Mazzola forse ha "dribblato,, un processo per direttissima

Mazzola forse ha "dribblato,, un processo per direttissima Grazie al gol del pareggio contro la Svizzera Mazzola forse ha "dribblato,, un processo per direttissima Almeno così la pensa Sandrino riferendosi alla polemica con Riverii - Malinconico ritorno a Milano di una parte della comitiva azzurra - Per Valcareggi, come al solito, «l'esperienza è stata positiva» dal nostro inviato Milano, lunedi mattina. Erano quasi le cinque quando Valcareggi, Mazzola, Pacchetti, Boninsegna, il dottor Fini e Bearzot sono scesi dal treno alla stazione di Lambrate. Il viaggio da Berna era concluso. Milano semideserta, nella fredda mattina della domenica autunnale, ha accolto in silenzio l'arrivo dell'assonnato gruppetto azzurro. Solo Mazzola appariva sveglio, un po' eccitato. Un ferroviere l'ha fermato: « Complimenti, l'abbiamo visto in televisione. Se non inventava quel gol. Con tanti saluti a Rivera ». « Grazie ». ha risposto Sandrino con un sorriso malizioso. Di quel gol che ha evitato all'Italia una sconfitta umiliante contro la Svizzera si era discusso a lungo durante la notte. Qualcuno aveva stappato una bottiglia di « champagne » per festeggiare Mazzola il quale non nascondeva la propria felicità. «Non ho vinto — diceva Mazzola — ma con quel tiro finito alle spalle di Kunz ho evitato che a Lambraie mi facessero il processo per direttissima con... esecuzione capitale sul pósto. Senza dubbio la rete più importante della mia carriera ». « Non sono importanti solo i sei famosi minuti di Rivera in Messico, lo diverranno anche i quattro minuti finali di Mazzola al "Wandkorf" di Berna». «Nella vita di un uomo ci sono quei trenta secondi che decidono. Forse non è giusto perché non sempre quella breve frazione di tempo stabilisce il suo vero valore, ma è così. Possono costituire l'appagamento di una carriera ». « Lei ha segnato un gol che ricorda il Mazzola dei bei tempi. Se la sentirebbe di tornare a giocare più avanzato? ». « Fisicamente penso di essere migliorato in potenza, ma forse non ho più la mentalità della " punta ". In ogni caso non sta a me giudicare se sono più utile come centrocampista-rifinitore e come attaccante vero. Il mio so¬ gno è di giocare alla Di Stefano, ma prima dovrei vedere se sono in grado di svolgere questa funzione nell'Inter, poi in azzurro. Non è giusto, però, che in Nazionale tutti si sacrifichino per me. Tanto nell'Inter che nella rappresentativa italiana non ne esistono i presupposti tecnico-tattici. L'interno puro va scomparendo. Era di moda 15 anni fa. Di Stefano partiva dalle retrovie, c'era chi lo aspettava a centrocampo e chi lo appoggiava nella conclusione. Oggi non vale la pena di sacrificare nessuno. Mio padre, nel grande Torino, era un esempio, ma non condizionava il gioco come Di Stefano nel Real Madrid. « Se le affiancassero Rivera a Vienna contro l'Austria, sa-