La fuga degl'intellettuali di Vittorio Gorresio

La fuga degl'intellettuali I COMUNISTI TRA I "GAUCHISTES,, E IL GOLLISMO La fuga degl'intellettuali Il pcf attraeva poeti, pittori e filosofi carichi d'illusioni - Ora a militare nelle sue file è rimasto solo Aragon: il partito gli concede una moderata libertà d'eresia, che serve alla propaganda - Ne è uscito Sartre, "il cervello più deluso di tutta la Francia" - Voleva essere la "coscienza della rivoluzione"; ora i comunisti gli negano l'onore della polemica ed il governo quello del martirio, rifiutando di arrestarlo quando vende in piazza giornali proibiti (Dal nostro inviato speciale) Parigi, ottobre. In altri tempi il pcf attirava un buon numero d'intellettuali francesi. Non tutti si iscrìvevano al partito, ma lo consideravano un punto di incontro o di riferimento, un motore della nuova, cultura. Gravitavano nella sua orbita Éluard, Jean Paulhan, André Breton, Tristan Tzara, Jean-Paul Sartre, l'anziano pittore Léger, il giovane pittore Pignon, oltre a Pablo Picasso. Aragon, comunista da prima della guerra, asseriva per tutti l'umanesimo nuovo che faceva dei comunisti gli autentici rappresentanti della Francia: « L'uomo comunista è formato e prodotto da un contesto: fra lui e la nazione non c'è soluzione di continuità ». Solo professori Oggi, il partito non ha più presa" fra gli intellettuali. Pablo Picasso è ancora iscritto, ma politicamente non è attivo, e i grandi morti non hanno avuto successori che abbiano la loro medesima statura: « Contiamo però, fra i nostri, molti eminenti professori, anche se non di fama internazionale » mi informa René Andrieu, redattore capo deH'Humanité. Quanto al filosofo Garaudy, il rammarico di averlo perduto è ufficialmente attenuato dal fatto che in realtà egli era un vero staliniano; « Seminarista in gioventù, irrimediabilmente segnato dalle sue prime esperienze, è uno stalinista dell'antistalinismo ». L'imputazione è pretestuosa poiché lo stesso Aragon, l'ultimo nome di prestigio che vanti il pcf, ha precedenti staliniani di peso anche più grave, culturalmente squalificanti. Su La Commune, nell'agosto' del 1936, égli scriveva che la costituzione sovietica aveva il primo posto « nell'immenso tesoro della cultura umana, al di sopra delle opere magne dell'immaginazione, al di sopra di Shakespeare, di Rimbaud, di Goethe, di Puskin ». Sempre su La Commune, marzo del 1937, si entusiasmava per le trentatré condanne a morte pronunciate fino a quel giorno nei processi di Mosca: « Tacciano dunque gli scandalosi avvocati di Trockij e dei suoi complici. Ecco le conseguenze delle passioni antistaliniane di questi signori: di fatto, sono gli avvocati di Hitler e della Gestapo. E dico questo soprattutto per Jean Guéhenno, che ha pubblicato su Vendredi un articolo di cui voglio ben credere che un giorno si vergognerà ». Invece venne il giorno, quando Aragon era già direttore di Lettres Francaises, dopo la guerra, che André Breton rifiutò di collaborare a quel settimanale: « Dite al vostro padrone —-, rispose al segretàrio "di redazione che gli aveva telefonato per' chiedergli'un articolo — che ci sono troppi cadaveri fra lui e me ». Era il tempo dell'Ungheria, quando Aragon si era guardato dal protestare contro la violenza sovietica. Ha protestato,- invece, per l'invasione della Cecoslovacchia; ha fatto elogiare da Lettres Francaises l'assegnazione del Premio Nobel a Solzenicyn; e quando si è trovato, al comitato centrale del partito, in dovere di pronunciarsi sul caso Garaudy, ha avuto il coraggio di astenersi dicendo che. avrebbe avuto bisogno d'informazioni più ampie. Gli è piaciuto L'Aveu, tanto il libro di Artur London lISlllISSllISlllllllSIlSIlStSIISIIlSIlSIlllSIISllStSlllll quanto il film che ne ha tratto, Costa Gavras. E' andato in Ungheria con Roland