altra ha chiesto udienza al sindaco; una terza è stata ricevuta dal presidente della Provincia e una quarta nella sede della Regione. Alla Provincia, hanno chiesto al presidente Ziantoni di impiegare al più presto i seicento milioni stanziati in bilancio per la costruzione di nuove case. Hanno minacciato, in caso contrario, di occupare il portone del palazzo. Manifestazioni si preannunciano per i prossimi giorni e già si stanno preparando i cartelli per marciare su piazza del Parlamento e sulla piazza de! Campidoglio. Abbiamo parlato con qualche occupante del palazzo di via Cavour 216. Silvana lanciotti dice: «Mario, mio marito è impiegato in una ditta di pulizie a Fiumicino. Guadagna 110.000 lire il mese e quindici già se rie vanno per raggiungere il posto di lavoro. Se dalle 95 che stano tolgo trenta o quarantamila lire di affitto che cosa dò ai miei cinque figli? Io sono nata in una baracca del Prenestino: ci sono rimasta per 38 anni, poi, con Mario, avevamo affittato un appartamento: 30.000 lire il mese. Troppo per noi, ma volevamo fare un sacrificio per togliere dall'umidità i nostri bambini. Da tre mesi siamo tornati nelle baracche, non avevamo pagato la pigione e ci avevano dato lo sfratto. Ma sa quanto pagavamo per una baracca di una stanza e cucina, senza bagno? 14.000 lire il mese. Cosi abbiamo deciso di occupare ». «Con mia moglie e quattro figli abitavamo al Borghetto Latino, dice il disoccupato Angelo Corigliano, due figli mi sono morti di polmonite in due anni: in inverno la pioggia passava il tetto della baracca e, senza le fognature, l'acqua mi entrava dalla strada. Quest'anno ho deciso di andarmene: via Cavour è per me una fortuna: i miei figli avranno come gli altri una casa e non buscheranno la polmonite ». Della borgata Gordiani è invece Rita Capontini: « Mio marito è in prigione per un furto involontario. Aveva trovato ventimila lire in un locale pubblico e hanno detto che le aveva rubate. Ho due bambini e ne aspetto un altro: ho lasciato la baracca perché mia sorella veniva ad occupare e non avrei saputo dove lasciare i bambini per andare a mezzo servizio ». Ognuno con una sua storia, i tdbapaPi«sn21re- i baraccati che occupano i tre edifici si dicono stanchi delle promesse. « Ora che afe- biamo una casa siamo decisi I a difenderla con i denti ». Francesco Santini -f

Persone citate: Alberta Garbini, Angelo Corigliano, Rita Capontini, Ziantoni

Luoghi citati: Roma