Pena ridotta all'operaio che assassinò la cognata

Pena ridotta all'operaio che assassinò la cognata Alle Assise d'appello di Torino Pena ridotta all'operaio che assassinò la cognata Da 23 a 21 anni di carcere - Il delitto avvenne ad Asti nel '67 - Un proiettile colpì anche la figlia dodicenne della vittima La Corte d'Assise d'Appello di Torino ha ridotto da 23 a 21 anni la pena inflitta in primo grado all'operaio Gerardo Navazio, 25 anni, che ad Asti, nel novembre '67, uccise la cognata Incoronata Caprarella, trentanovenne, e ferì gravemente la figlia. L'uomo doveva rispondere di omicidio, tentato omicidio e numerosi altri reati: incendio, danneggiamento, minacce, violenza privata, violazione di domicilio. La riduzione della condanna è dovuta all'applicazione dell'amnistia per alcune di queste imputazioni. Il procuratore generale dott. Repaci, nella sua requisitoria, ha proposto 30 anni di carcere, sostenendo che il Navazio aveva premeditato il delitto. Ma la Corte (pres. Forchino, rei, Heer, cane. Palozziì ha accolto la tesi del difensore, avv. De Marchi, ed ha escluso l'aggravante della premeditazione — come già aveva fatto la Corte d'Assise di Asti — ritenendo che l'operaio avesse agito in un momento d'impeto, sconvolto dalla gelosia. Ieri mattina il Navazio si è presentato ai giudici molto sicuro di sé e sereno. Non ha aggiunto nulla alle dichiarazioni rese nel precedente processo e, alla lettura della sentenza. Ita sorriso. I familiari della vittima si erano costituiti parte civile con l'avv. Pazzi di Asti. Il delitto avvenne verso le S del 14 novembre '67. La vittima abitava con il marito. Michele Navazio. di 40 anni, in corso Matteotti 147, ed era madre di quattro figli, tra cui Maria Cristina, oggi quindicenne. Gerardo, originario di Melfi, si era stabilito fin dall'età di 16 anni in casa del fratello, ad Asti. Tra lui e la cognata nacque subito una relazione che durò fino all'ottobre del '67, quando la Caprarella decise di troncare ogni rapporto col Navazio. Disse l'imputato ai carabinieri che l'arrestarono: «Amavo Incoronata, non potevo vivere senza di lei. Quel mattino mi trovavo a casa sua: quando ho sentito suonare il campanello della porta ho creduto fosse arrivato mio fratello; persi la testa e sparai ». Esplose cinque colpi: due andarono a vuoto, due uccisero la donna, uno ferì al volto la figlia che era entrata con lei. La ragazzina guarì dopo un mese di ospedale. L'omicida fu catturato nel pomeriggio alla stazione ferroviaria di Alessandria, mentre saliva su un treno diretto al Sud. Da quando la Caprarella aveva deciso di lasciarlo, il giovane aveva compiuto una serie di aiti intimidatori nei confronti della cognata e di suo marito: arrivò perfino a distruggergli una « Vespa » e ad appiccare il fuoco al suo alloggio. Di questi gesti l'imputato sostenne sempre di essere innocente, ma al processo di primo grado, poco prima della sentenza, confessò: « Sono stato io ». s. ro.

Luoghi citati: Alessandria, Asti, Melfi, Torino