Leroy, responsabile del pcf per il lavoro tra gl'intellettuali, ed al ritorno si è diffuso ad esaltare « la liberalizzazione silenziosa » alla quale sarebbe giunto-il regime di Radar dopo le tragiche vicende del 1956. Il fiancheggiatore Gli ammiratori — o i difensori — di Aragon inneggiano alle sue contraddizioni. Vedono in esse la condizione stessa della libertà e ne fanno derivare il sillogismo che, essendosi Aragon molto contraddetto, è per ciò stesso il prototipo dell'uomo libero. Nel medesimo senso, estendendo il concetto, attestano la liberalizzazione silenziosa cui sarebbe arrivato il pcf -che affida all'uomo libero Aragon la direzione di Lettres Francaises. « In verità non è un settimanale del partito, ma fian- cheggiatore del partito », mi dice il redattore capo Pierre Doti, autore di un buon articolo su Solzenicyn Premio Nobel, autore di un'eccellente prefazione all'edizione francese di Una giornata di Ivan Denissovic. Si è potuto- permettere ftasi ■come queste: « Diciamo, tutto, e subito: la scelta di Solzenicyn è di quelle che giustificano resistenza del Premio Nobel di letteratura ». Le persecuzioni cui Solzenicyn è soggetto destano l'indignazione di Daix, anche se lo lasciano relativamente sereno e fiducioso, nel senso che egli le 'considera « sopravvivenze » dittatoriali e poliziesche destinate a dileguarsi dal mondo socialista: « E se la scelta della giuria di Stoccolma illumina crudamente il problema della polizia letteraria, tanto peggio per i censori. Non è l'Accademia svedese o Solzenicyn a fare scandalo, sono i persecutori di Solzenicyn ». Per un comunista francese questo è un dire moltissimo, e d'altra parte l'abbastanza larga misura di libertà che viene concessa dal partito a Lettres Francaises è spiegata dal fatto che il settimanale è destinato ad un pubblico vario che il pcf intende accattivarsi, presentandosi all'opinione con un volto umano e liberale. La sua tiratura, tuttavia, non è alta, limitata probabilmente ad un quindicimila copie, essendosi notevolmente ridotta dopo che l'Unione Sovietica ha disdetto molti abbonamenti che usava sottoscrivere ogni anno: fino al 1968, quando Aragon protestò contro l'invasione della Cecoslovacchia. Buon staliniano Non è da credere, comunque, che la politica culturale permessa a Lettres Francaises, per motivi di propaganda fra gl'intellettuali, sia la stessa seguita dalla Humanité. Sul quotidiano del partito, l'addetto agli argomenti letterari, André Wurmser, un mediocre scrittore di corsivi, di novelline e di feuilletons popolareschi, riconosce bensì il valore artistico di Solzenicyn, ma evita di condannare — come invece fa Daix — i suoi censori e persecutori. Wurmser non parla di polizia letteraria, ma dice solo di passaggio che « l'Unione degli scrittori sovietici ha ritenuto di dover regolare con un provvedimento amministrativo i dissensi che esistevano fra i suoi dirigenti ed uno dei più notevoli romanzieri del nostro tempo ». Come Aragon, anche Wurmser proviene dallo stalinismo e dall'esaltazione dei processi politici. E' questo, certo, l'unico parallelismo che si possa stabilire fra i due uomini, con l'avverten¬ za che Wurmser si è comunque avanzato di meno sulla via della resipiscenza da quando nel 1949-, a. commento del processo di Budapest contro Laszlo Rajk, pubblicava swH'Humanité del 12 gennaio una dilemmatica sentenza: «Se questi .