Parlo con Solzhenieyn nel suo rifugio segreto di Paolo Garimberti

Parlo con Solzhenieyn nel suo rifugio segreto Il nostro corrispondente nella dacia dello scrittore russo , 1 • Parlo con Solzhenieyn nel suo rifugio segreto E' ospite del famoso violoncellistaRostropovic - E' stato molto prudente: «Non posso dirvi nulla, scusatemi» - Deciso a recarsi a Stoccolma, non vuole dare pretesti ai suoi oppositori dal corrispondente Mosca, lunedì mattina. Ieri, con altri tre colleghi (un italiano, un americano e uno svizzero), ho cercato di infrangere il « muro d'omertà » che protegge Aleksandr Solzhenieyn da quando l'Accademia reale svedese gli ha assegnato il Premio Nobel per la letteratura. Il tentativo è riuscito solo in parte essendo riusciti a parlare con lo scrittore, che è ospite della dépendance della dacia del musicista Mstislav Rostropovic, a Zhukovska, 27 chilometri dal centro di Mosca, solo per pochi minuti. Solzhenieyn è stato cortese, ma fermo: nessuna dichiarazione alla stampa, almeno per ora. « Qui sono ospite — ci ha detto — e non posso invitare altri ospiti ». La dacia di Rostropovic sorge vicino alla strada che porta ad Arkangelskoe, una delle mete preferite delle gite domenicali dei moscoviti. La nostra automobile ha percorso faticosamente — attirando sguardi curiosi a causa della targa straniera — la stretta e dissestata stradina che conduce alla villa, circondata da un folto bosco di altissime betulle dalle foglie d'un giallo vivissimo, che neppure il cupo grigiore del cielo riusciva a smorzare. La residenza di campagna del celebre violoncellista è una casa a due piani, grigia, con le finestre orlate d'un bordo verdino. Attaccata al corpo centrale sorge una piccola sala per concerti, in mattoni rossi, la cui costruzione non è ancora terminata. Quando abbiamo spinto il cancello di legno, che immette nel giardino antistante l'in- gresso principale della dacia, ci è venuto incontro, niansueto e quasi festoso, Kuzma, il grosso cane nero che Rostropovic portò con sé dagli Stati Uniti dopo una tournée. Una donna anziana, vestita dimessamente, si è affacciata sulla porta: « Il mio padrone non è in casa », ci ha detto. « Ma noi — abbiamo risposto — vorremmo vedere Aleksandr Solzhenieyn » (che, secondo le nostre informazioni doveva trovarsi là da alcuni giorni: e proprio dalla casa di Rostropovic avrebbe dettato al telefono l'unica dichiarazione rilasciata dopo il conferimento del « Nobel »). « Sì — ha detto la donna, senza mostrare stupore o imbarazzo — è lì, dietro l'angolo ». E ci ha indicato una casetta ad un piano in mattoni rossi. Vista dalla strada, quella casax ci era sembrata un garage, con una porta larga e bassa, chiusa con un catenaccio, davanti alla quale era ferma una Moskvic turchese targata « 9804 Rjaa », che forse appartiene a Solzhenieyn. Ma, sul lato posteriore, la casa ha un'altra porta, ricoperta di pelle imbottita, come si usa in molte abitazioni russe. Dietro le tende di una finestra si intravedevano una lampada accesa e i contorni di una figura d'uomo. La porta non ha campanello. Il collega americano ha bussato con forza e, poco dopo, una voce dall'interno ha chiesto: « Chi siete? ». « Aleksandr Isaevic. pozhalusta» (per'favore), abbiamo detto. La porta si è aperta ed è comparso Aleksandr Solzhenieyn. Abbastanza alto, la corporatura robusta, i capelli biondo-rossi scompigliati, una fitta barba ad incorniciargli il volto. Vestiva una camicia di flanella grigia con il collo aperto sul petto, pantaloni di tela dello stesso colore. Ho visto un uomo vigoroso e sereno: gli otto anni di campo di lavoro, sofferti sotto Stalin, non hanno segnato il fisico dello scrittore, che dimostra meno dei suoi 52 anni. Le emozioni di questi giorni non hanno turbato il suo spirito: la stesura del romanzo storico, che egli sta scrivendo da un anno, non ha subito interruzioni. «Siamo corrispondenti stranieri», abbiamo spiegato. « Non posso dire nulla —- ci na risposto Solzhenieyn, che dominava a stento il proprio nervosismo di fronte alla nostra inattesa apparizione — sono ospite qui e non posso invitare altri ospiti. Se fossi a casa mia, potrei farvi entrare ». « Tutto il mondo è interessato... », abbiamo tentato di replicare. Ma Solzhenieyn ci ha interrotti: « Lo capisco benissimo, ma non posso dirvi nulla. Scusatemi. Arrivederci ». Dopo aver fatto un leggero inchino, lo scrittore ha richiuso la porta. Solzhenieyn sa che qualsiasi dichiarazione potrebbe compromettere la sua delicatissima posizione. Egli ha già fat¬ to conoscere le sue intenzioni: andare a Stoccolma a ritirare il premio, se gli sarà concesso il « visto » senza il quale nessun cittadino sovietico può recarsi all'estero. Ma gli ambienti ufficiali hanno giudicato il conferimento del Premio Nobel a questo scrittore « al bando » (egli fu espulso l'anno scorso dall'Unione degli scrittori) una « speculazione d'ordine politico » e qualsiasi pretesto — appunto un'intervista a giornalisti stranieri — potrebbe alimentare tale tesi e fornire alle autorità il motivo per negare a Solzhenieyn il permesso di recarsi a Stoccolma. Paolo Garimberti

Persone citate: Aleksandr Solzhenieyn, Kuzma, Stalin

Luoghi citati: Arkangelskoe, Mosca, Stati Uniti, Stoccolma