Meno parole e qualche gol di Giovanni Arpino

Meno parole e qualche gol Il momento della verità Meno parole e qualche gol Alle 14,30 di oggi tante chiacchiere diventeranno fumo. La verità sarà dettata dai terreni di gioco, dai duelli personali, dalla capacità delle massime squadre a esprimersi secondo quanto comandano le regole del football e il pubblico degli stadi. Si è parlato molto, dopo Berna, si riparlerà altrettanto prima di Vienna e all'indomani del grande incontro del Prater. Ormai sono gli stessi protagonisti a dare il via a fiumi di chiacchiere, non sempre utili. C'è il diplomatico e il candido, c'è l'astuto e l'anima ingenua, ma tutti sono assolutamente convinti d'essere indispensabili alla Nazionale, semidei del calcio, manovratori egregi. Non manca mai (anzi non mancano: sono almeno due) quelli che si paragonano, e neppure larvatamente, a Pelé. Quasi mettendo da parte che Pelé ha segnato non solo oltre mille gol, ma ha partecipato a quattro campionati mondiali, vincendone tre. La prosopopea di molti giocatori nostrani è d'altra parte legittima: l'ambiente, l'attesa, le polemiche gli concedono un largo margine per usare dialettica e far valere le proprie ragioni. Ma poi, ringraziando il cielo, viene l'ora del campo, e tutte le parole devono ritrovare conferma nei fatti. Sull'erba degli stadi le migliori frasi a difesa e a offesa non contano più. Il pubblico di questa domenica spera di vedere un grande football. Paga caro lo spettacolo, lo circonda di un affetto smodato, perciò « tiene diritto ». Le gare di Milano, Torino e Firenze costituiscono il primo rendiconto del campionato e una passerella rovente per chi vuol guadagnarsi il posto sull'aereo che porterà al Prater. Molti azzurri parlano credendosi eterni. Non sanno che, al massimo, potranno difendere il titolo negli incontri per il campionato d'Europa, non pensano che tra quattro anni, al torneo mondiale, la nostra Nazionale sarà quasi completamente cambiata. Varie maglie azzurre stanno stingendosi nella cattiva forma fisica dei singoli e nella mediocrità del loro gioco. Altri giocatori spuntano a insidiare posti di prestigio, e si chiamano Bettega e Liguori, Biasiolo e Bet, Chinaglia e Capello, insomma un « gruppo » che deve soltanto scavalcare gli ultimi gradini per installarsi nel clan, dove oggi vari personaggi chiacchierano di se stessi senza "minimamente riferirsi al futuro. Il presente scotta, avvince, ma neppure il più acceso dei tifosi di calcio può non guardare in avanti, oltre questa domenica e oltre,Vienna: dove, è chiaro, giocheranno (e speriamo bene) i resti della squadra che maturò fino al Messico e che ora va disintegrandosi per vuoti di potere dirigenziale e per intrinseche contraddizioni. Ma quando una domenica come questa preme, bisogna pur cederle un momento di attenzione: il Cagliari di Riva (l'unico che ha già dimostrato sul campo come deve reagire un uomo e un campione) e l'Inter di Mazzola, la nuova Juventus e il Milan, meno giovane e tuttavia solido più di ieri, daranno vita a scontri che ci auguriamo leali e memorabili. Nessun risultato, in sé, può compromettere le squadre in gara, il campionato è junghissimo e tutte le carte sono ancora in gioco. L'orgoglio di vari giocatori e le esigenze di ogni club rendono piccante questo cibo domenicale, ma siamo appena agli assaggi del torneo, e solo la trasferta di Vienna aumenta la carica, i dubbi, gli interrogativi sulla condizione e la tenuta dei vari Rivera, Domenghini, Bertini, De Sisti. E vorremmo mettere sul¬ la bilancia anche questo argomento, di primaria importanza: alle necessità — imminenti ma anche programmabili nel futuro — di una nuova Nazionale deve corrispondere una nuova forma di critica calcistica, basata su concetti meno avventurosi, meno parziali e pettegoli, linguisticamente più chiari. Una critica utile, non solo avventatamente assetata di coltivare la passionalità del suo pubblico, ma in grado di parlare al tifoso educato e soprattutto a quello educabile. Il football vive per i risvolti dialettici che lo prolungano e lo mantengono presente anche fuori degli stadi. La dialettica intorno al calcio professionistico, intorno ai fatti dei club e ai problemi della Nazionale, deve essere meno torbida, meno feroce. Si dice: il mondo del calcio è una giungla. Benissimo. Ma in questa giungla non è necessario che abitino solo le jene, possono aggirarsi e operare anche animali più nobili. Il miglior contributo che il «calcio parlato » può dare al « calcio giocato » è una critica inflessibile ma anche realista e pulita. O sarà il caos, e fanta^calcio, per tutti. Giovanni Arpino

Luoghi citati: Europa, Firenze, Messico, Milano, Torino, Vienna