-imputati che sono. stati costretti ■alla confessione dei lord'er-' rori fossero innocenti, sarebbero degli abominevoli vigliacchi ». E' triste, per dir 'oco, che la politica culturale di un grosso partito sia ancora per gran parte in tali mani, triste perché mortifica una larga massa. Ma d'altro canto questo appunto spiega la diffidenza della maggioranzadegl'inteilettuali francesi verso il pcf. Sorrisi cattivi Sartre, 1 per esempio. E' l'intellettuale più, deluso di tutta la Francia, che tuttavia rispetta ancora il comunismo nel quale vede il rappresentante, di quasi un quarto del paese e della quasi totalità della classe lavoratrice. E' per rispetto, per dignità, che Sartre non pensa a rinnegare il comunismo, né spara a zero contro i suoi dirigenti. Per una tacita consegna, anche i comunisti da parte loro risparmiano Sartre, ufficialmente almeno. « Povero Sartre — mi dice René Andrieu — lo abbiamo tanto attaccato nel 1949 per Les mains sales; adesso non lo attacchiamo più». Se non lo attaccano, ormai, non è per un'riguardo o per compassióne, piuttosto perché crédono di farlo maggiormente soffrire, ignorandolo, esattamente come fa il-governo che ordina alla polizia di non arrestarlo quand'è colto in flagrante reato di strillonaggio dei « giornali proibiti». Vengono arrestati gli strilloni suoi compagni, non Sartre che oggi suo malgrado è diventato una vacca sacra per la Francia, intoccabile da poliziotti e da comunisti. Governo, polizia, magistratura hanno sempre taciuto, continuano-a tacere sul suo conto. Francois Mauriac. che sul finire della vita fu una specie di grande confessore del regime, scherniva Sartre: « Gioca per farsi arrestare, ma sa benissimo gliene dispiace molto, che non lo arresteranno mai » I comunisti ne ridono, anche più crudelmente. « Sartre è un fenomeno che va riferito alla psicanalisi più che alla politica. E' un grand bourgeois che ha avuto la disgrazia di non voler vivere da grand bourgeois e che non è riuscito ad essere quello che voleva: la CO' scienza del partito comuni sta », mi dice René Andrieu. Sostanzialmente, i bomu nisti accusano Sartre d'infantilismo politico. Egli continua a rimproverarli di non aver preso il potere nel 1945 lui che non partecipò- alla Resistenza quand'essa era un dovere nazionale; l'avrebbe voluta quando sarebbe stata un'avventura. E ancora: si è sempre entusiasmato per il pei, vivendo in Francia; se fosse stato in Italia, avrebbe xesaìtatodl-pcf 'zontestando il pei: «E' sincero, però — am¬ mette Andrieu —. Sincero alla sua maniera nell'affliggersi d'essere praticamente distaccato dalle masse. Per questo, davanti ai fatti del maggio '68, ha tentato un rilancio di se stesso, strofinandosi ai giovani nella ricerca di una nuova giovinezza ». Mi conferma Pierre Daix: « Sartre ha sempre sofferto della sua condizione d'isolamento dalle masse popolari. Dio buono, dovrebbe cominciare a ricordarsi che durante l'occupazione nazista lasciava che si rappresentassero in teatro suoi lavori. Poi, al momento dell'Algeria, è arrivato a dire che era disposto a trasportare le valigie di plastico per conto del Fin. Ed era sempre per uscire dall'isolamento: ma cosi non ne usciva, non sapendo capire la mentalità delle masse di fronte a quella guerra. In fondo, vedeva solo gli studenti, e non i giovani operai che a quella guerra erano molto meno contrari che gli studenti perché ne soffrivano meno. Aragon se n'è accorto, e ha registrato con pena che il gran divorzio giovanile tra studenti e operai è cominciato proprio allora. Da allora, invece, Sartre continua ad illudersi sul contributo decisivo che gli intellettuali dovrebbero -fornire in politica». 1 comunisti, anche se intellettuali, lo ritengono scarso, ed hanno probabilmente ragione sotto il loro punto di vista degli interessi immediati: questa è farse la conclusione più plausibile sul tema dei rapporti fra comunismo e cultura nell'attuale momento francese. Quanto a Sartre, la sua storia attualmente riguarda i suoi rapporti non tanto col partito comunista, ma coi gauchistes dei diversi gruppuscoli, un altro grande tema da studiare nel momento francese. Vittorio Gorresio Roma. }eah-Paùl Sartre e Simone de Beauvoir durante l'ultimo viaggio in Italia (Foto Grazia Neri)