Contrasti all'Assemblea siciliana sul modo di "farsi sentire" a Roma

Contrasti all'Assemblea siciliana sul modo di "farsi sentire" a Roma L'assegnazione alla Calabria del Centro siderurgico Contrasti all'Assemblea siciliana sul modo di "farsi sentire" a Roma La Giunta regionale di Centro Sinistra si è presentata dimissionaria - Il presidente Fasino (de) ha sollecitato un'azione interpartitica per interventi economici nell'isola - Contrario il segretario della de D'Angelo (Dal nostro corrispondente) Palermo, 20 ottobre. Non è ancora prevedibile quale sbocco avrà la crisi del governo siciliano, dimessosi, come è noto, per protesta contro l'insediamento del Centro siderurgico in Calabria, anziché in Sicilia. La presa di posizio| ne della Giunta di Centro Sinistra è stata definita necessaria dai dimissionari per ottenere « un'inversione di tendenza dello Stato verso la Sicilia». Nel pomeriggio è tornata a riunirsi l'Assemblea regionale, che ha cominciato il dibattito sulle dichiarazioni rese ieri dal presidente della Regione, Mario Fasino, della de. Fasino ha sollecitato all'Assemblea una « azione interpartitica », come quella che fu condotta, lo scorso anno nei colloqui con il governo Rumor. Ha anche prospettato l'esigenza che una delegazione si rechi a Roma per esporre te ragioni del dissenso siciliano al Consiglio dei ministri. Ma vi sono diversità di vedute: l'ipotesi di una delegazione interpartitica non viene, per esempio, condivisa dal segretario regionale democristiano on. Giuseppe D'Angelo: « Il fallimento di una missione dei partiti significherebbe il fallimento I generale della nostra azione I di protesta », ha detto. Egli | ha proposto che il presidente della Regione si presenti al Consiglio dei ministri forte dell'appoggio dell'intera Assemblea siciliana. Altri ri- battono: « Si vada assieme a Roma e si urli tutti insieme». Questa tesi autorizza a supporre che alcuni membri del governo temono di poter essere « scavalcati » da un accordo romano tra i partiti, che getti acqua sul fuoco della vicenda siciliana. Non bisogna dimenticare che le elezioni regionali si svolgeranno la prossima primavera e cioè tra pochi mesi. Il governo, del resto, ha rassegnato le dimissioni annunciando tuttavia che potrebbe ritirarle su mandato dell'Assemblea e in vista di una seria prospettiva circa i rapporti con Roma, cioè con lo Stato. « Non ci sentiamo in questo momento né eroi né attori », ha detto il Presidente delia Regione, « ma cittadini democratici che intendono svolgere con coerenza e fermezza il mandato ricevuto dall'Assemblea regionale nella trattativa con lo Stato ». A 46 anni, nato in Puglia, ma cresciuto in Sicilia, Mario Fasino non ha mai avuto fama di « testa calda ». Riflessivo e cauto, nella de è schieralo con la corrente Rumor-Piccoli. Ha ricoperto incarichi di primo piano nei governi regionali e non può essere accusato di essere un ambizioso scontento poiché con la presidenza della Regione egli ha raggiunto il massimo della carriera, se così può dirsi, d'un politico regionale. Una posizione di « vertice » che Fasino non ha esitato a mettere in gioco: come il segretario siciliano del suo partito, Giuseppe D'Angelo, ha posto in forse la sua permanenza alla guida della de isolana. Il discorso che i due leaders della de siciliana fanno ai loro colleghi nazionali, rispettivamente Colombo e Forlanì, non è comunque dì contestazione politica; esso riguarda il « metodo » seguito dal governo centrale nelle trattative con quello regionale per l'assegnazione alla Sicilia dì nuovi investimenti statali, para-statali ed anche privati. Fasino lui illustrato ieri sera, nel suo discorso all'Assemblea, gli ostacoli che tuttora esistono tra Stato e Regione. « Ciò è inammissibile, ha detto, anche in rapporto alla recente istituzione delle Regioni, seppur non a statuto speciale come la nostra ». La mancanza di numerose norme di attuazione circa lo statuto siciliano, secondo quanto si sostiene a Palermo, impedisce alla Regione di operare a fondo, lega le mani agli amministratori, già appesantite dalla lentezza burocratica. Inoltre: vi sono imposte e tangenti pagate dai cittadini allo Stato che la Regione rivendica. Ed ancora: è il tempo di stabilire quali interventi, ed in che misura, debbano essere attuati nell'isola. E' sulla base di queste considerazioni e circostanze che la Giunta dimissionaria si è presentata ieri all'Assemblea, dove oggi i deputati regionali stanno discutendo sul da farsi per il « caso » del Centro siderurgico e per i rapporti tra Stato e Regione. Ma è un discorso che viene condotto faticosamente, con nervosismo. Riaffiorano, tra l'altro, « rivendicazionismi » antichi, rivalità tra gli uomini, giochi di correnti politiche, in poche parole le contraddizioni e le storture di una Regione, come questa, per molto tempo avvezza al malcostume e al carrierismo. E', d'altronde, riconosciuto il fatto che si è tornati indietro con il riaprirsi di un dialogo che l'altr'anno, precisamenta il 26 settembre, il governo centrale e la delegazione unitaria dell'Assemblea siciliana, che trattò con Rumor, pensarono di aver avviato verso la conclusione. Ora il « caso Calabria » ha rimesso tutto in discussionee l'annuncio di Colombo alla Camera che il Centro siderurgico sorgerà appunto nella regione della rivolta, ha acceso le polemiche. Rumor aveva sottoscritto il documento che la delegazione siciliana gli aveva sottoposto. Esso prevedeva quattro punti: 1) il rapido avvio della spesa dei circa mille miliardi sul piano Cipe per - i terremotati della Sicilia occidentale; 2) il rispetto dell'ordine del giorno della Camera che s'impegnava a localizzare il Centro siderurgico in Sicilia; 3) una maggior presenza degli enti economici dello Stato nell'Isola; 41 la salvaguardia dell'agrumiculiura e della viticultura siciliane in ordine alle norme del Mercato Comune. Antonio Ravidà

Persone citate: Antonio Ravidà, D'angelo, Giuseppe D'angelo, Isola, Mario Fasino, Rumor